Prof. Daniele De Luca, President Elect – European Society for Pediatric and Neonatal Intensive Care (ESPNIC), Professore associato di Pediatria – Università Paris Saclay, Primario Rianimazione Neonatale – Ospedale “A.Béclère”, Paris: “Sviluppare la specificità della terapia intensiva neonatale e pediatrica contribuirà a fornire un supporto d’emergenza, tecnologico e umano, alla medicina critica dell’adulto in caso di crisi”
Parigi, 25 maggio 2020 – La pandemia che stiamo vivendo è la prima nell’epoca della medicina intensiva, o “critical care”, ovvero quella che fornisce assistenza ai malati a rischio immediato di vita per patologie complesse che causino insufficienze d’organo da supportare con interventi tecnologicamente avanzati. Questo tipo di medicina non era disponibile nelle precedenti pandemie influenzali e rappresenta certamente una differenza importante sia per gli effetti sulla mortalità che sulla nostra percezione della qualità di cura. Si è infatti provveduto ad uno sforzo significativo per aumentare la disponibilità di strutture di medicina intensiva e permettere a tutti i malati di potervi accedere.
Questo sforzo è stato affrontato, in molti Paesi occidentali, con acquisti d’emergenza e facendo ricorso a personale e strutture di terapia intensiva pediatrica e neonatale, secondo le necessità e l’organizzazione locale. In molti casi, queste Unità hanno accolto adulti e fornito personale medico o infermieristico, ventilatori e altri macchinari alle Unità che fronteggiavano l’emergenza Covid-19.
Anche se le terapie intensive pediatriche/neonatali hanno fornito un aiuto relativamente piccolo rispetto al numero di malati di Covid-19, ciò non deve indurre a dimenticare questa nicchia quando si parla di investimenti e progettualità. Vi sono essenzialmente tre ragioni per migliorare l’operatività della medicina critica neonatale e pediatrica in epoca pandemica:
1. L’epidemia da SARS-CoV-2 ha raggiunto l’Europa a fine febbraio/inizio marzo, cioè quando altre infezioni respiratorie che interessano la popolazione pediatrica avevano già superato il loro picco ed erano in via di scomparsa. Si tratta dell’infezione da virus respiratorio sinciziale (VRS) e da virus influenzali. La prima non costituisce quasi mai un problema importante negli adulti ma è causa di molti ricoveri in terapia intensiva pediatrica/neonatale. Può generare forme di insufficienza respiratoria grave, ma anche nelle forme meno gravi, può richiedere un supporto respiratorio che è possibile solo in terapia intensiva.
Non esiste un vaccino per il VRS ma la possibilità di una sieroprofilassi stagionale, che viene di solito fornita ad alcune categorie di lattanti più a rischio (ex prematuri, affetti da cardiopatie o malattie croniche). I virus influenzali invece, possono causare insufficienza respiratoria a qualunque età, benché, come noto, una vaccinazione efficace è disponibile. Se una seconda ondata della pandemia dovesse manifestarsi in Europa tra novembre e febbraio, le rianimazioni pediatriche/neonatali potrebbero non essere in grado di fornire contemporaneamente aiuto per il Covid-19 e assistenza ai piccoli pazienti critici.
2. L’epidemia da SARS-CoV-2 ha ridotto le attività di cura elettive per dirottare le risorse verso l’emergenza. Tuttavia l’unica branca in cui questo non è e non sarà mai possibile è quella delle cure perinatali. Gravidanze, e particolarmente gravidanze a rischio, continueranno ad esserci e i neonati continueranno ad avere bisogno di assistenza intensiva nella stessa misura e frequenza dell’epoca pre-pandemica. L’impatto dell’infezione da SARS-CoV-2 sui neonati è sicuramente molto minore di quello sugli adulti (anche se sono state dimostrate infezioni trasmesse dalla madre al neonato, in alcuni casi con necessità di cure intensive).
Ciononostante, l’assistenza perinatale dei neonati figli di madre con Covid-19 richiede uno sforzo notevole per proteggere il personale per cui sono necessari allestimento di percorsi adeguati, aree di terapia intensiva neonatale a pressione negativa, simulazioni di scenari e interventi in sala parto se si vuole garantire un’eccellente assistenza in assoluta sicurezza.
Può essere auspicabile una maggiore centralizzazione delle nascite Covid-19 presso strutture provviste di Unità di terapia intensiva neonatale con queste caratteristiche. Quindi la necessità di cure intensive neonatali non può essere ridotta come altre attività ma può diventare più complessa e richiedere una preparazione specifica al periodo pandemico.
3. In vari Paesi occidentali sono stati segnalati casi pediatrici anche gravi di miocarditi, vasculiti e quadri clinici simili alla malattia di Kawasaki, che sembrano essere messi in relazione, a distanza, con l’infezione da SARS-CoV-2. Queste condizioni non sono nuove ed alcune, come la malattia di Kawasaki, sono precipue dell’età pediatrica, ma la loro incidenza sembra aumentata. Mentre è presto per trarre conclusioni, sembra plausibile un nesso con l’infezione da SARS-CoV-2 data la genesi immunologica condivisa da queste condizioni e dalle manifestazioni più critiche del Covid-19. Giova ricordare come i casi gravi possono necessitare di terapia intensiva pediatrica, e non è prevedibile al momento quale possa essere la reale dimensione del problema.
La mortalità infantile è particolarmente bassa in Italia e la medicina intensiva del bambino è una branca più recente e meno nota di quella dell’adulto: proprio per questo è necessario ricordare la sua importanza nel raggiungimento di tali risultati.
La disponibilità di strutture di riferimento di eccellenza per le cure intensive pediatriche e neonatali deve essere maggiormente centralizzata e uniformata sul territorio. Le Unità di terapia intensiva neonatale o pediatrica devono essere messe nelle condizioni migliori per rispondere ai bisogni di assistenza rianimatoria dei pazienti più piccoli, (la loro mission) e, ove necessario, fornire aiuto e supporto alla medicina intensiva dell’adulto.
La programmazione deve considerare gli aspetti suddetti che sono reali e possono diventare più cogenti tra qualche mese. Dimenticare la specificità della terapia intensiva neonatale e pediatrica, può avere risvolti significativamente negativi sulla salute dei pazienti più piccoli. Al contrario, svilupparla contribuirà anche a fornire un supporto d’emergenza, tecnologico e umano, alla medicina critica dell’adulto in caso di crisi.