La fine di una storia d’amore è un lutto a tutti gli effetti: la persona con cui condividevamo la vita non c’è più, ci manca, insieme alle abitudini e alla nostra vita di coppia. Uno dei motivi per cui si sta male è lo spettro della solitudine, che è l’altro aspetto che rende più difficoltosa l’elaborazione della fine di una relazione.
Le persone provano angoscia, temono di rimanere sole e di doversi trovare ad affrontare la vita senza qualcuno con cui condividerla. Inoltre c’è la paura di “non piacere più”, di avere difficoltà a trovare qualcuno che ci apprezzi per quello che siamo. Arrivano così le insicurezze. Anche se oggi, tra i miei pazienti, noto che la paura più grande riguarda la sfera affettiva e della solitudine. Le persone temono di restare da sole per il resto della vita, ma non hanno paura che questa solitudine si rispecchi anche nel sesso, segno che oggi è più facile avere delle relazioni ‘occasionali’.
Quando una storia finisce le reazioni di solito sono di due tipi: c’è chi si abbrutisce, si abbandona, crogiolandosi nel suo dolore e chi invece si lancia in mille situazioni, amorose e non solo, diventando iperattivo. Chi tende ad abbrutirsi resta in attesa che qualcosa possa cambiare, che la persona amata torni o che qualcosa accada, così dall’alto. Ma restare in casa ad attendere, soprattutto se la fine della storia è stata condivisa, è una scelta fallimentare. Non tornerà tutto a posto stando in casa ad aspettare.
E poi c’è chi non riesce a star fermo… Ritengo che il lanciarsi, lo sperimentare tante situazioni non è quasi mai un errore. Certo bisogna mantenere sempre lucidità, non fare errori gravi o cose pericolose. Ma è comunque un atteggiamento che preferisco, “meglio fare che non fare”.
E c’è anche chi si lancia in nuove e numerose storie d’amore. Il chiodo scaccia chiodo è un passatempo che può avere un effetto terapeutico, ma non è una terapia. Può essere utile per migliorare la propria autostima, ma non è risolutivo.
Quando finisce una storia d’amore bisogna iniziare a investire su se stessi, a lavorare per migliorare la propria vita. Cerchiamo di fare delle cose che prima non facevamo, leggiamo, studiamo, cerchiamo di utilizzare questo tempo che ora abbiamo a disposizione per migliorare il nostro modo di essere.
In una puntata di Sex and the City, una delle protagoniste, Charlotte, dice che per riprendersi dalla fine di una storia d’amore ci vuole la metà del tempo della durata della relazione, ad esempio se la storia è durata un anno, ci vorranno almeno sei mesi per rimettersi in sesto. Trovo che questa affermazione sia sicuramente molto divertente e pittoresca, ma vorrei fare qualche considerazione: i lutti vengono superati nel giro di anni, anzi necessitano fino a un anno di tempo per potere essere elaborati. E come ho detto in precedenza la fine di una relazione è in qualche modo un lutto.
Ma è anche vero, ovviamente che non esiste una regola come quella enunciata in Sex and the City, che più una storia è stata lunga, più la ripresa è difficile. Le abitudini sono consolidate, la progettualità era stata realizzata. E quindi possiamo dire che è vero che la durata di una storia incide sul tempo che si impiegherà per riprendersi una volta finita.
Vorrei concludere con un messaggio “positivo”: perché fermarci all’amore di prima, se non è andato bene, se c’è stata una crisi ed è finito. Il resto dell’amore è nel futuro!