Questo sistema di Assistenza Domiciliare Integrata può rivelarsi utile per limitare i ricoveri ai casi di assoluta necessità, riservando i posti negli ospedali a chi deve essere sottoposto a cure urgenti
Bolzano, 5 novembre 2020 – Nel gruppo di ricerca della SDF, il laboratorio per il trasferimento tecnologico della Facoltà di Scienze e Tecnologie informatiche al parco tecnologico NOI di Bolzano, da febbraio 2020, è entrata Daniela D’Auria, ricercatrice specializzata in ingegneria biomedica e robotica medica. Una delle linee di ricerca affrontate dall’équipe diretta dal prof. Diego Calvanese, docente di Data Integration alla Facoltà di Scienze e Tecnologie informatiche e Wallenberg Visiting Professor all’Umeå University, in Svezia – è infatti incentrata sull’E-Health, o “Sanità in Rete”.
Durante il periodo di confinamento della primavera scorsa, D’Auria si è attivata e ha cominciato a interloquire con medici di sua conoscenza per cercare di recepirne esigenze e suggerimenti su come affrontare al meglio l’emergenza dovuta all’epidemia. Lo scopo della ricercatrice era creare uno strumento che potesse aiutare il sistema sanitario a reggere l’urto dell’aumento dei casi di infezione senza soccombere di fronte all’intasamento dei reparti di cura del coronavirus. Nel giro di poche settimane, è nato il primo prototipo di “reCOVeryaID“.
L’applicazione creata da D’Auria con la collaborazione dei colleghi, prof. Diego Calvanese (supervisore) e Andrea Janes (nella fase di prototipazione), è uno strumento informatico che permette al medico curante di avere disponibile, quotidianamente, un quadro clinico aggiornato, chiaro ed esauriente del decorso della malattia nel paziente e, al tempo stesso, di far pervenire ad esso, grazie a un sistema di messaggistica incorporato, un feedback immediato.
“Con reCOVeryaID, ho cercato di costruire un sistema intelligente che raccoglie e processa automaticamente quelle informazioni che i sanitari ogni giorno raccolgono quando una persona viene ricoverata in ospedale perché ammalata di coronavirus”, spiega D’Auria.
Si tratta di misurazioni di parametri semplici: frequenza cardiaca, temperatura corporea e livelli di ossigenazione del sangue. Tutte rilevazioni che le persone possono fare agevolmente anche autonomamente da casa loro e trasmettere tramite reCOVeryaID: è sufficiente dotarsi di un termometro, che dovrebbe essere già presente in tutte le case, e di un pulsossimetro, un dispositivo da poche decine di euro che permette di valutare il livello di ossigeno nel sangue e di registrare i battiti del cuore. reCOVeryaID può essere però utilizzato anche da quella parte della popolazione a cui non è stato somministrato il test da Covid-19 ma costituita da possibili soggetti asintomatici o pre-sintomatici: ad esempio, perché entrati in contatto con soggetti risultati poi positivi e quindi a rischio di sviluppare la malattia.
Come funziona reCOVeryaID
L’applicazione web e mobile – quest’ultima ancora in una fase di realizzazione – prevede la registrazione dei cittadini risultati positivi alla Covid-19 in un database dell’autorità sanitaria locale. Questi, invece di essere trasportati e ricoverati in ospedale, rimangono a casa loro dove sono comunque costantemente in contatto con il loro medico di famiglia. I medici di base che utilizzano reCOVeryaID, a loro volta, hanno accesso a una schermata in cui vengono riportati i dati che i pazienti spediscono loro attraverso lo smartphone.
Il sistema, sfruttando un insieme di regole memorizzate in una apposita base di conoscenza, assegna un livello di allerta ad ogni misurazione. L’interfaccia dal lato medico visualizza quindi i dati ricevuti con un colore che comunica automaticamente tale livello di allerta: da verde ad arancione fino a rosso, situazione che consiglia l’ospedalizzazione del malato.
L’applicazione dispone inoltre di una funzione che invia un allarme rosso anche in base all’andamento dei valori registrati. In pratica, il sistema effettua periodicamente analisi statistiche più dettagliate delle ultime misurazioni di ogni singolo paziente.
“Tali controlli saranno memorizzati in una base di dati, che terrà traccia dell’identità del paziente, dell’intervallo di misurazione e dell’esito, e potranno generare ulteriori allerte non più legate all’ultimo riferimento temporale ma ad un intervallo più̀ ampio”, puntualizza la ricercatrice. Tra le diverse comunicazioni di urgenza, è presente anche la circostanza in cui l’applicazione chiama automaticamente un’ambulanza al domicilio del paziente, dopo che il medico ne abbia confermata la necessità.
Tra i vantaggi che comporta l’utilizzo dell’applicazione creata nella SDF non va annoverata solo l’ottimizzazione delle risorse ospedaliere e la prevenzione dell’aggravamento dei pazienti Covid-19 non ancora ricoverati in terapia intensiva ma anche la protezione dei medici di medicina generale. Questa categoria ha pagato un prezzo altissimo durante la prima ondata. Sono stati tra i sanitari più colpiti dal virus e con reCOVeryaID hanno l’opportunità di continuare a svolgere un ruolo essenziale senza essere esposti ad un possibile contagio.
Utile anche nel post Covid-19
D’Auria auspica un utilizzo dell’applicazione nel sistema sanitario italiano e non solo anche a quando la Covid-19 sarà ormai un ricordo. In quel momento, la sua applicazione non sarà condannata all’obsolescenza. Sarà infatti possibile adattarla al monitoraggio di altre patologie, che attualmente sono percepite come meno insidiose ma che comunque condizionano la vita di migliaia di persone.
“reCOVeryaID è facilmente traslabile ad altri campi, non strettamente connessi all’emergenza Covid – conclude l’ingegnere bio-medico – penso, ad esempio, soprattutto al monitoraggio di pazienti con patologie quali il diabete o l’ipertensione”.