Come ridurre l’ansia infantile in ospedale: un Teddy Bear da curare per allontanare la paura del dottore

A cura del dott. Alberto Vannelli, Presidente di Erone onlus, Direttore UOC Chirurgia Generale, Ospedale Valduce – Como

Como, 31 dicembre 2020 – Teddy Bear Hospital nasce da un’idea della EMSA (European Medical Students’ Association) e della IFMS (International Federation of Medical Students’ Association), allo scopo di ridurre l’ansia infantile in ambito ospedaliero. La relazione medico-paziente non è facile o scontata e questo è vero, soprattutto in ambito pediatrico; un “ménage à trois” che coinvolge: un paziente-minore, un genitore, un pediatra che deve mediare le sovrapposizioni legate alla comunicazione (specie per la diffidenza del bambino).

“Ne ‘Le Petit Prince’ – racconta Luca Marchesi, presidente del Rotaract Club Como Phf – leggiamo che: “… a volte i grandi dimenticano di essere stati bambini… non capiscono mai niente da soli e i bambini si stancano di ripetergli tutto ogni volta”. Ecco la base del Teddy Bear Hospital, nato per avvicinare i bambini all’ambiente ospedaliero con un modello ispirato al gioco; la centralità del gioco infatti, caratterizza e contribuisce a formare l’identità̀ di un bambino. Il carattere innovativo del progetto, risiede nel valore della prevenzione: bambini sani con limitata (o nulla) esperienza dell’ambiente ospedaliero, a cui viene consegnato un Teddy Bear malato, giocano a fare il dottore; la ricompensa finale è la guarigione dell’orsacchiotto”.

“Teddy Bear è il Service italiano del Rotaract. Nella provincia di Como il progetto, giunto quest’anno alla 7a edizione, è stato sempre organizzato dal Rotaract Club Como Phf: ragazzi dai 18 ai 30 anni che sposando il motto “Fellowship Through Service”, si sono sempre impegnati ad aiutare le comunità locali. Con questo service, il club ha il merito di aver coinvolto negli anni, tutta la popolazione pediatrica del territorio”.

“I bambini – continua Marchesi – accompagnando gli orsacchiotti divenuti pazienti dell’ospedale, acquisiscono inconsapevolmente il ruolo di caregiver (chi si prende cura del malato). La fortuna del progetto risiede nella valorizzazione di una delle categorie tra le più significative e allo stesso tempo trascurate del ‘patto di cura’: la vulnerabilità che richiama le forti implicazioni etiche e antropologiche, legate al tema della salute”.

“Quest’anno però, Teddy rischiava di non essere consegnato a causa della pandemia che ha letteralmente stravolto modelli consolidati di assistenza e priorità di cura. Grazie all’intuizione geniale del Rotaract Club Como Phf, si è pensato ad una nuova veste: una Christmas Box (sanificata a titolo gratuito da un’azienda lariana), contenente Teddy, un certificato di dimissioni, una mascherina con il logo del Rotaract (in tema visto il periodo) e un libretto con un QR code che si collega a un video. Tre minuti e mezzo di virtuosismo sanitario dove gli attori, membri del rotaract, sebbene non siano medici, affascinano per linearità e precisione del messaggio. Viene introdotto in maniera sintetica ed efficace il quadro clinico, corredato di anamnesi, esame obiettivo e percorso terapeutico assistenziale”.

“Affascina l’idea che il bambino destinatario del service, guardando il video si trasformi inconsapevolmente nello stakeholder (portatore di interesse) del futuro, con un richiamo ai temi della responsabilità, trasparenza, etica, rispetto della legge, standard di comportamento e diritti umani (anche quando rappresentati da un animale). Da ultimo la consegna del Teddy guarito dalla malattia, ma ancora bisognoso di cure, anticipa il tema della ‘continuità assistenziale’, motivo di acceso dibattito politico proprio in epoca pandemica”.

“Superato un certo smarrimento iniziale – conclude Marchesi – il volontariato ha cercato di muoversi con continuità, reinventandosi all’interno delle proprie comunità perché, come insegna Oscar Wilde, “un pessimista è qualcuno che si lamenta del rumore quando l’opportunità bussa alla porta”.

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