L’Università degli Studi di Perugia protagonista del progetto SafeH2OFarm. Coinvolge Cipro, Croazia, Germania, Israele, Spagna e Turchia
Perugia, 4 novembre 2024 – Cambiare i paradigmi della fertilizzazione per rendere le coltivazioni, a partire da quelle di olivo e pomodoro, sempre più sostenibili, riducendo l’inquinamento delle falde e del suolo e la salinizzazione del bacino del Mediterraneo: è questo l’obiettivo del nuovo progetto europeo SafeH2OFarm, che vede l’Università degli Studi di Perugia – con Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari ed Ambientali (DSA3) coordinatore internazionale – tra i partner promotori in un’importante rete di enti di ricerca di Cipro, Croazia, Germania, Israele, Spagna e Turchia.
Finanziato nel programma PRIMA – sostenuto da Horizon 2020, il programma quadro per la ricerca e l’innovazione nell’area del Mediterraneo – il progetto SafeH2OFarm è entrato recentemente nel vivo mostrando le prove in campo nell’ambito delle visite al Living lab del DSA3 (Agritech-spoke 3) Sensori per il monitoraggio dello stato idrico e dell’azoto nella coltivazione del pomodoro da industria, che si è tenuto presso il fieldlab dell’Università degli Studi di Perugia a Papiano (PG).
L’iniziativa è stata il secondo appuntamento di disseminazione del progetto, dopo l’incontro internazionale iniziale che si è tenuto a Cipro nei mesi scorsi, con la partecipazione della delegazione umbra rappresentata da Michela Farneselli, docente del DSA3 dell’Ateneo perugino e coordinatrice internazionale del progetto.
Il progetto, che proseguirà fino al 2026, vedrà l’Ateneo sviluppare attività di ricerca focalizzandosi su aspetti agronomici e ambientali che riguardano la prevenzione e riduzione della lisciviazione dei nitrati e degli agrofarmaci, come erbicidi, fungicidi e insetticidi, sia su pomodoro da industria coltivato in pieno campo che su olivo, che sono specie coltivate diffusamente anche in Umbria e sulle quali il team del Dipartimento DSA3 ha consolidate esperienze di ricerca.
Le produzioni agricole intensive utilizzano infatti grandi quantità di input chimici come azoto e agrofarmaci, applicati per garantire rese elevate. La gestione impropria di questi elementi, in combinazione con un’irrigazione eccessiva, può quindi causare l’inquinamento e la salinizzazione dei corpi idrici e del suolo soprattutto nelle regioni mediterranee, dove le produzioni agroalimentari costituiscono uno dei settori economici più importanti.