Roma, 12 novembre 2020 – Anche quest’anno il 14 novembre, si svolge la Giornata mondiale del diabete. Una data che commemora il compleanno di Sir Frederick Banting, che ha scoperto nel 1921 l’insulina. Quest’anno più che mai con la pandemia da Covid-19 questo giorno è fondamentale per sensibilizzare le persone sul trattamento, la prevenzione e i sintomi.
Riguardo al Covid-19 è necessario dire che sono le persone affette da malattie croniche ad ammalarsi di forme gravi di Covid-19. Tra queste va indubbiamente annoverato il diabete di tipo 2 che espone di più al rischio di sviluppare la polmonite interstiziale. Per capire di più ne parliamo con il prof. Giovanni Spera, Endocrinologo nonché Presidente Eletto della Società italiana per lo Studio dei Disturbi del Comportamento Alimentare (SISDCA).
Professore, quest’anno la Giornata Mondiale del diabete risulta ancor più importante viste le implicazioni di questa patologia nel Covid-19. Cosa lega le due patologie?
Partiamo dal presupposto che negli ultimi 50 anni i nostri consumi alimentari sono mutati. Si consumano sempre di più grassi e zuccheri che assieme alla sedentarietà inducono conseguenze negative sulla salute. Mi riferisco all’obesità, all’ipertensione arteriosa, alle malattie cardiovascolari conseguenti e naturalmente al diabete.
In tutte queste condizioni poi, tutte causate da un prolungato stile di vita poco corretto, si accumula con l’età un eccesso di grasso specie a livello viscerale, all’interno dell’addome. E in questa emergenza sanitaria si è visto che, per tutti i malati di Covid finiti in terapia intensiva, il grasso viscerale costituisce il fattore più determinante. Più incisivo anche dell’età avanzata e delle preesistenti patologie respiratorie.
Si rafforza il concetto che la nostra salute dipende in gran parte dalle abitudini alimentari e che gli alimenti, il cibo, possono rappresentare vere e proprie medicine, armi potenti per gestire meglio e a volte proprio per trattare molte malattie, persino gravi come i tumori.
Ma cosa accade in particolare nei pazienti diabetici rispetto all’infezione da Covid-19?
I diabetici non hanno chiaramente maggiori possibilità di infettarsi col virus, ma la sola presenza di un quadro glicemico più o meno compensato li espone a maggiori rischi. Come l’ipertensione arteriosa e l’obesità, anche il diabete ha un background fisiopatologico (sindrome metabolica, grasso viscerale in eccesso, stato infiammatorio cronico), che di per se aumenta il rischio di complicanze da Covid-19 e di mortalità.
In mancanza di efficaci mezzi terapeutici, la prevenzione, la predittività e la programmazione delle cure è fondamentale nella lotta al Covid 19. Ma le autorità sanitarie e politiche ovunque sembrano sottovalutare le indicazioni che in tal senso emergono rispetto all’importanza della preesistenza e persistenza di tutte queste patologie legate all’alimentazione ed allo stato nutrizionale, come appunto, il diabete.
Da quel che dice l’alimentazione quindi gioca un ruolo strategico anche nell’emergenza Covid. Giusto?
Sì, esiste una relazione anche tra alimentazione e risposta all’aggressione da parte del Covid-19. Per esempio, si è scoperto, tra l’altro, che la carenza della vitamina D espone a un maggior rischio di contrarre il virus. Una ottimale salute del microbiota intestinale, poi – il cui equilibrio consente un corretto stato dell’organismo e del sistema immunitario è una tutela. Anche una situazione di sovrappeso, quando determina uno stato di infiammazione cronica, espone a maggiori rischi, facilitando lo scatenarsi della temuta tempesta citochinica, presupposto per l’aggravamento della malattia da Covid-19.
Dal punto di vista dell’approccio dietetico-alimentare, indipendentemente dai farmaci, ci sono delle valide alternative per il Diabete di tipo 2 oltre che naturalmente per l’obesità?
È noto ed evidente che l’approccio nutrizionale è la prima e più salutare scelta, lo strumento potenzialmente più efficace per affrontare patologie determinanti quali il diabete o l’obesità. Tra le diverse strategie nutrizionali la Dieta Chetogenica col suo decisivo dirottamento metabolico, dall’asse glicidi/insulina verso l’utilizzazione dei chetoni prodotti dal consumo energetico dei grassi, può addirittura funzionare anche come un potente antinfiammatorio.
Ma in un modo, quello delle diete fai da te, pieno di imbonitori maliziosamente fuorvianti se non pericolosi, bisogna avere la forza e l’umiltà di evitare il fai da te e indirizzarsi ai veri esperti, anche e specialmente per una tipologia di diete come quelle cosiddette chetogeniche.
Farsi guidare dalla scienza, insomma perché le verità, per quanto riguarda la salute, sono scritte nelle pubblicazioni scientifiche verificabili, non nei libri di successo dal contenuto tanto suggestivo quanto incontrollabile, come spesso è anche quello dei meandri del web.