Roma, 25 gennaio 2021 – Esiste un modello organizzativo virtuoso nelle misure di lockdown, tale da garantire allo stesso modo le cure ai pazienti affetti da Covid-19 e al resto dei cittadini con patologie differenti? Come si sono modificati dal punto di vista organizzativo gli ospedali in tempo di pandemia? Si è riusciti a mantenere un regolare percorso di cure per i pazienti con patologie acute e croniche diverse dal Covid-19? E chi eventualmente risponderà legalmente per future ed eventuali richieste risarcitorie legate al ritardo dei trattamenti sanitari, trattandosi di uno stato di emergenza?
Sono alcuni degli interrogativi ai quali risponderà il webinar “Controversie nelle misure di lockdown: tutela del diritto alle cure ed implicazioni medico-legali”, promosso dalla Sezione di Medicina Legale del Dipartimento di Sicurezza e Bioetica dell’Università Cattolica, che sarà trasmesso on line venerdì 29 gennaio dalle ore 15.00 alle ore 17.00 e che potrà essere seguito collegandosi all’homepage del sito Internet del Campus di Roma dell’Ateneo.
La prima parte dell’incontro vedrà il confronto tra due diversi approcci di gestione del rischio correlato alla pandemia: quello italiano e quello svedese. Il primo modello sarà analizzato dal prof. Mario Di Bernardo, Ordinario di Automatica all’Università degli Studi di Napoli Federico II. Il modello svedese verrà illustrato dal dott. Anders Tegnell, Epidemiologo di Stato in Svezia.
La seconda parte si focalizzerà sul livello ospedaliero della riorganizzazione dei servizi e sull’impatto delle decisioni di risk management su specifiche categorie di pazienti.
La strategia anti Covid-19 della Svezia è stata la più discussa in ambito scientifico: Anders Tegnell ha suggerito una strategia senza lockdown, con bar, ristoranti, negozi e spazi pubblici rimasti aperti, con l’implicito obiettivo di raggiungere l’immunità di gregge, per garantire ai cittadini il massimo possibile di libertà e per salvaguardare, citando l’espressione del Governo svedese, “jobs, business and economy”.
Il webinar, moderato dal prof. Antonio Oliva, Associato di Medicina Legale all’Università Cattolica, e dalla dott.ssa Silvia Sciorilli Borrelli, giornalista e corrispondente per il Financial Times, sarà aperto dal prof. Rocco Bellantone, preside della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Cattolica, e dal prof. Giovanni Scambia, direttore scientifico della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS.
Le conclusioni sono affidate al prof. Vincenzo L. Pascali, Ordinario di Medicina Legale e coordinatore della Sezione di Medicina Legale e delle assicurazioni del Dipartimento di Sicurezza e Bioetica della facoltà di Medicina e chirurgia dell’Ateneo.
Le esperienze dirette riguardanti i principali temi del convegno verranno analizzate dai professori Ordinari dell’Università Cattolica Roberto Cauda (Malattie infettive), Filippo Crea (Cardiologia), Antonio Gasbarrini (Medicina Interna), Giampaolo Tortora (Oncologia medica), Vincenzo Valentini (Diagnostica per immagini e radioterapia) e Sergio Alfieri (Chirurgia Generale).
A seguire gli interventi conclusivi del dott. Andrea Cambieri, direttore sanitario della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS, e del dott. Alberto Cisterna, presidente della XIII Sezione Civile del Tribunale di Roma, ai quali spetterà il compito di tracciare un inquadramento globale del tema dalle prospettive sanitaria e giuridica.
“L’approccio strategico ai nuovi problemi emersi con la pandemia è stato ed è affrontato su almeno tre livelli: nazionale, regionale e ospedaliero – spiega il prof. Antonio Oliva – I decisori operanti in questi tre distinti e complessi livelli hanno impostato strategie di risk management che hanno un impatto significativo sulle scelte di salute dei cittadini e sugli interventi di prevenzione, diagnosi, terapia e riabilitazione. Tutti i servizi ospedalieri hanno subito un rimodellamento, implicando quindi anche una diversa allocazione delle risorse economiche, ingegneristiche e umane”.
“Nel territorio nazionale – continua Oliva – alcune strutture sono riuscite a rispondere a tutti i bisogni di salute in condizioni di efficienza, efficacia e sicurezza, ma ciò non ha escluso che alcune categorie ‘fragili’ di pazienti, come gli anziani e gli affetti da policomorbidità, abbiano potuto operare in alcuni casi scelte penalizzanti, quali, ad esempio, evitare di recarsi presso le strutture sanitarie per paura di esporsi al rischio infettivo, interrompere programmi di prevenzione/riabilitazione o rinviare il trattamento di patologie croniche”.