Roma, 12 febbraio 2018 – Sono passati 14 mesi dall’approvazione della legge di bilancio per il 2017 che ha introdotto importanti novità previdenziali, quali il cumulo gratuito, esteso anche alle casse professionali, e l’anticipo pensionistico APE volontaria.
Questi diritti sanciti dalla Legge non trovano ancora piena applicazione, lasciando centinaia di migliaia di lavoratori nell’impossibilità di esigerli, tanto che avanza il malcontento e la protesta e, di pari passo, retrocede la credibilità delle Istituzioni.
Mentre in campagna elettorale si favoleggia su improbabili e insostenibili riforme, rallenta l’ordinaria amministrazione e l’applicazione delle norme creando un clima di incertezza su una questione fondamentale, che mette a nudo tutta la fragilità e la lentezza dell’intero sistema.
Il cumulo previdenziale è un diritto, una questione di civiltà giuridica attesa da decenni, il riconoscimento della pari dignità del lavoro, almeno ai fini dell’anzianità. Una norma di per sé sufficiente e autosufficiente, tanto da non richiedere nemmeno decreti attuativi.
La sua mancanza non solo posticipa il già pesante scadenziario dell’età pensionabile, aggravato dall’incremento collegato all’aspettativa di vita, ma aggrava la situazione dei molti esodati di fatto, soggetti senza stipendio e pensione, che hanno lasciato il lavoro non immaginando certamente tempi così lunghi ingiustificati e inaccettabili.
L’ultima tappa riguarda la stipula di una convenzione tra Casse previdenziali autonome e INPS, che risulta in dirittura di arrivo rendendo nel giro di qualche mese l’intera procedura operativa. Ma occorre fare presto senza dilatare ulteriormente i tempi. Sull’APE volontaria manca, invece, la circolare applicativa Inps.
La complessità delle questioni sollevate, e i molteplici interessi ed attori coinvolti, non giustifica l’abbandono di milioni di lavoratori, che hanno il diritto di programmare il proprio futuro pensionistico secondo quanto stabiliscono le leggi di questo Paese, in una incertezza delle procedure che produce danni a quanti devono scegliere lo strumento migliore per la propria posizione pensionistica tra riscatti e ricongiunzioni, spesso alternativi al cumulo e all’APE.
Su tutto incombe la pesante burocrazia e il fardello normativo che fa coincidere la domanda di pensione con la richiesta di licenziamento non revocabile di diritto dall’interessato, con le incompatibilità tra vari Istituti (se prendi una pensione anche minima da una cassa non puoi accedere all’APE e al cumulo, se lasci decadere un decreto di ricongiunzione non puoi più richiederlo per un certo numero di anni con costi variati e tempi a volte non più praticabili).
Le nuove norme devono fare i conti con le previgenti, e questo richiede adeguata consulenza agli utenti ed attenuazione delle rigidità burocratiche, visto che il tempo rischia di spalancare le porte ad un contenzioso gigantesco e ingravescente moltiplicando la confusione.
Le pensioni stanno diventando un oggetto misterioso per la maggioranza dei cittadini che versano, puntualmente e ogni mese, più di un terzo delle loro risorse contrattuali (nel caso dei dipendenti), senza ricevere nemmeno un estratto conto e una minima assistenza. Mancano perfino comunicati stampa da parte di molte delle Istituzioni preposte con impegni precisi e calendari certi. Vengono, così, al pettine le politiche di taglio dei servizi pubblici fondamentali.