di Matteo Lambertini, Oncologo Medico e Ricercatore Universitario presso l’IRCCS Ospedale Policlinico San Martino – Università di Genova
Roma, 2 luglio 2020 – Passata la fase acuta della pandemia da Covid-19, che ha sconvolto l’organizzazione degli ospedali italiani con il rischio concreto di ripercussioni sulla qualità dell’assistenza sanitaria offerta a cittadini e pazienti, arrivano i primi dati italiani che riportano quale sia l’impatto dell’emergenza legata all’infezione da SARS-CoV-2 in campo oncologico.
Una survey coordinata dagli oncologi dell’IRCCS Ospedale Policlinico San Martino di Genova (Francesca Poggio, Marco Tagliamento, Lucia Del Mastro e Matteo Lambertini), promossa con il contributo di AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica) e del suo segretario Massimo Di Maio, e del GIM (Gruppo Italiano Mammella), ha indagato quale sia stato l’impatto del Covid-19 sulla pratica clinica e sull’attività di ricerca degli oncologi italiani in riferimento alla gestione del carcinoma mammario. I risultati sono stati recentemente pubblicati sulla rivista dell’ASCO (American Society of Clinical Oncology) JCO (Journal of Clinical Oncology) Oncology Practice.
L’oncologia è stato uno dei settori che ha destato particolare attenzione al momento dello scoppio dell’emergenza sanitaria da Covid-19 nel nostro Paese, per due motivi principali. Accanto alla necessità di garantire la continuità delle cure oncologiche ai pazienti già in trattamento e ai pazienti che hanno ricevuto una nuova diagnosi oncologica o hanno intrapreso un percorso diagnostico durante la fase di pandemia, si è imposta infatti l’urgenza di garantire che questo avvenisse nel contesto più sicuro possibile, riducendo al minimo il rischio di infezione da SARS-CoV-2 per pazienti, familiari e operatori sanitari. I primi dati derivati da casistiche cinesi riportavano infatti come i pazienti con comorbidità, tra cui i pazienti oncologici, risultassero più a rischio di complicanze severe in caso di infezione da SARS-CoV-2.
La nota congiunta di AIOM, CIPOMO (Collegio Italiano dei Primari Oncologi Medici Ospedalieri) e COMU (Collegio degli Oncologi Medici Universitari) datata 13 marzo 2020, diramata in un periodo di escalation di casi di infezione da SARS-CoV-2 sul suolo italiano, forniva dei suggerimenti per modificare la pratica clinica in oncologia, in assenza in quel momento di evidenze scientifiche sul tema, al fine appunto di garantire la più adeguata continuità di cura insieme al massimo contenimento della trasmissione del virus.
Parallelamente, le principali organizzazioni sanitarie internazionali, come ESMO (European Society for Medical Oncology), fornivano raccomandazioni per la gestione del paziente oncologico in epoca Covid-19, che tuttavia erano principalmente basate su pareri di esperti in materia.
Abbiamo iniziato ad approfondire quale fosse l’impatto dell’emergenza da Covid-19 in campo oncologico già a fine marzo, analizzando i primi casi di infezione verificatesi tra i nostri pazienti. Un dato in particolare ci aveva allarmato: l’alto tasso di interruzione dei trattamenti oncologici tra i pazienti che risultavano positivi al SARS-CoV-2, indipendentemente dalla gravità del quadro clinico legato all’infezione.
Questi dati, che abbiamo pubblicato sulla rivista ESMO Open con Marco Tagliamento primo firmatario del lavoro, richiamavano alla necessità di garantire la continuità delle cure oncologiche, anche predisponendo strutture dedicate per la gestione dei pazienti oncologici che avessero contratto l’infezione (come effettivamente è stato poi fatto nel nostro Istituto).
Ci siamo quindi focalizzati su un ulteriore aspetto: quale potesse essere il reale impatto della pandemia sul comparto oncologico a livello nazionale in termini di attitudini degli oncologi italiani circa la gestione e l’attività di ricerca nel campo del carcinoma mammario.
La survey promossa ha dimostrato la grande reazione e capacità di adattamento degli oncologi italiani nel fronteggiare l’emergenza in corso, grazie all’adozione di soluzioni concrete e di forte senso clinico che hanno garantito la prosecuzione del servizio nel proprio settore nonostante le difficoltà che si presentavano.
