Il gruppo sanguigno A ha un rischio aumentato di compromissione polmonare severa, mentre i pazienti con gruppo 0 sembrano più protetti dagli effetti del coronavirus. La conferma in uno studio internazionale guidato in Italia dal Policlinico di Milano. La ricerca, effettuata su pazienti italiani e spagnoli, permetterà di prevedere su quali persone sono più probabili eventuali complicazioni e migliorerà le strategie per la prevenzione, per trattamenti mirati e per vaccini più efficaci
Milano, 19 giugno 2020 – Le persone con il gruppo sanguigno A hanno maggiori probabilità di sviluppare sintomi più gravi di Covid-19. A confermarlo è una ricerca scientifica internazionale pubblicata sulla rivista scientifica New England Journal of Medicine che ha coinvolto centri di ricerca italiani, norvegesi, tedeschi e spagnoli. In Italia lo studio è stato coordinato dal Policlinico di Milano e ha coinvolto anche l’Istituto Clinico Humanitas e l’Ospedale San Gerardo di Monza.
Gli scienziati hanno preso in esame 1.600 pazienti di Italia e Spagna, i due Paesi più colpiti dall’emergenza coronavirus, scoprendo tra le altre cose che il gruppo sanguigno 0 sarebbe associato a sintomi più lievi: informazioni preziose, che consentiranno ai medici di prevedere per tempo eventuali complicazioni e che potranno migliorare le possibilità di cura sui pazienti positivi al virus Sars-CoV-2.
“Con la nostra ricerca abbiamo stabilito che il gruppo sanguigno – spiega Luca Valenti, coordinatore italiano dello studio e medico del Centro Trasfusionale del Policlinico di Milano – è uno dei principali fattori ereditari che predispongono a sviluppare una malattia più grave per il Covid-19. In particolare, i risultati ci dicono che il gruppo sanguigno A ha un rischio aumentato di compromissione polmonare severa, mentre chi appartiene al gruppo 0 è più protetto. E dato che il gruppo sanguigno è ereditario, è possibile concludere che è ereditaria anche la predisposizione ai sintomi più gravi per questa malattia”.
Il sospetto che i gruppi sanguigni influenzassero in qualche modo la gravità dei sintomi da Covid-19 era già emerso in un precedente studio cinese: “La novità della nostra ricerca – commenta Daniele Prati, direttore del Centro Trasfusionale del Policlinico di Milano – è che nei pazienti presi in esame abbiamo analizzato tutti i marcatori dell’intero genoma, confermando per la prima volta in maniera sistematica che il gruppo sanguigno è uno dei fattori principali che portano a predire la gravità dei sintomi”.
I ricercatori hanno individuato anche un’ulteriore porzione del DNA che sarebbe legata ad una maggiore gravità del coinvolgimento respiratorio di Covid-19: si tratta di una regione del cromosoma 3, anche se il meccanismo con cui questa porzione di codice genetico agirebbe sulla malattia non è stato ancora del tutto chiarito.
“Per ora abbiamo due marcatori genetici che indicano un aumento del rischio alla gravità della patologia: uno è il gruppo sanguigno, che conosciamo meglio – prosegue Valenti – e l’altro è una regione del cromosoma 3 che comprende alcuni co-recettori del virus e fattori infiammatori, ma è ancora in corso di definizione. Al momento, comunque, conoscendo questi due fattori sarà possibile prevedere, nel caso l’infezione persista nella popolazione o si verifichi una seconda ondata, quali persone saranno più suscettibili a eventuali complicazioni. In questo modo i medici potranno preparare in anticipo le migliori strategie di prevenzione e trattamenti più mirati. Inoltre, questa scoperta è fondamentale per la ricerca scientifica, perché può contribuire nella messa a punto di vaccini efficaci contro Sars-CoV-2”.
L’esatto meccanismo con cui uno specifico gruppo sanguigno porterebbe a sintomi più gravi (o, al contrario, un altro gruppo porterebbe ad attenuarli) non è ancora stato del tutto chiarito, ma è proprio da qui che partiranno ricerche più approfondite: “Capendo quali sono i fattori predisponenti – dice Daniele Prati – riusciremmo a capire meglio quali sono i meccanismi della malattia e quindi a elaborare delle terapie più efficaci”.
La cosa fondamentale, concludono i due esperti, è sottolineare che non ci sono al momento certezze che i gruppi sanguigni influenzino il rischio di contrarre il coronavirus. Sappiamo però che quando vengono infettate le persone di gruppo A, è più probabile che sviluppino una forma più grave.