Roma, 2 maggio 2018 – Il confronto tecnico in sede ARAN sul rinnovo del Contratto di lavoro della dirigenza medica e sanitaria procede a rilento, malgrado la nomina da parte della conferenza delle Regioni del nuovo Presidente del Comitato di Settore. In particolare, sul capitolo delle “Relazioni Sindacali al livello periferico”, dopo tre incontri, le distanze sui nodi fondamentali (certezza attuativa, strumenti e ambiti di partecipazione sindacale, maggioranza sindacale minima necessaria per firmare gli accordi, ruolo delle Regioni) rimangono quasi inalterate.
La rigidità della Parte Pubblica, malgrado le Organizzazioni Sindacali abbiano presentato all’unanimità proposte rispettose dei principi legislativi di riferimento, motivato le loro richieste e manifestato la disponibilità a soluzioni condivise, nasce verosimilmente da motivazioni che prescindono dagli aspetti tecnici.
Fondamentalmente si intenderebbe applicare alla dirigenza del ruolo sanitario un modello di relazioni sindacali di tipo burocratico-amministrativo, già utilizzato negli altri contratti del Pubblico Impiego, basato sul lavoro prevalentemente di tipo individuale, su una logica gerarchica di tipo essenzialmente dirigistica e su una architettura di carriera di tipo verticistico.
Diverso dal modello cui si ispira la dirigenza del SSN tecnico-professionale, basato sul lavoro in concorso di più professionisti, sul coinvolgimento dell’equipe nel processo decisionale, su un ruolo direzionale tendente più al coordinamento, sul rispetto della autonomia clinica e della responsabilità nei confronti del paziente.
In sostanza, la condizione di “dirigenza speciale”, sancita dall’articolo 15 del Decreto legislativo 502/92 e sue successive variazioni, rispettosa delle peculiarità del lavoro professionale clinico all’interno del SSN. È evidente che il modello di relazioni sindacali in questo caso non può essere una fotocopia degli altri Comparti e Aree Dirigenziali della pubblica amministrazione, ma deve essere rapportato alle diverse peculiarità di questa dirigenza ed alla sua diversa mission di garantire il diritto alla salute dei cittadini tutelato dalla costituzione.
Per di più, le Regioni vorrebbero esercitare un ruolo nelle relazioni sindacali al livello periferico, che la legge non prevede, mediante un “condizionamento” di fatto delle contrattazioni integrative aziendali, in modo unilaterale ed a scapito delle Organizzazioni Sindacali di categoria, che fino ad ora ha consentito la manomissione dei contratti nazionali a livello aziendale, minandone la certezza e la correttezza in fase di attuazione.
Se Regioni ed ARAN continuassero, fin dal prossimo incontro, su questa linea non saremmo più di fronte ad una semplice divergenza tecnica-normativa, ma ad un grave atto politico di negazione della specificità legislativa e professionale della dirigenza del ruolo professionale e di “limitazione” del ruolo e della rappresentatività delle Organizzazioni Sindacali che la rappresentano. Una prova ulteriore della volontà politica di non fare questo contratto. Una miopia politica che danneggia cittadini e medici e che non rimarrà senza risposta.