Sono state raccolte le risposte in forma anonima di 165 oncologi da tutta Italia particolarmente dedicati alla gestione del tumore della mammella (il 73,3% operante all’interno di una Breast Unit). Il sondaggio ha voluto indagare come si siano modificate in epoca Covid-19 le attitudini e le scelte cliniche riguardo alla gestione delle pazienti con carcinoma della mammella sotto tre aspetti fondamentali: la malattia precoce, la malattia in stadio avanzato, e le attività di ricerca correlate.
La gestione del carcinoma mammario in fase precoce per le pazienti con malattia localizzata o localmente avanzata nei sottotipi più aggressivi (“HER2-positivo” e “triplo negativo”) non è sostanzialmente cambiata, rimanendo la chemioterapia preoperatoria la prima scelta (rispetto alla chirurgia come primo approccio terapeutico seguita dalla chemioterapia adiuvante) in linea con quanto suggerito dalle principali linee guida nazionali e internazionali.
Alcune differenze significative rispetto all’epoca pre-Covid-19 sono invece emerse per quanto riguarda i protocolli di chemioterapia adottati: in particolare, la preferenza per schemi di chemioterapia ugualmente efficaci ma che prevedano intervalli più lunghi tra le somministrazioni (per esempio, il 25% degli oncologi intervistati ha ridotto l’uso del paclitaxel settimanale a favore del docetaxel trisettimanale), in modo da ridurre il numero degli accessi in ospedale dei pazienti, riducendo così il rischio di infezione da SARS-CoV-2.
Anche nella malattia in stadio avanzato, si è confermato l’atteggiamento degli oncologi di preferire, a parità di efficacia, regimi di chemioterapia che garantissero una minor frequenza di accesso nei day hospital oncologici. Laddove possibile, l’84,2% degli oncologi intervistati ha dichiarato di preferire una via di somministrazione orale degli agenti chemioterapici rispetto all’infusione endovenosa; questa scelta è stata favorita anche dall’attivazione in molti centri oncologici del servizio di consegna domiciliare dei farmaci orali.
Un dato da sottolineare è la riduzione nell’attitudine alla prescrizione dei farmaci inibitori di CDK4/6 in associazione alla terapia endocrina con neoplasia mammaria in stadio avanzato con espressione dei recettori ormonali. Questa scelta, a scapito degli ottimi dati di efficacia di questa classe di farmaci, è stata dichiarata essere adottata però solo dal 25% degli oncologi nel sottogruppo di pazienti più anziani e fragili, e con caratteristiche di malattia meno aggressive.
Si sono poi registrate altre modifiche della pratica clinica (frequenza dell’esecuzione dei controlli ematologici e radiologici, laddove indicato, o dei lavaggi dei cateteri venosi centrali utilizzati per la somministrazione delle terapie endovenose), sempre con l’obiettivo di mantenere le cure, ma garantendo il più possibile la sicurezza di pazienti, familiari e operatori sanitari.
Per concludere, oltre l’80% degli intervistati ha dichiarato di aver ridotto, in epoca Covid-19, le attività scientifiche e di ricerca, in molti casi anche per misure imposte dalle aziende ospedaliere dove praticano.
Come evidenziato da Francesca Poggio, da anni impegnata nella cura e nello studio del carcinoma mammario, “i risultati della nostra survey portano dei dati concreti a dimostrazione dell’impatto avuto dall’emergenza Covid-19 in ambito oncologico, concentrandosi sulle modifiche degli atteggiamenti degli oncologi verso la gestione del carcinoma mammario rispetto all’epoca precedente la pandemia, e delle relative attività di ricerca”.
La situazione affrontata è stata una sfida davvero impegnativa. Abbiamo però mantenuto, nella delicatezza del momento, l’attenzione verso le pazienti, per continuare a garantire loro la miglior qualità di cura nel modo più sicuro possibile. Come si evince dal nostro lavoro, lo stesso si è verificato su tutto il territorio nazionale: credo sia questo il messaggio principale e di speranza della nostra survey.
Ringraziamo i colleghi che hanno dedicato tempo alla compilazione della survey, il GIM, AIOM e il Segretario Massimo Di Maio per il supporto a questo studio, e i colleghi autori di questa pubblicazione per l’entusiasmo e l’impegno dimostrato nonostante il momento molto difficile.
(fonte: AIOM News)