Diffusi i dati di una survey realizzata negli ambulatori di cardiologia territoriale. Il Presidente GISE Giuseppe Tarantini: “Chiediamo un Piano Cardiologico di ripartenza nazionale: criteri di prioritizzazione dei pazienti gravi, connessione col territorio, Telemedicina con il fascicolo sanitario unico, per una presa in carico efficiente ed efficace del paziente. Le risorse sono nel Recovery Fund, usiamole per salvare vite”
Roma, 17 giugno 2021 – “I laboratori di Emodinamica italiani hanno chiuso il 2020 con una riduzione di attività del 20%. A inizio pandemia abbiamo avuto una contrazione del 72% per la sostituzione valvolare aortica transcatetere, dell’80% per la clip mitralica, del 91% per la chiusura dell’auricola sinistra e del 97% per quella del forame ovale pervio. Abbiamo recuperato il possibile, facendo sforzi incredibili, ma non basta. Dobbiamo abbattere le liste d’attesa e rimodulare il rapporto con il territorio, su cui si è spostata la presa in carco del paziente cardiovascolare nell’ultimo anno. La Telemedicina deve entrare nel Recovery Fund anche nel nostro ambito”.
Queste le parole di Giuseppe Tarantini, Presidente della Società Italiana di Cardiologia Interventistica nel corso del Thinkheart 2021, il convegno che il GISE (già Gruppo Italiano Studi Emodinamici) dedica ogni anno all’analisi dei dati di attività di cardiologia diagnostica e interventistica.
Le malattie cardio-vascolari continuano a essere la prima causa di morte nel nostro Paese, anche in tempo di Covid-19. Sono 7,5 milioni i pazienti afflitti da patologie al cuore in Italia. “La priorità oggi è l’abbattimento delle liste d’attesa: per un intervento programmato di angioplastica coronarica, per il quale l’attesa media nazionale si aggira intorno ai 20/25 giorni, ora si attendono mesi, con prospettive prognostiche drammatiche e spesso tragiche. In tal senso, segnaliamo inoltre che le liste d’attesa, a fronte di una riduzione dell’attività nel suo complesso, hanno avuto invece un significativo incremento”, prosegue Tarantini.
“Questo ci dice quanto abbia sofferto il cuore di questo Paese nell’ultimo anno. Occorre ora un Piano Cardiologico di ripartenza nazionale, che preveda una riorganizzazione del rapporto Ospedale-Territorio, per gestire tempestivamente e in maniera appropriata le patologie coronariche e strutturali cardiache – spiega Tarantini – Dobbiamo individuare i pazienti più a rischio, rivedere i criteri di priorità nell’accesso alle cure, stabilire un flusso informativo territorio-ospedale, investire su tecnologie, innovazione e opzioni diagnostico-terapeutiche non invasive, quelle che permettono di riportare a casa il paziente, in condizioni migliori e tempi più brevi”.
“La riconversione dei reparti insieme alla paura del contagio – spiega Tita Castiglioni, Membro dell’esecutivo del GISE e Responsabile dei dati di attività delle Emodinamiche italiane – hanno portato, a inizio pandemia, al blocco di attività, soprattutto in elezione, per le procedure in ambito coronarico complesso e strutturale. I dati 2020 mostrano un trend negativo in regioni come il Molise (-53%), la Calabria (-32%) e le Marche (-30%). Ma la tendenza è particolarmente significativa in Lombardia (-23%), Campania (-20%) e Sicilia (-26%), perché parametrata al numero di Emodinamiche presenti e al volume di lavoro abituale. Nello specifico, le angioplastiche sono crollate del 20%, ma un dato analogo lo abbiamo anche per procedure strutturali come TAVI, mitraclip e chiusure percutanea di DIA (difetto interatriale) o di PFO (forame ovale pervio)”.
Nel corso del convegno sono stati presentati i dati di una survey promossa fra i soci delle società ARCA (Associazioni Regionali Cardiologi Ambulatoriali) e ANCE (Associazione Cardiologia del Territorio, ex Associazione Nazionale Cardiologi Extraospedalieri).
Il Presidente Eletto GISE Giovanni Esposito sottolinea le criticità emerse dalla rilevazione: “Dai dati appare chiaro quanto il Covid-19 abbia spostato la necessità di cura del paziente cardiovascolare sul territorio e, allo stesso tempo, abbia impattato la capacità di quest’ultimo di rispondere in modo tempestivo alle richieste ricevute: per circa il 57% del campione la barriera principale è stata il tempo di attesa per una visita medica, seguito da un aumento del numero di pazienti in cura (37%). Le patologie più colpite da questo “shift di presa in carico” sul territorio riguardano lo scompenso cardiaco, l’ipertensione arteriosa, le aritmie cardiache e le cardiopatie. Un cardiologo ambulatoriale su due chiede maggiore condivisione di informazioni e soprattutto criteri di prioritizzazione del paziente da parte degli specialisti ospedalieri, insieme a un maggiore ricorso a sistemi di monitoraggio remoto. 3 colleghi su 4 chiedono una cartella clinica informatizzata condivisa, con cui favorire l’accesso prioritario dei pazienti più gravi in ospedale”.
“L’Italia non può restare indietro sulla Telemedicina, anche nell’ambito della cardiologia interventistica – sottolinea Tarantini – C’è un sottodimensionamento rispetto al bisogno di salute della popolazione, soprattutto quella anziana e fragile, già così duramente colpita dall’epidemia. Prevenzione è diventata parola impronunciabile. Già in epoca pre-Covid avevamo denunciato la disparità di accesso ai trattamenti standard di cura. Lo scorso anno ci siamo impegnati producendo un protocollo Covid poi condiviso dai colleghi di tutto il mondo, abbiamo avanzato le nostre proposte in un Manifesto “Priorità cardio”, abbiamo monitorato l’andamento dell’attività somministrando survey in tutte le Emodinamiche”.
“Il GISE ha fatto la sua parte, nell’interesse superiore del paziente – continua Tarantini – Adesso è il momento di fare rete, attivare un cross-talk Ospedale-Territorio, facendoli dialogare attraverso la cartella sanitaria unica informatica. Solo grazie a un efficiente flusso informativo potremo intervenire in maniera tempestiva sulle problematiche di salute cardiovascolare delle persone, che siano o meno in lista d’attesa per una procedura interventistica”.
“Il Piano Cardiologico di ripartenza nazionale deve considerare la maggiore sicurezza ed efficacia dell’approccio percutaneo rispetto a interventi che richiedono intubazione e che presentano un rischio maggiore di complicanze e deve classificare come indifferibili le procedure su patologie strutturali cardiache, come il trattamento della stenosi aortica severa, del rigurgito mitralico e la chiusura di auricola sinistra. Esistono le tecnologie, esistono le risorse del Recovery Fund, esiste la possibilità di salvare vite. Mutuando le parole dal titolo del Thinkheart 2021, dobbiamo solo connecting the dots, collegare i punti. Ne emergerà il ritratto della salute. Quella del cuore dell’Italia”, conclude Tarantini.