Dott. Federico Valli, medico chirurgo specialista in ortopedia e traumatologia presso Ospedale Galeazzi di Milano: “Il dottore deve essere un punto di riferimento per il proprio paziente, che così, non solo è informato ma anche confortato moralmente. Un’informazione dettagliata ed esaustiva della propria situazione clinica e dell’evento medico sarà in grado di chiarire dubbi e placare paure più che normali”
Milano, 27 dicembre 2017 – “L’80% dei miei pazienti ammette di aver paura di affrontare un’operazione chirurgica e per questo motivo tende a rimandare l’intervento. Spesso, questo avviene perché non si instaura un legame di fiducia tra medico e paziente, portando quest’ultimo a temere complicazioni sia durante che dopo l’intervento”, afferma Federico Valli, medico chirurgo specialista in ortopedia e traumatologia presso l’Ospedale Galeazzi di Milano.
“L’intervento di protesi di anca, ad esempio, è tra i più frequenti al mondo. Permette di alleviare il dolore, recuperare il movimento, riprendere lo svolgimento delle normali attività quotidiane ed entro certi limiti si può riprendere la pratica sportiva. Ovviamente però nessun intervento è privo di rischi. Il chirurgo, infatti, dovrà spiegare le possibili complicanze correlate all’intervento e alle sue specifiche condizioni di salute. A sua volta il paziente dovrà fare tutte le domande che ritiene opportune allo staff medico affinché possa affrontare il percorso terapeutico in modo sereno”, aggiunge il dott. Valli.
È proprio per questo motivo che è importante instaurare un buon rapporto con il proprio medico. Il dottore deve essere un punto di riferimento per il proprio paziente, che così, non solo è informato ma anche confortato moralmente. Un’informazione dettagliata ed esaustiva della propria situazione clinica e dell’evento medico sarà in grado di chiarire dubbi e placare paure più che normali. Non solo in fase pre-operatoria. Dopo l’intervento, infatti, è ancora più probabile che i pazienti vivano stati d’ansia e che quindi abbiano bisogno di un supporto. Questo perché nella fase precedente gran parte delle energie psichiche sono state utilizzate per affrontare l’intervento. Anche il fatto di vivere a casa la convalescenza può essere causa di ulteriori preoccupazioni, ma comunque lecite e risolvibili.
“Un consiglio che do ai miei pazienti è di ascoltare testimonianze di persone che hanno vissuto lo stesso problema. Questo può aiutare a prendere coraggio! Ma bisogna ricordare che ogni persona è diversa non solo in relazione all’intervento, ma anche in termini dell’esperienza vissuta”, continua il dott. Valli.
Anche il medico ha delle responsabilità nei confronti del paziente: deve saperlo ascoltare per osservare come descrive il rapporto con la sua malattia, cercando di comprendere quali sono le sue interpretazioni, che svantaggi e vantaggi ne ricava, quali enfatizzazioni ha di un sintomo piuttosto che un altro, quali sono le sue paure, le sue speranze, le sue delusioni, quanto investe emotivamente sulla risoluzione della malattia.
Ma soprattutto il medico deve essere privo di pregiudizi nei confronti del paziente che magari presenta stili di vita, attitudini e valori diversi da lui.
Non meno importante il medico deve saper ‘comunicare’ con il paziente, utilizzando un linguaggio accessibile a tutti. Dovrà spiegare come procederà l’iter diagnostico, chiarendo il significato di esami, consulenze specialistiche, indagini complesse strumentali, eccetera, e quindi, in seguito, quale è la definitiva diagnosi e la conseguente terapia, o possibilità terapeutica, con tutti gli eventuali rischi che questa può comportare, senza promettere facili guarigioni.