Firenze, 8 febbraio 2024 – Dal 9 al 10 febbraio 2024 si svolgerà presso il Palazzo dei Congressi di Firenze la 3a Conferenza Nazionale del Club delle UTIC ANMCO, un convegno dedicato ai cardiologi e a tutti gli specialisti ed i professionisti delle aree critiche ospedaliere che nel corso di questi tre anni si è consolidato come l’evento più atteso dell’ambito della Cardiologia di Area Critica.
Questo appuntamento si conferma un momento di grande importanza per la crescita culturale di tutti i professionisti ospedalieri impegnati nell’area dell’emergenza-urgenza cardiovascolare e fa parte di un più ampio progetto strategico finalizzato a favorire una progressiva crescita delle competenze clinico-assistenziali di tutti i medici e gli infermieri che già lavorano nelle UTIC, ovvero nelle aree critiche del Servizio Sanitario Nazionale.
In questa edizione molte novità tra cui la possibilità di fruire delle ‘palestre’ che sono state tra le sessioni partecipatissime nell’ambito del Congresso Nazionale ANMCO. Obiettivo dichiarato del Club delle UTIC ANMCO è quello di formare una solida rete di professionisti della salute che interagiscano attivamente per ridefinire standard, buone pratiche, finalità e prospettive della medicina cardiovascolare dell’Area Critica.
Il risultato atteso per i partecipanti alla 3a Conferenza Nazionale del Club delle UTIC e ai programmi del Club delle UTIC è di formare specialisti in grado di stratificare precocemente e trattare i diversi fenotipi di shock, le sindromi coronariche acute complesse, l’insufficienza cardiaca acuta e tutte le condizioni di alta complessità come la sindrome post arresto cardiaco, la disfunzione del ventricolo destro, l’ipertensione polmonare, le aritmie con compromissione emodinamica, la multi-organfailure.
Il dott. Fabrizio Oliva – Presidente ANMCO e Direttore Cardiologia 1 Ospedale Niguarda di Milano ha dichiarato: “La Conferenza Nazionale del Club delle UTIC costituisce una ineludibile occasione di confronto, discussione ed approfondimento volta all’innovazione della medicina cardiovascolare nell’emergenza-urgenza. In questo contesto vari esperti si confronteranno per ottimizzare i percorsi dei pazienti in modo da offrire la cura giusta al momento giusto e garantire l’equità di accesso. Tra i diversi temi trattati parleremo di scompenso cardiaco, una malattia grave, che si stima colpisca il 2% della popolazione generale nei paesi sviluppati”.
“Questa patologia è gravata da una elevata mortalità e da un elevato rischio di ospedalizzazioni, peraltro caratterizzate da numerosi giorni di degenza – prosegue Oliva – Le previsioni sull’andamento dei prossimi anni non sono rosee: si stima che a 5 anni dalla diagnosi il 50% dei pazienti sarà deceduto e nei prossimi anni anche le ospedalizzazioni aumenteranno del 50%. Si stima inoltre che circa il 25-30% dei pazienti dimessi possano essere nuovamente riospedalizzati entro un mese dalla dimissione”.
“In sintesi – spiega il dott. Oliva – sulla scorta di analisi eseguite in varie regioni di Italia possiamo dire che per quanto attiene l’epidemiologia la prevalenza dello scompenso cardiaco è in aumento con importante percentuale nella fascia di età sopra gli 80 anni, dove si nota una prevalenza di oltre il 20%; l’incidenza è in lieve riduzione stimata intorno al 2-3 per mille; i ricoveri rappresentano un numero importante, attualmente al primo posto come DRG. Riguardo l’incidenza vi sono alcune difficoltà a rilevarla in quanto i dati si basano sui dati dei DRG e quindi vengono considerati solamente i ricoveri ospedalieri e non le nuove diagnosi eseguite in ambulatorio da un lato e dall’altro a volte la compilazione dei DRG non è sempre corretta. In genere la degenza media di un ricovero per scompenso cardiaco è di 9.5-10 gg”.
