La prima osservazione diretta di atomi di antidrogeno in caduta libera conferma che l’antimateria è soggetta alla stessa attrazione gravitazionale della materia
Roma, 27 settembre 2023 – La collaborazione scientifica dell’esperimento ALPHA al CERN, di cui fa parte anche l’INFN Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, è riuscita a realizzare, nel corso della presa dati del 2022, la prima osservazione diretta degli effetti della gravità sul moto degli atomi di antidrogeno. I risultati sono pubblicati sulla rivista Nature del 28 settembre. Si tratta della prima misura di interazione gravitazionale tra materia e antimateria, in questo caso atomi di antidrogeno, nel campo di gravitazione terrestre. Il valore ottenuto è compatibile, dentro gli errori sperimentali, con le previsioni della relatività generale.
“Sebbene l’interazione gravitazionale tra materia e antimateria sia stata oggetto di speculazioni teoriche sin dalla scoperta di quest’ultima nel 1928, è la prima volta che un esperimento mostra di essere sensibile agli effetti della gravità su atomi di antimateria, in particolare di antidrogeno – sottolinea Germano Bonomi, professore all’Università di Brescia, associato all’INFN e membro della Collaborazione ALPHA – È una misura a cui la comunità dell’Antimatter Factory al CERN sta lavorando da quasi due decenni e come collaborazione ALPHA siamo quindi molto contenti di esserci finalmente riusciti”, conclude Bonomi.
Nell’apparato sperimentale utilizzato per la misura, chiamato ALPHA-g, gli atomi di antidrogeno, una volta creati, vengono intrappolati, grazie a un campo magnetico, in una trappola verticale, tra due bobine che determinano rispettivamente le barriere di potenziale magnetico inferiore e superiore.
La strategia sperimentale è basata sul bilanciamento della forza gravitazionale con quella magnetica ed è concettualmente semplice: intrappolare e accumulare atomi di antidrogeno nella regione desiderata, per poi rilasciarli lentamente abbassando i potenziali magnetici superiore e inferiore della trappola verticale, e cercare quindi di misurare qualsiasi influenza della gravità sul loro movimento quando fuggono e si annichilano sulle pareti dell’apparato.
L’effetto della gravità si manifesta come una differenza nel numero di eventi di annichilazione dagli antiatomi che sfuggono attraverso la parte superiore o inferiore della trappola. Considerando gli errori statistici e sistematici, principalmente derivanti dalla precisione con cui sono stati misurati i campi magnetici in corrispondenza delle bobine, e dalle incertezze relative alla simulazione della dinamica degli antiatomi nella trappola magnetica utilizzata come termine di confronto, si è stimata una accelerazione di gravità rivolta verso il basso pari a 0,75 ± 0,13 (stat. + sist.) ± 0,16 (simulazione) del valore di g.
“È stato appassionante partecipare a questa ricerca, e in un laboratorio come il CERN dove è possibile trovare i migliori scienziati e le migliori scienziate al mondo – commenta Marta Urioni, dottoranda dell’Università di Brescia e membro della collaborazione ALPHA – Ho potuto contribuire sia alla fase sperimentale di raccolta dei dati, sia a quella dell’analisi per l’estrazione del risultato che, dentro gli errori sperimentali, è in linea con quanto atteso dalla Relatività generale”, conclude Urioni.
Dal momento che esistono scenari teorici che prevedono una violazione seppure molto piccola dell’accelerazione di gravità tra materia e antimateria, dopo aver determinato il segno e la grandezza approssimativa dell’accelerazione, i prossimi anni saranno dedicati a migliorare la misura sperimentale.
“Il livello di precisione non è ancora tale da dire qualcosa di nuovo sulla gravità rispetto a quanto già sappiamo – spiega Simone Stracka, ricercatore dell’INFN di Pisa e membro della collaborazione ALPHA – In futuro, la sfida sarà quella di verificare con maggior precisione le previsioni teoriche. Oltre alla nostra collaborazione ALPHA, anche altri esperimenti al CERN, come AEgIS e GBAR, stanno portando avanti questo tipo di ricerca e quindi ci aspettiamo presto nuovi progressi”, conclude Stracka.
La teoria
Ogni corpo cade verso il centro della Terra, indipendentemente dalla sua massa e dalla sua composizione, con la stessa accelerazione (g ~ 9,81 m/s2). Questo concetto, introdotto per la prima volta da Galileo e da Newton, è stato verificato nel corso dei secoli con un elevatissimo grado di precisione. Einstein, nel 1915, l’ha assunto come uno dei principi fondamentali della relatività generale.
Si tratta del cosiddetto principio di equivalenza debole. In forma diversa, può essere espresso affermando che la massa gravitazionale e la massa inerziale hanno esattamente lo stesso valore. Ovvero, che il moto di un corpo all’interno di un ascensore tirato verso l’alto con una accelerazione pari a g e lontano da ogni corpo celeste è indistinguibile da quello di un corpo soggetto al campo gravitazionale della Terra. Questo implica che la forza gravitazionale, diversamente, per esempio, da quella elettrica, sia solamente attrattiva.
Ma che cosa succede se consideriamo l’antimateria? L’antimateria è stata teorizzata da Dirac nel 1928, 13 anni dopo la teoria della relatività generale, ed è stata scoperta nei raggi cosmici pochi anni dopo. Nei decenni successivi abbiamo capito che per ogni particella conosciuta (come, per esempio, l’elettrone e il protone presenti nell’atomo di idrogeno) esiste in natura una “anti” particella con la stessa massa ma con carica (e altri numeri quantici) opposti.
Alla fine del secolo scorso e all’inizio del nostro, al CERN, in un complesso sperimentale chiamato “Antimatter factory”, costituito da un sistema di deceleratori di particelle (AD e ELENA) gli scienziati sono riusciti a creare i primi atomi di antidrogeno (composti da un antiprotone e da un positrone, ovvero un antielettrone), e successivamente a intrappolarli per studiarne le proprietà.
La prova sperimentale
L’esperimento è stato ripetuto molte volte impostando valori diversi di campo magnetico tra la barriera superiore e inferiore, con differenze pari a multipli nominali di 4,53×10-4 T. Tenuto conto che le bobine distano tra loro 25,6 cm, infatti, una differenza di campi magnetici pari a tale valore, determina sugli antiatomi presenti nella trappola lo stesso effetto della gravità.
Le diverse configurazioni sono state quindi indicate con numeri multipli di g. Per esempio, se il campo magnetico della barriera superiore è minore di quello della barriera inferiore di un valore pari 4,53×10-4 T, tale esperimento è classificato come una misura con bias pari a -1 g. Abbassando lentamente, durante 20 secondi, le barriere superiori e inferiori e mantenendo costante il bias, le annichilazioni degli antiatomi che piano piano sfuggono dalla trappola elettromagnetica vengono ricostruite grazie a un rivelatore di vertice.
Complessivamente circa 2.000 eventi sono stati utilizzati durante una presa dati che è durata un mese. L’effetto della differenza di campo magnetico tra la barriera superiore e la barriera inferiore è distintamente visibile nelle distribuzioni della coordinata verticale delle annichilazioni per i diversi bias.
Qualitativamente, il numero di annichilazioni di antiatomi che escono verso il basso è pari a quello di annichilazioni verso l’alto per la configurazione con bias -1 g. Quando invece le barriere, durante l’abbassamento, vengono mantenute allo stesso livello si notano più annichilazioni verso il basso che verso l’altro. In estrema sintesi, si vede chiaramente che gli atomi di antidrogeno tendono a cadere verso il basso nel campo gravitazionale terrestre.