Firenze, 7 settembre 2023 – La carenza di medici negli ospedali e nei servizi territoriali è da tempo un problema in Italia e l’avvento della pandemia ha peggiorato gli effetti di questa criticità sugli indicatori di efficienza del sistema sanitario. I dati Eurostat hanno mostrato che nel panorama europeo l’Italia ha i medici con età media più alta (il 54% di tutti i medici ha età maggiore di 55 anni) ed ha un rapporto di medici per densità di popolazione tra i più bassi d’Europa; 213/100.000 abitanti in Italia versus 264 in Francia e 237 in Germania.
È stato stimato che nel quinquennio 2020-2025 circa 50.000 medici specialisti potrebbero andare in pensione. A fronte di questo massivo numero di pensionamenti, sono previsti in media 10.000 contratti di formazione specialistica annualmente, con un tasso di rinuncia in itinere del 10%. Entro il 2025 è previsto un deficit di circa 16.700 unità specialistiche. Nello specifico è stimata una carenza di circa 826 medici specialisti in malattie dell’apparato cardiovascolare.
Gli investimenti italiani nel settore sanitario rappresentano appena l’8% del prodotto interno lordo e sono al di sotto della media di altri paesi europei come la Germania o la Francia. La Cardiologia è una delle specialità che, per la tipologia di attività trasversale che svolge (dall’attività ambulatoriale, a quella di degenza intensiva ed ordinaria ed all’attività di sala) e per la capillarità della sua diffusione (strutture territoriali ed ospedaliere), risente in modo particolare di questa carenza di organico.
Fabrizio Oliva, presidente ANMCO e Direttore Cardiologia 1 dell’ospedale Niguarda di Milano, ha dichiarato: “alcuni dei principali fattori che contribuiscono a questa carenza di specialisti cardiologi, tendenzialmente diffusa in tutte le Regioni Italiane, sono rappresentati da una mancata valutazione e programmazione negli anni passati, del corretto numero di Cardiologi che dovevano essere formati nelle Scuole di Specializzazione. Politiche prolungate di blocco del turn-over, finalizzate solo ad una visione di risparmio a breve termine. Un divario eccessivo tra la retribuzione degli specialisti tra settore pubblico, privato e, negli ultimi tempi, anche con l’attività all’estero, che crea una competizione difficilmente sostenibile (Dei neo-specialisti, il 25% opta per attività lavorative diverse dall’impiego nel SSN) L’assunzione di giovani medici ancora in formazione si è rivelata una soluzione transitoria”.
“A fronte di questa carenza di personale – continua il dott. Oliva – la Cardiologia ha negli ultimi anni visto crescere in modo esponenziale la sua attività sia in senso quantitativo che qualitativo, con un incremento del numero e della complessità delle attività di emodinamica, elettrofisiologia ed interventistica strutturale e della complessità dei pazienti assistiti nelle nostre UTIC. Ci viene inoltre chiesto di contrastare il fenomeno dell’importante incremento dei tempi di attesa per le visite cardiologiche registrato dopo la pandemia e il cardiologo, sempre più spesso, viene ‘precettato’ per coprire carenze di personale in Area Medica o Medicina d’urgenza. Dovremo anche a breve essere coinvolti, secondo i principi del PNRR, nei programmi della gestione di patologie croniche, come lo scompenso cardiaco, che prevedono nuovi modelli gestionali presso le Case di comunità e nuovi strumenti di telemedicina”.