Roma, 9 marzo 2021 – Il virologo Fabrizio Pregliasco, direttore sanitario IRCCS Galeazzi di Milano, è intervenuto ai microfoni della trasmissione “L’Italia s’è desta” condotta dal direttore Gianluca Fabi, Matteo Torrioli e Daniel Moretti su Radio Cusano Campus.
Sul possibile nuovo lockdown. “Bisogna vedere la fattibilità, l’accettabilità politica e valutare in progressione a fronte del fatto che ad oggi un manuale di gestione del lockdown non c’è – ha affermato Pregliasco – Credo che finora il sistema dei colori sia stato efficace, non nell’ottenere il controllo della malattia, ma nel mitigare la diffusione. Di fronte alle varianti però questo sistema comincia un po’ a zoppicare”.
“Spero che i prossimi interventi, un po’ più stringenti, possano essere un elemento per garantire la mitigazione. Il virus fa il suo sporco mestiere, se trova soggetti suscettibili li infetta, noi dovremmo considerare che ogni contatto interumano che abbiamo rappresenta un rischio, più ne abbiamo più avremo il rischio di infettarci”.
“È chiaro che in questo momento abbiamo circa 3 milioni di casi accertati, verosimilmente altrettanti ce ne sono stati anche se non sono stati registrati e hanno un’immunità che comunque va scemando, poi abbiamo 5 milioni e rotti di vaccinati, quindi solo 10 milioni di cittadini hanno una certa quota di protezione, 50 milioni sono ancora suscettibili”.
Sulla chiusura delle scuole. “Di sicuro le scuole sono state un elemento che ha contribuito a far esplodere la seconda ondata. La chiusura delle scuole deve andare insieme alla chiusura dei centri commerciali, per evitare l’assembramento conseguente dei giovani che nella voglia di uscire possono ritrovarsi insieme, è chiaro che si deve affinare il meccanismo del lockdown nel modo più chirurgico possibile”.
“In questa fase c’è un abbassamento sostanziale dell’età dei contagiati, con un incremento soprattutto nelle fascia 13-19 anni. La fortuna è che il maggiore coinvolgimento dei giovani non rappresenta una clinica preoccupante. Questo però diventa un problema rispetto alla trasmissibilità della malattia nel contesto familiare”, conclude Pregliasco.