Bologna, 3 maggio 2018 – Battito cardiaco accelerato, metabolismo stimolato, respiro più rapido: è la risposta del nostro organismo ad uno stimolo di paura, attivata da una scarica di adrenalina. Per far sì che questa reazione si inneschi è necessaria l’azione combinata dei milioni di cellule che costituiscono il nostro corpo: un’azione possibile solo grazie ai sensori dislocati sulla loro superficie e al loro interno.
Era il 1968 quando Robert J. Lefkowitz, fresco di laurea alla Columbia University, riuscì a visualizzare in loco, marcandoli attraverso isotopi radioattivi, i recettori in grado di agire come mediatori tra l’ormone, nella fattispecie l’adrenalina, e la cellula, svelando uno dei rompicapi che i biologi e i chimici del ventesimo secolo avevano tentato invano di risolvere.
Una scoperta che nel 2012 valse a Lefkowitz e Brian Kobilka, che alle sue ricerche si unì a inizio degli anni Ottanta, il Nobel per la Chimica nel 2012: la quarta edizione del Festival della Scienza Medica di Bologna ospita la lectio magistralis del professor Lefkowitz venerdì 4 maggio alle ore 19.00 presso il Salone del Podestà di Palazzo Re Enzo.
Un incontro nel quale lo scienziato ripercorrerà le tappe di una storia di ricerca personale di 50 anni: dalla scoperta del recettore dell’adrenalina, il cosiddetto recettore β-adrenergico, al disvelamento di una nutrita e complessa famiglia di sensori, l’esistenza dei quali fino ad allora era controversa e messa in discussione.
Dalla dopamina alla serotonina, dall’acetilcolina all’istamina, i recettori scoperti da Lefkowitz sono in grado di mediare la risposta della cellula e dell’organismo a queste sostanze e più in generale agli stimoli esterni che essi codificano, regolando tutti i processi fisiologici nella nostra specie.
I recettori accoppiati alle proteine G sono il mezzo attraverso il quale le cellule percepiscono il loro ambiente: prima degli studi di Lefkowitz e Kobilka gli scienziati conoscevano i potenti effetti degli ormoni sull’organismo, ma non sapevano in che modo essi comunicassero con le cellule.
Dopo averlo identificato nel 1968, il team di ricerca di Lefkowitz e Kobilka ha cercato di isolare il gene che codifica per il recettore β-adrenergico nel genoma umano, scoprendo che il recettore era simile a un fotorecettore. C’era dunque un’intera famiglia di recettori che si somigliano e funzionano nello stesso modo.
Nel 2011, Kobilka ha raggiunto un altro notevole risultato, ottenendo un’immagine del recettore β-adrenergico nel momento in cui è attivato da un ormone e invia un segnale nella cellula. I risultati di entrambi gli scienziati sono fondamentali anche dal punto di vista terapeutico: oggi numerosi farmaci raggiungono il loro effetto proprio attraverso i recettori accoppiati alle proteine G.