Milano, 16 giugno 2015 – Uno studio dell’Istituto Europeo di Oncologia appena pubblicato su Circulation, la più prestigiosa rivista scientifica in campo cardiovascolare, conferma il ruolo fondamentale della cardiologia per migliorare ed estendere l’efficacia delle cure anticancro. Un gruppo di medici dello IEO e del Centro Cardiologico Monzino ha scoperto che la cardiotossicità da antracicline – farmaci chemioterapici utilizzabili contro molti tumori pediatrici e dell’adulto, in particolare i tumori del seno e i linfomi – non è irreversibile.
Viene messa quindi in discussione l’arcaica convinzione che questa forma di cardiopatia non sia curabile, dimostrando che, se la diagnosi è precoce e il trattamento cardiologico è tempestivo, è possibile ottenere un completo recupero della funzione cardiaca.
“La cardiotossicità da antracicline – spiega Daniela Cardinale, direttore dell’Unità di Cardioncologia IEO e primo autore del lavoro – è una temibile complicanza dei trattamenti antitumorali che può pesare negativamente sulla prognosi del paziente oncologico indipendentemente dal problema tumorale di base. Ancora oggi è considerata irreversibile perché ritenuta poco responsiva ai farmaci cardiologici”.
Lo studio prospettico, condotto allo IEO è durato 19 anni e ha coinvolto 2.625 pazienti trattati con antracicline. L’incidenza della cardiotossicità è stata del 9% e si è evidenziata nella quasi totalità dei casi (98%) durante i primi 12 mesi dalla fine del trattamento antitumorale. Un attento monitoraggio della funzione cardiaca durante questo periodo ha consentito la diagnosi e il trattamento precoce di questa forma di cardiopatia, permettendo di ottenere la normalizzazione della funzione cardiaca nella maggioranza dei casi (82%).
“Questi risultati – continua la Cardinale – scardinano l’antica convinzione che la cardiotossicità da antracicline sia una patologia irreversibile e mettono in discussione l’attuale classificazione che distingue la cardiotossicità in due diverse entità, precoce e tardiva, a seconda del tempo di insorgenza dei sintomi dello scompenso cardiaco (rispettivamente entro un anno e dopo un anno dalla fine della chemioterapia). Al contrario, la cardiotossicità sembra invece essere un fenomeno unico e continuo, che inizia con una disfunzione cardiaca asintomatica che se non diagnosticata e non trattata, può evolvere verso allo scompenso cardiaco conclamato. Quindi un monitoraggio cardiologico esclusivamente basato sui sintomi può far perdere l’opportunità di una diagnosi e un trattamento in una fase in cui la cardiotossicità è ancora reversibile”.
“Non esistono linee guida sul monitoraggio cardiologico dei pazienti oncologici basate su reali evidenze scientifiche – commenta Carlo Cipolla, Direttore della Divisione di Cardiologia dello IEO, fondatore e primo Presidente dell’International Cardioncology Society, oltre che coautore della pubblicazione – Questo studio prospettico fornisce per la prima volta dati oggettivi utili a delineare indicazioni più precise, dirette sia ai cardiologi che agli oncologi, per la sorveglianza cardiologica del paziente sottoposto a trattamento antitumorale”.
Come sottolineano John D. Goarke e Anju Nohria del Dana Farber Institute di Boston nel loro editoriale su Circulation, che elogia il lavoro italiano: “La speranza è che questo studio possa ispirare altri alla valutazione sistematica della funzione cardiaca nei pazienti oncologici asintomatici. I cardioncologi hanno la responsabilità di spingere la ricerca clinica in questa direzione, di fronte ad una popolazione crescente di persone che hanno, o hanno avuto, una forma di tumore e presentano un maggior rischio, a causa delle terapie anticancro, di sviluppare malattie cardiovascolari”.
fonte: ufficio stampa