Master universitari, corsi di alta formazione e dottorati di ricerca in nutrizione non abilitano all’esercizio di una professione sanitaria e men che meno alla professione medica
Roma, 8 settembre 2019 – “Soluzioni veloci per guarire dalle malattie autoimmuni senza farmaci” prometteva la biologa nutrizionista sospesa (per due mesi) dall’Ordine dei Biologi che di recente ha avuto il suo bel da fare: sanzioni per un biologo sostenitore della paleo-dieta e per una che prescriveva piani alimentari online, senza mai incontrare i pazienti.
I vertici della SINuC plaudono all’operato dell’Ordine dei Biologi che ha preso provvedimenti: “È stato un atto di grande responsabilità del quale ci complimentiamo e che ci fa capire come serva una maggiore collaborazione tra i diversi Ordini per la tutela dei cittadini” così prof. Maurizio Muscaritoli, Presidente della Società Italiana di Nutrizione Clinica (SINuC).
“Esistono diversi ordini di problemi: ad iniziare dal termine ‘nutrizionista’ che accomuna diverse professionalità, la cui azione può facilmente sfociare nell’esercizio abusivo della professione medica che è un vero e proprio reato – spiega Muscaritoli – Nel nostro ordinamento infatti solo un laureato in medicina e chirurgia può fare diagnosi e prescrivere terapie. Al momento master universitari, corsi di alta formazione e dottorati di ricerca in nutrizione non abilitano all’esercizio di una professione sanitaria e men che meno alla professione medica”.
Il fatto che il ‘nutrizionista’ non abbia una sua definizione precisa è fonte di confusione e di rischio per i cittadini, sia sani, che malati. Per questi ultimi i pericoli sono elevati: la cronaca ci consegna, ad esempio casi di malati oncologici curati con diete ‘miracolose’ con esiti talora fatali o il boom di diagnosi di intolleranze e allergie per motivi di business supportate da test spesso senza alcuna base scientifica che prevedono diete di esclusione che possono portare a quadri di squilibrio nutrizionale, carenze o vere e proprie forme di malnutrizione.
O, peggio, interpretazioni creative di disturbi, che sono vere e proprie patologie, e che, affrontate unicamente con diete sconclusionate, non vengono trattate adeguatamente generando rischi importanti per il paziente. Tanto per fare l’esempio delle malattie autoimmuni, si tratta di patologie serie che, se non trattate, possono evolvere in forme gravi, irreversibili e che portano a disabilità. Se una corretta alimentazione può di certo giovare, questa deve essere considerata come un’integrazione a terapie farmacologiche concordate con uno specialista.
Le persone che si rivolgono ad un nutrizionista hanno bisogno che sia formulata una diagnosi clinica che identifichi e caratterizzi il motivo per cui cercano un aiuto. Anche forme apparentemente ‘innocue’ di sovrappeso spesso sono caratterizzate da concomitanti problemi metabolici per non parlare dell’obesità franca per la quale non basta ridurre le calorie, proporre diete fantasiose o consigliare un po’ di movimento.
“All’esatto opposto il rischio di medicalizzare soggetti sani che potrebbero beneficiare di indicazioni sullo stile di vita e che, se caratterizzati da quadri psicologici di fragilità possono sviluppare un’attenzione eccessiva nei riguardi dell’alimentazione sino a sfociare nell’ortoressia, una vera e propria ossessione e dipendenza da uno stile alimentare sano e restrittivo” aggiunge il prof. Lorenzo Maria Donini, past president SIDSCA.
La diagnosi quindi non può basarsi sulla valutazione del peso o della ‘semplice’ composizione corporea, ma affrontare le problematiche cliniche, psicologiche e funzionali che caratterizzano la malattia. Anche la prescrizione terapeutica (counseling o trattamento dietetico, ricorso a supplementi nutrizionali, nutrizione artificiale) e la valutazione del risultato devono essere fatte tenendo conto della complessità del quadro clinico.
La stessa elaborazione e indicazione del piano nutrizionale dove si affollano diverse figure professionali, non può avvenire in maniera decontestualizzata rispetto a quello che deve essere un percorso diagnostico di presa in carico globale.
Un percorso quindi di competenza della Nutrizione Clinica che non deve limitarsi a curare la malnutrizione (sia essa per eccesso, per difetto e/o selettiva) ma farsi carico del paziente con tutte le sue problematiche cliniche.