Roma, 20 aprile 2020 – “Sull’immunità, o meglio sulla sierologia, ci sono due studi: il primo è di popolazione, quindi è stato programmato uno studio di sieroepidemiologia che, attraverso un’analisi su un campione rappresentativo di italiani, studierà come si è diffuso il virus. Sarà una fotografia dell’interazione tra questo virus e la popolazione, che vedrà probabilmente molti più casi di quelli che sono stati segnalati e che rappresentano quella parte sotterranea dell’iceberg. E questo è importante per capire il livello di diffusione. Il secondo studio è invece individuale, ma su questo siamo molto più indietro e abbiamo molti più punti interrogativi, perché di fatto noi ancora non sappiamo se questa immunità è duratura, se è un’immunità permanente e se è fatta di anticorpi neutralizzanti con caratteristiche protettive. È ancora un grandissimo punto interrogativo. Quello che sappiamo, invece, è che dobbiamo combattere il virus attraverso il distanziamento fisico e attraverso l’igiene personale e degli ambienti. Questa è l’unica strada che noi avremo fino a quando non ne capiremo di più e magari avremo anche un vaccino”. Così il prof. Walter Ricciardi, Ordinario di Igiene all’Università Cattolica e consulente scientifico del Ministro della Salute, durante un’intervista via Skype rilasciata all’agenzia Dire.
Si parla sempre più spesso dei test sierologici, ma mancano i reagenti in Italia. È così?
“I reagenti mancano soprattutto per i test molecolari, non tanto per quelli sierologici – risponde Ricciardi – Sono i test molecolari ad aver bisogno di questi reagenti e sicuramente, poiché c’è stata un’intensificazione della diagnostica in tutto il mondo, molto spesso questi reagenti sono prodotti da multinazionali e quindi noi entriamo in competizione con tutti gli altri Paesi. Sui kit diagnostici per i test sierologici, invece, il discorso è diverso: non mancano, anzi sono fin troppi i test disponibili, il problema è che manca una certezza sulla loro adeguata efficacia, sensibilità e specificità. Prima di scegliergli bisogna stare molto attenti”.
Ma i test vanno estesi a tutta la popolazione?
“Questi test, insieme a quelli diagnostici che sono però dirimenti, potranno essere utili nel momento in cui saranno certamente validati è sicuramente efficaci. Per il momento – sottolinea – se non hanno queste caratteristiche corrono il rischio di generare falsi positivi e falsi negativi, quindi di non essere adeguatamente sicuri”.
Prof. Ricciardi, lei ha detto che è “quasi certa” una seconda ondata di epidemia in autunno, quando con molta probabilità riapriranno anche le scuole. I genitori potranno far tornare con tranquillità i figli tra i banchi?
“Il problema è questo: noi dovremo convivere lungamente con questo virus, per cui dovremo attuare tutta una serie di strategie comportamentali diverse rispetto al passato. È chiaro – sottolinea Ricciardi – che non possiamo pensare di rimanere fermi, immobili, a casa per mesi o per anni. Ma per muoverci dobbiamo farlo in maniera intelligente, mentre è chiaro che se affrettiamo troppo oppure abbassiamo le attenzioni e le misure di sicurezza questa seconda ondata o comunque questa serie di focolai epidemici che fatalmente ci saranno addirittura potrebbero comparire prima dell’estate. Dobbiamo stare molto attenti. Quanto al problema della scuola è sicuramente molto serio e deve tener presente di queste difficoltà. Bisogna pensarlo e attrezzarlo nella maniera tale proteggere tutti. Non è certamente facile, ma bisognerà attrezzarsi”.
Questa estate niente vacanze per gli italiani?
“Questo no, ma saranno vacanze diverse rispetto al passato – risponde Ricciardi – Saranno vacanze ancora una volta caratterizzate da un distanziamento fisico, bisognerà stare attenti a non assembrarsi, a non stare troppo vicino l’uno con l’altro. Alcune attività saranno certamente ridotte, però di fatto saranno vacanze. E se siamo attenti saranno vacanze ‘sane’”.
Intanto la curva epidemica è in fase decrescente e oggi la maggior parte dei contagi pare avvenga in famiglia e nelle RSA. Ma è possibile che anche in questi ambienti, dopo più di un mese di lockdown, ci si contagi ancora? C’è qualcosa che ci sfugge su questo virus e sul suo periodo di incubazione?
“No, il problema è semplicemente il modo con cui le diverse organizzazioni, amministrazioni e istituzioni approcciano la preparazione alla gestione di questo virus – risponde Ricciardi – Questo è un virus nuovo, insidioso, si diffonde con grandissima rapidità e quello che succede è che molto spesso istituzioni, organizzazioni e persone si trovano impreparate a combattere. È quello che è successo in larga parte negli ospedali, in un primo momento, dove c’è stato un contagio del personale e degli altri pazienti; è quello che è successo sicuramente in alcune residenze sanitarie assistenziali, che erano già caratterizzate, ricordo, da una carenza di personale e molto spesso anche di personale non in grado di fronteggiare il rischio microbiologico. Non si può generalizzare, ma bisogna ogni volta andare a vedere quali sono gli specifici determinanti di salute e naturalmente quando non viene fatta una buona gestione della malattia”.
Secondo lei è “troppo presto per iniziare la fase 2, soprattutto in alcune regioni”, ha detto. Allora qual è la linea del vostro comitato tecnico-scientifico? Suggerite una ripartenza scaglionata?
“Noi non decidiamo nulla, noi suggeriamo sulla base delle evidenze scientifiche – tiene a sottolineare Ricciardi – e quello che diciamo è che, soprattutto in alcune zone del Paese, la circolazione del virus è ancora troppo intensa. Abbiamo ancora cifre importanti di crescita e anche di morti, purtroppo, per cui quello che diciamo è che bisogna stare attenti innanzitutto alla circolazione del virus. Naturalmente le misure devono avere un coordinamento nazionale, ma bisogna stare attenti alle caratteristiche specifiche delle aree geografiche”.
Un’ultima domanda riguarda il cambio di comunicazione che c’è stato sui dati dell’andamento dell’epidemia. La Protezione Civile ha abbandonato il bollettino quotidiano e optato per due aggiornamenti a settimana. Secondo lei si vogliono rassicurare in parte gli italiani? È un buon segnale?
“La comunicazione in un’epidemia è molto importante, stiamo tutti imparando in un certo senso a fare comunicazione nel modo giusto e nel tempo giusto. Ed è importantissimo fare sia la comunicazione istituzionale sia quella scientifica. È una decisione che ha preso la Presidenza del Consiglio – conclude Ricciardi – e va naturalmente seguita e rispettata”.