Verona, 11 marzo 2021 – “Enact – Conoscerlo per sconfiggerlo, alleanza contro Covid-19” è il titolo del progetto scientifico partito nel marzo 2020 e che ha coinvolto ricercatrici e ricercatori dell’ateneo in mesi di lavoro per comprendere e combattere il virus. A un anno dal suo avvio ne hanno fatto un bilancio in conferenza stampa il magnifico rettore Pier Francesco Nocini, il presidente della Fondazione Cariverona Alessandro Mazzucco, il direttore della Sezione di Immunologia Vincenzo Bronte e il coordinatore del progetto Giovanni Pizzolo.
Enact rappresenta un modello innovativo di collaborazione tra ricerca scientifica accademica e finanziatori privati. Finanziato da Fondazione Cariverona per 2 milioni di euro e co-finanziato da Fondazione Tim per 250 mila euro il progetto coinvolge vari gruppi dell’università di Verona in collaborazione con l’Azienda Ospedaliera Universitaria, capaci di assicurare competenza scientifica e un approccio multidisciplinare senza precedenti.
Per tracciare un bilancio i relatori sono partiti dal più recente risultato scientifico: la pubblicazione del lavoro svolto dal team coordinato dal prof. Bronte dal titolo “Deciphering the state of immune silence in fatal Covid-19 patients” sulla prestigiosa rivista internazionale Nature Communication.
Lo studio ha chiarito i meccanismi che provocano un “silenzio immunitario” in chi viene colpito in forma grave dal virus. Il gruppo di ricerca ha caratterizzato lo stato immunologico di pazienti Covid-19, sia con sintomatologia grave che moderata e rispetto ai donatori sani, integrando dati clinici, fenotipici, funzionali e molecolari su singola cellula. I ricercatori hanno definito che la progressione della malattia altera la funzionalità immune del paziente, delineando un vero e proprio “atlante immunitario” nel decorso di Covid-19.
Analisi molecolari effettuate sul genoma di singole cellule presenti nel sangue e nel liquido di lavaggio bronchiale hanno permesso di tracciare, in maniera estremamente accurata, sbilanciamenti nella composizione dei globuli bianchi mentre i dati sierologici hanno fornito informazioni sui possibili mediatori presenti nel sangue e responsabili di queste alterazioni. Inoltre, saggi in vitro eseguiti con globuli bianchi isolati da questi soggetti hanno consentito di caratterizzare lo stato funzionale della risposta immunitaria. Tutte queste informazioni, integrate tra loro, hanno delineato il contesto immunologico del paziente e permesso di associarlo alla sua condizione clinica.
Il gruppo di ricerca ha così scoperto che l’infezione e la progressione patologica sono associate a uno stato iniziale di iperattivazione del sistema immunitario che interessa tutte le sue componenti. Nelle fasi in cui il soggetto presenta sintomi dovuti alla polmonite interstiziale compaiono nel sangue nuove sottopopolazioni cellulari che sono normalmente assenti negli individui sani.
Sorprendentemente, i ricercatori hanno osservato analoghe alterazioni del sistema immunitario durante l’evoluzione di alcune neoplasie umane. Questa risposta rappresenta il tentativo dell’organismo di contrastare l’eccessiva stimolazione della risposta immune ma ha come corollario l’induzione di uno stato di paralisi dei linfociti, che rappresentano la difesa principale contro le infezioni.
Il gruppo di ricerca ha anche identificato nell’enzima Arginasi 1, uno dei responsabili principali del blocco della funzione dei linfociti. Sono in corso ricerche per valutare nuovi trattamenti anticorpali per eliminare l’azione deleteria di questo enzima.
L’evoluzione della malattia porta ad uno stato ulteriore di progressivo deficit delle funzioni immunitarie che è stato definito come “silenzio immunitario”, presente nei pazienti con prognosi peggiore. In questo stadio, l’intero sistema immunitario presenta segni di una completa inattivazione, una forma di esaurimento che rende il soggetto incapace di fronteggiare la malattia e possibili infezioni batteriche secondarie.
Primi autori della ricerca sono Francesco De Sanctis e Stefania Canè, ricercatori del dipartimento di Medicina. Vincenzo Bronte, direttore della sezione di Immunologia, ne è autore corrispondente. Hanno firmato lo studio anche Stefano Ugel, Katia Donadello, Monica Castellucci, Alessandra Fiore, Cristina Anselmi, Roza Maria Barouni, Rosalinda Trovato, Simone Caligola, Annarita Mazzariol, Davide Gibellini, Pasquale De Nardo, Evelina Tacconelli, Leonardo Gottin ed Enrico Polati.Lo studio è stato realizzato in collaborazione con il Weizmann Institute of Science di Rehovot (Israele), l’Istituto Pasteur e l’università Sorbona di Parigi, l’università di Chieti-Pescara e lo IEO, Istituto europeo di Oncologia IRCCS di Milano, grazie al sostegno della Fondazione Cariverona (ENACT Project) e della Fondazione TIM.