Torino, 28 ottobre 2019 – Si è conclusa la 31ª edizione delle Giornate Cardiologiche Torinesi, dopo 3 giorni di lectio, panel e dibattiti con 600 luminari italiani e internazionali delle malattie vascolari. Tra i casi eccellenti raccontati nel corso del congresso, quello che riguarda l’intervento realizzato nel 2009 al giornalista, scrittore e avvocato Bruno Segre da un team guidato dal prof. Sebastiano Marra.
Il professore e lo scrittore, che all’epoca aveva 91 anni, hanno raccontato l’intervento, l’introduzione 11 anni fa di una valvola che oggi funziona benissimo: “Il caso di Bruno Segre dimostra non tanto quanto si possa allungare la vita a un paziente, ma la possibilità di dargli una buona qualità di vita, tale che anche un centenario può avere una prospettiva di futuro” ha commentato Sebastiano Marra, co-presidente delle Giornate Cardiologiche Torinesi e Direttore del Dipartimento Cardiovascolare del Maria Pia Hospital a Torino.
Dopo i tre giorni di congresso, confrontando i dati tra il sistema sanitario nazionale e gli altri europei, il messaggio che emerge sulla cura cardiovascolare in Italia è estremamente positivo: la cardiologia costa il 25% della spesa sanitaria nazionale che si attesta su circa 120 miliardi di Euro.
La cardiologia e l’oncologia, anche essa con una quota del 25% della spesa sanitaria del paese, sono le due cause di morbosità e morbidità che incidono di più sul sistema sanitario nazionale. Però i soldi spesi per la cura del cuore sono ben spesi: negli ultimi 30 anni, infatti, la cardiologia ha contribuito a un incremento della vita media di oltre 7 anni. Il risultato è maggiormente rilevante se confrontato con l’oncologia, che nello stesso raggio di tempo, ha contribuito a un incremento medio di vita di qualche mese. Spendere in cardiologia significa dare più salute.
Ulteriore testimonianza della validità della cardiologia italiana è il fatto che la mortalità per infarto è la più bassa in Europa. Inoltre,dopo il Portogallo, l’Italia è al top in Europa per la cura delle malattie croniche quali diabete, scompenso cardiaco e asma.
Questi risultati positivi non sono però completamente percepiti dalla popolazione:il 23% degli italiani dichiara che il proprio bisogno di salute non è soddisfatto, a fronte di una media europea del 15%. Nonostante una cardiologia eccellente, la popolazione in Italia lamenta le questioni economiche legate alla cura, i tempi di attesa e le questioni geografiche rispetto ad esempio al fatto che l’ambulatorio di prossimità è mediamente troppo lontano.
La cardiologia costa ma allunga la vita. Dunque la vera questione è: quanto è giusto tentare di far vivere le persone? È una risposta che non deve venire dal singolo medico ma dalla società e dalla politica. È bene dare anni di vita o vita agli anni? È bene far vivere un malato un anno di più magari in ospedale grazie a macchinari e interventi o far stare meglio un paziente rispetto ai pochi anni di vita che gli rimangono?
“Potremmo battere una malattia con l’uso della tecnologia ma non batteremo mai la fisiologia. Morire è fisiologico. Un globulo rosso ogni tre mesi muore e si rifà, un neutrofilo ogni 7 ore muore e si rifà; perché per la natura la vita e la morte sono due processi molto ben regolati e essenziali. Non esiste vita se non c’è morte. Anche in cardiologia si può mettere una valvola percutanea ma poi il paziente vive bene o male?” ragiona il prof. Roberto Ferrari, Past President della Società Europea di Cardiologia.
Sul futuro della cardiologia è intervenuto il prof. De Ferrari, Presidente delle Giornate Cardiologiche Torinesi. L’utilizzo di device nella diagnosi e negli studi clinici, il confronto con nuovi studi sull’uso dell’intelligenza artificiale e l’integrazione dell’A.I. con il modeling sono alcuni dei temi d’analisi.
“Alcuni device come Alexa possono salvarci dalla morte improvvisa? Ha la capacità di riconoscere il respiro agonico. La capacità predittiva di Alexa già oggi, di fianco al vostro letto, è sorprendente. Alexa un domani potrà chiamare il 118 per salvarvi la vita” dichiara il prof. Gaetano Maria De Ferrari, attuale direttore della Cardiologia della Città della Salute e della Scienza di Torino, uno dei maggiori esperti in Italia dello scompenso cardiaco avanzato e dello storm aritmico.
Oggi negli USA un trial costa dai 30 ai 40 mila dollari per paziente, un grande trial può arrivare a 1 miliardo di dollari. Utilizzare dei mezzi tecnologici di uso comune può essere la soluzione, come ha voluto dimostrare l’Apple Hearth Study, collaborazione tra Apple e Stanford University, che aveva l’obiettivo di riconoscere la fibrillazione atriale con l’utilizzo dell’i-watch.
Negli Stati Uniti mezzo milione di persone in un solo anno si è iscritto gratuitamente, compresi over 65, persone che iniziano ad utilizzare questo device anche ad un’età in cui la fibrillazione ha una prevalenza abbastanza rilevante. In pochi anni, questa tecnologia potrebbe essere implementata su numeri inimmaginabili.
“Vorrei in prospettiva dare vita a un nuovo indirizzo di Laurea, in collaborazione con il Politecnico, che sia uno dei primi centri di Machine Learning in cardiologia” conclude il prof. De Ferrari.
Parlando di medicina e high tech, il prof. Giovanni Speziali, cardiochirurgo che vive negli Stati Uniti da 30 anni, dichiara che nel campo dell’intelligenza artificiale esiste ad esempio un sistema che riguarda la radiologia del torace che ha raggiunto la capacità di identificare possibili noduli e possibili tumori, con grandissima accuratezza. In questo caso il database a cui questo sistema si riferisce comprende 1,4 milioni di immagini. Così, avendo a disposizione vasti dati di riferimento e algoritmi di comparazione validati e sempre più accurati, si aprono frontiere molto importanti nel campo della medicina.