“Per quanto riguarda i costi – continua il dott. Oliva – si può tranquillamente affermare che l’assorbimento di risorse maggiore è rappresentato dai ricoveri ospedalieri; il costo senza ricoveri è molto più basso anche se vengono utilizzati farmaci nuovi e di maggior costo. L’episodio ricovero ospedaliero è inoltre un evento che ha una importante ricaduta sulla prognosi del paziente e ne determina una riduzione di sopravvivenza nel medio termine. È dunque imperativo sfruttare l’evento ricovero per migliorare l’inquadramento ed il trattamento del paziente con ricerca approfondita di cause potenzialmente reversibili, miglioramento della terapia farmacologica in termini qualitativi e quantitativi e arrivare ad una presa in carico del paziente da parte del sistema una volta dimesso. Una quota di pazienti dovrà poi essere considerato per programmi alternativi come ad esempio quello di una sostituzione cardiaca se indicato. Queste valutazioni devono essere eseguite da personale esperto perché il rischio è di riferire ai centri terziari il paziente troppo tardi”.
La 3a Conferenza Nazionale del Club delle UTIC ANMCO, sarà anche l’occasione per rappresentare i tratti salienti delle principali novità in tema di gestione e trattamento delle sindromi coronariche acute (SCA), che rappresentano ancora oggi una delle maggiori cause di morte a livello globale.
La prof.ssa Serafina Valente – Direttore Cardiologia dell’Azienda ospedaliero-universitaria Senese – ha sottolineato: “L’importanza di questo evento per discutere di temi importanti quali lo shock cardiogeno e l’arresto cardiaco, è di sensibilizzare i giovani cardiologi sull’importanza di lavorare in team e di rafforzare la Rete clinica, culturale e di ricerca tra le UTIC ANMCO Italiane, con il costante obiettivo di migliorare la qualità dell’assistenza e la continuità formativa dei cardiologi di Area critica”.
“Le linee guida della Società Europea di Cardiologia hanno finalmente riunito in un unico documento tutte le forme di sindromi coronariche acute (SCA) ed hanno ridefinito e tracciato un vademecum per la gestione delle complicanze dell’infarto – prosegue Valente – Di certo hanno considerato come tema centrale la prevenzione secondaria, focalizzando l’attenzione su quella condizione di “rischio residuo cardiovascolare” di cui il cardiologo clinico deve necessariamente interessarsi in maniera attenta al fine di evitare recidive e progressione di patologia aterosclerotica. Tutto ciò per ridefinire e meglio gestire il paziente con SCA nelle UTIC al fine di migliorare prognosi e qualità di vita della popolazione. Alcuni pazienti hanno sintomi lievi mentre altri diventano critici molto rapidamente, ciò nonostante, in buona parte la loro gestione segue gli stessi principi”.
“Le linee guida della Società Europea di Cardiologia oltre alle indicazioni riguardanti il miglior iter diagnostico da mettere in atto nei singoli casi, offrono importanti indicazioni in merito al trattamento di queste condizioni. Molta importanza è data anche alla gestione a lungo termine dei pazienti, notoriamente ad alto rischio di recidive. Si sottolinea infine che i pazienti dovrebbero essere inseriti in un programma di riabilitazione cardiologica poiché diversi studi evidenziano come il rischio di eventi cardiovascolari rimanga elevato fino a 5 anni dall’evento. I pazienti reduci da sindrome coronarica acuta costituiscono dunque la priorità assoluta per interventi farmacologici e non farmacologici in prevenzione secondaria. Sono spesso pazienti che necessitano di continuità assistenziale per seguire correttamente le terapie poiché l’inadeguatezza dell’aderenza terapeutica è una delle cause principali di riammissione ospedaliera e i dati evidenziano che hanno una prognosi migliore a lungo termine i pazienti che dopo la dimissione vanno in riabilitazione”, conclude la prof.ssa Valente.