Coronavirus, FIMP: “Servono criteri unici per triage telefonico, visite, tamponi e ricoveri”

La denuncia nel Consiglio Nazionale straordinario riunito in videoconferenza. Il Presidente FIMP Paolo Biasci: “Nei nostri oltre 7.000 studi medici mancano ancora mascherine, guanti e camici monouso. Tanti colleghi in quarantena o rianimazione. Affrontiamo nuove sfide con nuovi strumenti. Il futuro è già qui: lavoriamo sulle opportunità della telemedicina”

Roma, 22 marzo 2020 – “Triage telefonico codificato, criteri e modalità di ricovero, indicazioni per l’esecuzione di tamponi, visite da effettuare nella massima sicurezza. Sul percorso assistenziale pediatrico chiediamo linee ministeriali chiare, che non vengano sovvertite da iniziative regionali o aziendali”.

Questo il primo punto del documento approvato ieri sull’emergenza nuovo Coronavirus dal Consiglio Nazionale straordinario della Federazione Italiana Medici Pediatri, tenutosi in videoconferenza.

Quasi 200 persone, tra segretari provinciali, regionali e iscritti FIMP, si sono trovate all’unanimità sulla relazione del Presidente Nazionale Paolo Biasci e sul documento finale in cui si torna a chiedere con forza un’adeguata fornitura di dispositivi di protezione individuale e un monitoraggio dei pediatri di famiglia venuti in contatto con persone Covid+.

Dott. Paolo Biasci

“C’è ancora tanta, troppa disattenzione sull’importanza di una fornitura capillare di DPI negli oltre 7.000 studi pediatrici degli iscritti FIMP. Siamo drammaticamente a macchia di leopardo – denuncia Biasci – Mascherine, guanti e camici monouso sono misure necessarie per proteggere, con noi, anche i bambini e i loro genitori, oltre che per salvaguardare l’assistenza territoriale pediatrica. Occorre ricordare che in questa emergenza, insieme ai Medici di Medicina Generale, restiamo la porta principale del Servizio Sanitario Nazionale, che filtra gli arrivi nei Pronto Soccorso degli ospedali e nei nostri studi. Per questo è necessario un provvedimento legislativo urgente che sollevi i medici nell’intero periodo dell’emergenza da ogni responsabilità, sia in ambito civile che penale”.

“Fin dalle fasi iniziali della diffusione dell’infezione siamo stati determinanti nel dare corrette informazioni di comportamento, ridurre i contagi e rispondere alle preoccupazioni delle famiglie – prosegue Biasci – Abbiamo resistito industriandoci, ma ora tanti si trovano in quarantena o, peggio, in rianimazione: la fornitura capillare di DPI adeguati è una misura ormai ineludibile. Manca inoltre un’attività di monitoraggio e sorveglianza sanitaria su quelli che tra noi sono venuti in contatto con casi sospetti o accertati. Manca un percorso assistenziale pediatrico che dovrebbe essere differenziato, in particolare per criteri di sospetto diagnostico, accertamento e ricovero, da quello pur più urgente e grave dell’adulto, ma che deve considerare il ruolo del bambino come potenziale e silente diffusore dell’infezione nei confronti di genitori, nonni e familiari”.

“Chiediamo un maggior coinvolgimento della Pediatria di Famiglia nella programmazione delle attività territoriali, regionali e locali – l’appello del Presidente FIMP – con l’inserimento di un rappresentante all’interno delle Unità di crisi regionali, che svolga un ruolo proattivo nella soluzione delle problematiche, tenendo conto delle peculiari particolarità dell’età pediatrica e dell’ansia che crea nelle famiglie anche il solo sospetto di un contagio. Occorre inoltre una rapida attivazione delle Unità Speciali di Continuità Assistenziale, previste dal Decreto Legge 14 del 9 marzo art.8, con modalità modulate dalla realtà epidemiologica locale”.

L’organismo che raccoglie tutti i quadri sindacali ha dato voce alle istanze territoriali, ha consentito di evidenziarne le criticità e condividere strategie operative. “C’è bisogno di una proroga delle scadenze per i bambini che hanno un’assistenza a termine: in questi casi, non potremo altrimenti procedere con l’invio di ricette dematerializzate. Nelle realtà in cui la situazione da drammatica è diventata tragica, è necessario programmare più tamponi per monitorare i cluster familiari. Segnaliamo che in alcune realtà sono in dimissione neonati positivi oppure non positivi, ma con madri sintomatiche. Urgono dei protocolli nella gestione di questi casi, per curare al meglio i bambini ed evitare ulteriori contagi”.

“In un’ottica di resilienza – afferma Mattia Doria, Segretario nazionale alle Attività Scientifiche ed Etiche della FIMP – questa epidemia ci ha offerto anche una nuova chiave di lettura del nostro lavoro, una possibilità di crescita e accreditamento professionale in quelle realtà difficili da raggiungere o in cui il pediatra di famiglia manca del tutto. Stiamo ragionando infatti sulle opportunità che offre la telemedicina nel nostro ambito. Da strumento emergenziale può diventare strategia di supporto al quotidiano. Occorreranno però una formazione tecnica e scientifica, nonché dotazioni strumentali che non sempre sono nella disponibilità di tutti. Il triage telefonico ha aperto la strada a quella che lo stesso Ministero della Salute intende come una modalità di erogazione di servizi di assistenza sanitaria tramite il ricorso a tecnologie innovative, in particolare alle ICT (Information and Communications Technology), in situazioni in cui il professionista della salute e il paziente non si trovano nello stesso luogo. Un’applicazione che deve prevedere la trasmissione sicura di informazioni e dati di carattere medico nella forma di testi, immagini, registrazione di parametri clinici o altre forme necessarie per la prevenzione, la diagnosi, il trattamento e il successivo controllo dei pazienti”.

“Potremo avviare un ragionamento con le Regioni – annuncia Biasci – per esercitare attività di Telemedicina proprio a partire dal triage telefonico che stiamo sperimentano con successo, uno strumento che deve essere ancora approfondito, strutturato e codificato. Dobbiamo lavorare sulla possibilità di adottare modalità idonee e condivise da implementare nei contesti e nelle situazioni che impediscano, per la sicurezza del paziente, della popolazione e del pediatra stesso, il trasporto presso lo studio o l’accesso al domicilio. Usiamo questo tempo per immaginare strategie di consultazione, valutazione e assistenza sanitaria a distanza, che potremo utilizzare anche quando questa epidemia sarà superata. Ci aspettano nuove sfide, i pediatri di famiglia troveranno nuovi modi di affrontarle”.

“Ultimo, ma non ultimo – conclude Biasci – il nostro pensiero va a tutti i medici e gli operatori sanitari contagiati dal virus, in particolare a quelli ricoverati, e partecipa con profonda vicinanza al dolore delle famiglie dei colleghi che a causa del virus hanno perso la vita”.

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