Roma, 1 febbraio 2022 – “Il rischio paventato di contagi provenienti dal Sud del mondo è uno degli strumenti di certa propaganda politica”. Così Fabrizio Pulvirenti, medico infettivologo, nel corso di un’intervista video rilasciata alla Dire.
Pulvirenti, che nel 2014 venne contagiato in Sierra Leone dal virus Ebola, ha ricordato che anche in quel periodo, durante l’epidemia in West Africa, “si temeva che Ebola potesse arrivare in Occidente. In realtà poi abbiamo visto che il virus è arrivato in Occidente con le modalità previste dall’OMS, cioè con operatori sanitari che erano andati lì a prestare la propria opera e che accidentalmente si erano contagiati”.
Secondo Pulvirenti, ora, il rischio di contagio da SARS-CoV-2 “chiaramente è molto più alto rispetto a quello di Ebola: il Covid è un virus che si trasmette per via aerea, mentre Ebola si trasmette per contatto diretto. Ed è evidente che un virus che si trasmette per via aerea ha autostrade aperte per potersi diffondere. Alcune condizioni ambientali, però, potrebbero giocare a nostro favore nel senso che potrebbero limitare la diffusione del virus”.
“La comunicazione scientifica dovrebbe essere affidata a chi ha fatto della scienza il proprio mestiere e la propria vocazione di vita – ha proseguito Pulvirenti – Affidare alcuni tipi di comunicazione, soprattutto in campi così delicati come le epidemie, a soubrette, attori, filosofi o anche politici non specificatamente orientati alla gestione di questo genere di emergenza può generare tanta confusione nei cittadini”.
La comunicazione durante la pandemia, secondo Pulvirenti, è stata dunque “a volte compulsiva, a volte inesatta, a volte contraddittoria” e ha generato “tantissima confusione nei cittadini che, per qualche causa, sono stati un po’ disorientati dalle comunicazioni istituzionali che avvenivano”.
Ma la colpa, quindi, è stata dei media? “Direi soprattutto dei media – ha risposto l’infettivologo – perché la comunicazione scientifica dovrebbe essere affidata a chi ha fatto della scienza il proprio mestiere e la propria vocazione di vita”.
Quanto alla gestione dell’emergenza, è stato fatto tutto il possibile o è mancato qualcosa nella gestione di questa emergenza? “Credo che gran parte di quello che è stato fatto è stato fatto bene, tolta qualche sbavatura istituzionale che è inevitabile ed è motivata soprattutto dall’emergenza e dall’urgenza di emanare i vari decreti. Però nel complesso – ha risposto ancora Pulvirenti – le istituzioni hanno svolto egregiamente il proprio ruolo. Grazie al governo Conte e soprattutto al generale Figliuolo alla guida della task force che gestisce la pandemia, sicuramente le cose in Italia sono migliorate notevolmente”.
“La cautela è d’obbligo. Le attuali misure non sono troppo severe e non vanno modificate. Bisogna raggiungere una vera immunità di gregge nei confronti di questa malattia – ha proseguito – che possa evitare anche l’insorgenza di nuove varianti. Per il momento ci è andata bene, perché la Omicron, e lo abbiamo toccato con mano, è molto meno aggressiva delle precedenti varianti ed è predominante in questo momento, ma domani potrebbe esplodere una nuova variante in grado di mettere a repentaglio tutto il ben fatto che è stato costruito in questi mesi”.
Non si può escludere, quindi, che il peggio sia ormai passato? “Almeno in Italia, Paese in cui abbiamo circa 58 milioni di soggetti vaccinati con una dose – ha risposto ancora Pulvirenti – credo che questo pericolo di gravità della malattia sia quantomeno sotto controllo. Per il resto non posso prevedere, come nessuno, l’insorgenza di nuove varianti più aggressive di quelle attuali”.
“La vaccinazione è l’unico strumento reale e concreto che abbiamo per combattere l’epidemia – ha continuato Pulvirenti – Noi occidentali, tutto sommato, siamo fortunati perché la vaccinazione ci viene offerta gratuitamente, mentre ci sono popoli di Paesi meno fortunati che invece i vaccini non ce li hanno e quelli che riescono a procurarselo lo devono anche pagare”.
“È vero, adesso abbiamo i farmaci antivirali che possono essere assunti anche per via orale, prima avevamo il Remdesivir che poteva essere somministrato soltanto in ospedale, ma il vero strumento per poter battere questa epidemia è la vaccinazione di massa: più persone immunizzate abbiamo, meno il virus circola e meno si diffonde”, ha concluso Pulvirenti.
(fonte: Agenzia Dire)