Roma, 12 settembre 2015 – “Nel 1987, venti Paesi africani non avevamo nessun neurochirurgo, ora il rapporto è cambiato ma occorre fare ancora tanta formazione”, racconta Kazadi Kalangu, direttore del Dipartimento di Neurochirurgia dell’Università di Harare in Zimbabwe.
“In Algeria, Marocco, Tunisia e Sudafrica la presenza di neurochirurghi è maggiore, ma ci sono aree come la Sierra Leone e la Namibia che non ne hanno. La disparità tra il numero dei neurochirurghi e gli ammalati è altissima. In Zimbawe i nostri neurochirurghi operano tumori cerebrali, aneurismi e chirurgia spinale. Mancano macchinari sofisticati come la gammaknife, ma dal punto di vista tecnico riusciamo a fare tutto. Abbiamo – prosegue l’esperto – Centri d’eccellenza in Sudafrica ma qualche volta mandiamo i pazienti in Europa”.
“Sono certo – afferma Kazadi Kalangu – che la neurochirurgia africana si svilupperà anche con il supporto della tecnologia, ma vorrei sottolineare che spesso lo sviluppo non è negli strumenti ma nel cervello dell’uomo”.
“In Africa ci sono tanti macchinari nuovi che finiscono nei musei perché è difficile avere il pezzo di ricambio. Molti africani – rileva lo studioso – pensano che la neurochirurgia sia molto difficile, ma non è vero. Basta essere motivato, entusiasta e lavorare molto. Si impara sempre, anche dai più giovani”, conclude il docente di Harare”.
fonte: ufficio stampa