Il tumore al colon-retto è tra i più diffusi: se riconosciuto in tempo e adeguatamente trattato, la prognosi è positiva nel 65 per cento dei casi. L’ospedale Oglio Po offre un percorso di diagnosi e cura con professionisti specializzati e tecniche d’intervento all’avanguardia
Cremona, 19 settembre 2022 – I tumori del colon e del retto sono la terza neoplasia per frequenza negli uomini e la seconda nelle donne. Una diagnosi precoce e la possibilità d’intervenire in modo tempestivo e mirato sono la prima e migliore arma per ridurre la mortalità e l’impatto sulla vita dei pazienti. L’ospedale Oglio Po può contare su professionisti specializzati e metodiche innovative per la rimozione del tumore, volte a preservare il più possibile tessuti e funzionalità.
“Gli interventi chirurgici maggiori vengono preferibilmente eseguiti con tecniche laparoscopiche mininvasive, per ridurre al minimo l’impatto dell’intervento” afferma Guglielmo Giannotti, direttore della Chirurgia Generale di Oglio Po, con cui collaborano le unità operative di Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva, Radiologia, Oncologia e Radioterapia.
Come avviene all’ospedale di Cremona, l’intero percorso è gestito in ottica multidisciplinare, per seguire il paziente dalla diagnosi alla terapia. All’Oglio Po ogni anno vengono effettuati un migliaio di esami endoscopici (sui circa 4mila totali dell’ASST Cremona), che portano all’identificazione di lesioni al tratto colo-rettale. Di questi, una quarantina necessitano di un intervento chirurgico mirato.
Tecniche mirate e mininvasive
“A seconda della localizzazione più o meno prossima all’ano – prosegue Giannotti – possono essere eseguite asportazioni chirurgiche locali, per via trans-anale classica (intervento di Parks), con tecnica TAMIS (Chirurgia transanale mininvasiva) per un decorso postoperatorio più rapido e leggero, l’approccio transanale al mesoretto (TA-TME) oppure con la Microchirurgia Endoscopica Transanale (TEM) in anestesia generale o spinale. Quest’ultima permette d’intervenire anche su neoplasie benigne di grandi dimensioni, polipi maligni o tumori in stadio avanzato in pazienti fragili, soprattutto qualora non fosse possibile optare per interventi chirurgici invasivi. Può essere associata alla radio-chemioterapia per ridurre lo stadio della malattia”.
L’asportazione chirurgica del retto può estendersi fino alla completa rimozione dell’ano: “Questo può creare diverse sindromi funzionali post-operatorie, fino a causare incontinenza – aggiunge Dario Somenzi, chirurgo dell’U.O. Chirurgia Generale dell’ASST di Cremona – In questi casi si rende necessario creare una stomia permanente (con un’apertura artificiale sulla parete addominale) che il paziente dovrà imparare ad autogestire con il supporto specifico dell’ambulatorio stomizzati, attivo all’Oglio Po”.
Neoplasia diffusa, ma trattabile
Secondo i dati raccolti dal Ministero della Salute, nel 2020 su scala nazionale sono state stimate circa 43.700 nuove diagnosi di tumore del colon-retto nel 2020. Nel 2021, sono stati registrati 21.700 decessi. A cinque anni dalla diagnosi, la sopravvivenza è pari al 65,3% negli uomini e 66,3% nelle donne.
In base a quanto registrato da ATS Val Padana (2018) per la Provincia di Cremona incidenza e mortalità si pongono poco al di sotto di entrambi i riferimenti nazionali per entrambi i sessi. In termini d’incidenza sulla popolazione, la differenza di genere è più favorevole per le donne, con l’eccezione del Distretto di Casalmaggiore.
Diagnosi: tempismo, cura e precisione
L’Endoscopia digestiva costituisce il primo punto di approdo per pazienti che hanno indicazioni cliniche legate a sanguinamento o sangue nelle feci, anemizzazione o disturbi proctologici di vario tipo. “Dopo una prima visita – spiega Roberto Grassia, direttore dell’Unità Operativa – in genere viene effettuata una colonscopia, che consente di visualizzare la mucosa intestinale per accertare o escludere la presenza di lesioni tumorali”.
Occorre precisare che non tutte le lesioni del colon e del retto esigono un intervento chirurgico: “se si tratta di neoplasie allo stadio iniziale o polipi – prosegue Grassia – è possibile l’asportazione endoscopica, con strumenti e specifiche tecniche mininvasive disponibili sia all’ospedale di Cremona sia all’Oglio Po. In caso di lesioni più avanzate, è bene effettuare una biopsia per capire la natura della lesione; se negativa, la persona viene indirizzata al chirurgo, che ne gestirà il percorso richiedendo esami aggiuntivi. L’Endoscopia entra nuovamente in gioco nel caso sia necessaria un’ecoendoscopia, per studiare la profondità della lesione e verificare che non interessi i linfonodi, in collaborazione con l’Anatomia Patologica”.