Roma, 16 aprile 2020 – Interventi ricostruttivi post-onocologici e post-traumatici, attività di volontariato nei reparti in cui sono ricoverati i pazienti affetti da Covid-19, studio per mettere a punto le linee guida che consentono oggi e consentiranno domani, dopo la riapertura, di operare in sicurezza. Il chirurgo plastico è in prima linea nell’emergenza Covid-19, come risulta dalle testimonianze degli specialisti della SICPRE, Società Italiana di Chirurgia Plastica Ricostruttiva-rigenerativa ed Estetica.
“Nei giorni scorsi – spiega Francesco d’Andrea, presidente dell’unica società di chirurgia plastica riconosciuta dal Ministero della Salute – abbiamo invitato i nostri soci a scriverci, raccontando come stanno affrontando il lockdown sotto il profilo professionale”.
“Oggi possiamo affermare che molti chirurghi plastici stanno prestando servizio come volontari nei reparti in cui sono ricoverati i pazienti affetti da Covid-19 e che la loro specializzazione è preziosa per migliorare la qualità della vita e delle cure. Il chirurgo plastico è l’esperto dei tessuti molli e delle ferite difficili, quindi lo specialista a cui i colleghi degli altri reparti si rivolgono in caso di piaghe da decubito, necrosi dei tessuti e lesioni come quelle provocate dal protratto impiego del sondino naso-gastrico, come ovviamente avviene in pazienti che rimangono intubati a lungo. Ricevere queste cure il più precocemente possibile è importante, soprattutto per chi ha già avuto un lungo ricovero, per non rendere ancora più lungo e difficile il pieno recupero”.
Ancora, in alcune realtà ospedaliere i reparti di chirurgia plastica sono chiamati a fare le veci dei pronto soccorso oberati dal Covid-19 per tutti i casi di traumatologia domestica, da lavoro e da bricolage.
“Accanto a tutto questo – dice ancora d’Andrea – bisogna ricordare che continua l’attività ricostruttiva post-oncologica, soprattutto nei casi di tumore al seno, melanoma e sarcoma. I pazienti devono continuare ad essere curati al meglio. Anche per questo molti di noi hanno lavorato e lavorano alla messa a punto di percorsi dedicati e di nuovi protocolli clinici, in modo da assicurare pure in tempo di coronavirus la sicurezza al paziente”.