Congresso Nazionale Uroleague. Quando un secondo intervento risolve il problema

Al Cardarelli si svolgono interventi di alta chirurgia in diretta trasmessi in alta definizione per mostrare agli urologi di tutta Italia le tecniche più aggiornate.

Uroleague 2015, 27-29 settembre
Sala Mediterraneo – Urologia Ospedale Antonio Cardarelli & Hotel Royal Continental Napoli

chirurghi-medici-ospedaleNapoli, 29 settembre 2015 – Si sta svolgendo a Napoli, con epicentro nell’Ospedale Cardarelli e nato da un’iniziativa dell’Auro (Associazione Urologi Italiani), il congresso nazionale Uroleage, (un progetto allo stesso tempo coraggioso e importante che vede riuniti a confronto centinaia di urologi provenienti da tutta Italia. “Coraggioso – sottolinea il dott. Paolo Fedelini, direttore del congresso e primario facente funzione dell’Urologia del Cardarelli – perché si rompe un tabù che da sempre aleggia intorno alla chirurgia: la necessità di effettuarne un secondo sullo stesso paziente in quanto il primo non ha raggiunto i risultati che ci si proponevano. Importante, perché vede riunito il meglio della chirurgia italiana per ogni specifica patologia”.

Da qui il nome di Re-Do Surgery, con tre giorni – dal 27 al 29 settembre – dedicati al tema, sia con relazioni dei massimi esperti sia con interventi operatori eseguiti in diretta dal Cardarelli e seguiti su video in alta definizione da un nutritissimo gruppo di professionisti della medicina.

Lo stesso dott. Fedelini sarà impegnato su una ragazza poco più che ventenne, affetta dalla nascita da una malformazione che ostruisce il passaggio dell’urina dal rene all’uretere. “Fu operata circa 40 giorni dopo la nascita, e per anni la situazione è stata ragionevolmente accettabile – spiega Fedelini – ma pochi mesi fa l’equilibrio si è rotto, il problema si è ripresentato in tutta la sua gravità ed è stato necessario applicare alla ragazza una cannula, che fuoriuscendo dal fianco scarica l’urina. Una situazione clinicamente precaria e psicologicamente devastante. Noi interveniamo con tecnica laparoscopica per asportare il tratto che si è nuovamente ristretto, ristabiliamo il collegamento e finalmente otteniamo un deflusso che potremo definire stabile e naturale”.

Il dott. Giovanni Ferrari, responsabile del servizio di Urologia presso l’Hesperia Hospital di Modena e pioniere in Italia dell’impiego del laser Greenlight per la cura dell’ipertrofia prostatica benigna, si è impegnato in un intervento di enucleazione prostatica su un paziente di 58 anni già operato con la tradizionale tecnica Turp, ma che dal mese di luglio è in condizioni di ritenzione totale dell’urina e quindi portatore di catetere. Spiega il dott. Ferrari: “Si è ricreata una situazione adenomatosa, la prostata ha assunto una forma irregolare e con due protuberanze ingombranti e la formazione di tessuto fibromatoso: tutto ciò ha portato all’occlusione del condotto di scorrimento dell’urina. La situazione ci è stata confermata da un’opportuna cistoscopia. Con il laser ridaremo alla ghiandola le sue giuste dimensioni, asportando millimetricamente solo la parte in eccesso. L’impiego del laser ci ha dato una mano fondamentale per eseguire al meglio il nostro compito, in quanto evitando il sanguinamento ci consente una perfetta visione del campo operatorio. Inoltre, in prospettiva post-intervento, solo in casi rarissimi l’impiego del laser porta a reazioni infiammatorie e fibrotiche”.

Direttore scientifico del Congresso è il dott. Maurizio Carrino, urologo e responsabile Chirurgia operativa andrologica del Cardarelli, un’eccellenza per l’impianto protesi peniene. “Dobbiamo procedere a un secondo impianto di protesi in un paziente di 48 anni, già operato anni fa per impotenza ‘da fuga venosa’ (non affluiva nei corpi cavernosi del pene abbastanza sangue per arrivare a una erezione completa) e quindi sottoposto a un primo impianto con protesi ‘soffice’, un modello che non offre la possibilità di una vera erezione né riporta a uno stato di flaccidità normale e che comunque necessità di un minimo residuo di attività erettiva. Il vero guaio – puntualizza il dottor Carrino – si è avuto quasi subito, quando la protesi soffice ha iniziato a subire una fase di rigetto, fino alla completa espulsione. Il trauma fisico ma soprattutto psicologico del paziente è stato devastante. Noi procederemo a un nuovo impianto, con una protesi di ultimo modello, la tricomponente, quella che il paziente aziona agendo su un pulsante collocato sotto la cute nell’area dello scroto. Sarà un lavoro particolarmente delicato, perché avremo a che fare con abbondanza di tessuto fibrotico che andrà asportato per fare posto alla nuova protesi”.

Il dott. Cristian Gozzi, professore a contratto di Urologia presso l’Università di Pisa, affronta un caso di incontinenza urinaria conseguente all’asportazione totale della prostata affetta da tumore. Il paziente ha 60 anni. “In questo caso – spiega Gozzi – verrà impiantata una sling, ovvero una retina di polipropilene (particolare materiale biocompatibile) che riposiziona l’uretra, dislocata dall’intervento sulla prostata, nella sua sede anatomica naturale ristabilendo la normale continenza urinaria”.

Questa nuova tecnica mini-invasiva “Advance” ideata dallo stesso Cristian Gozzi impiegata con successo in migliaia di uomini (la sua casistica personale è di oltre 5 mila pazienti) rispetto alla tecniche chirurgiche del passato invasive e con risultati non sempre soddisfacenti, risolve definitivamente l’incontinenza urinaria da lieve a moderata. Per le forme più gravi si ricorre allo sfintere artificiale.

fonte: ufficio stampa

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