Milano, 27 ottobre 2020 – Sono sia adulti sia bambini i primi pazienti che sono stati operati all’IRCCS Policlinico San Donato con una nuova tecnologia che regola la temperatura del sangue durante la circolazione extracorporea, necessaria agli interventi cardiochirurgici, senza l’impiego di acqua, eliminando così l’ambiente in cui può annidarsi il Mycobacterium chimaera.
Il Mycobacterium chimaera, identificato nel 2004, è normalmente diffuso in natura, soprattutto nell’acqua potabile, e in genere non rappresenta un pericolo per la salute. Tuttavia, casi invasivi di M. chimaera sono stati identificati in Europa e in USA a partire dal 2014, proprio in associazione all’utilizzo dei dispositivi di raffreddamento/riscaldamento (Heater-Cooler Devices o HCD) necessari a regolare la temperatura del sangue durante gli interventi cardiochirurgici.
Il contagio avviene nella maggior parte dei casi per contaminazione dei pazienti tramite aerosol, ovvero tramite la diffusione nell’ambiente della sala operatoria del batterio, annidato nelle riserve d’acqua dei dispositivi di raffreddamento/riscaldamento del sangue.
Il periodo di incubazione del M. chimaera è molto lungo: i sintomi possono manifestarsi in un range di tempo che va dai 3 ai 72 mesi dall’esposizione e sono aspecifici (affaticamento, febbre, dimagrimento), rendendo difficile la ricostruzione della fonte di esposizione comune a diversi casi. Anche se il contagio da M. chimaera rappresenta un’evenienza molto rara, si tratta di un’infezione per la quale non esiste una terapia specifica e il cui tasso di mortalità tra i contagiati è di circa il 50%.
“L’infezione correlata al M. chimaera è un problema delle cardiochirurgie in tutto il mondo – spiega Marco Ranucci, Responsabile dell’Unità di Anestesia e Terapia Intensiva Cardiovascolare dell’IRCCS Policlinico San Donato – il nostro gruppo di anestesisti e perfusionisti ha contribuito alle nuove linee guida europee per la sicurezza delle sale operatorie, stilate nel 2019, che hanno portato gli scambiatori di calore fuori dal campo operatorio proprio per ridurre il rischio di contagio. Abbiamo iniziato quindi con estremo interesse a testare, nel contesto di una collaborazione scientifica con l’azienda produttrice, questa nuova generazione di apparecchi, riscontrando che la loro performance ci garantisce le stesse prestazioni in termini di efficienza, rapidità e risultati, anche in interventi ‘estremi’, senza alcun impatto sulla nostra attività in sala o su quella dei colleghi cardiochirurghi. La complessità dei casi affrontati nella nostra struttura, sia nei pazienti adulti sia nei bambini, sta consentendo di verificare le potenzialità di questa tecnologia”.
In Quantum Heater-Cooler – questo il nome del nuovo dispositivo – la variazione della temperatura avviene tramite un gel a base di glicole che trasferisce il calore o il freddo al circuito di perfusione del paziente tramite degli scambiatori di calore sterili e monouso, disponibili sia per pazienti adulti sia per bambini.
Nelle ultime settimane Quantum Heater-Cooler è stato applicato in contesti particolarmente complessi: ha assistito il dottor Carlo de Vincentiis, responsabile della Cardiochirurgia Adulti, in un intervento che necessitava dell’arresto del circolo sistemico e di ipotermia a 25°. Era la prima volta che tale dispositivo veniva utilizzato per eseguire tale tipo di perfusione che necessita di un’importante variazione della temperatura corporea.
La paziente, una donna di 49 anni, già operata nel 2008 per una dissezione aortica che aveva comportato la sostituzione dell’aorta ascendente, è stata sottoposta alla sostituzione chirurgica sia dell’arco aortico sia della prima porzione dell’aorta toracica, ulteriormente dilatata: l’operazione è stata possibile grazie all’arresto circolatorio e alla perfusione selettiva delle sole arterie cerebrali – per conservare un’adeguata protezione del cervello – seguiti da una graduale ripresa della normotermia e dalla riperfusione degli organi.
Una decina i pazienti con cardiopatie congenite operati dal team guidato dal dottor Alessandro Giamberti, responsabile delle Unità di Cardiochirurgia Pediatrica e Cardiochirurgia dei Congeniti Adulti: il più piccolo, di soli 4 mesi, affetto da tetralogia di Fallot, è stato dimesso nei giorni scorsi per tornare in Sicilia, la sua regione d’origine.
“Questi primi pazienti sono stati dimessi dopo un decorso post operatorio privo di complicanze. L’esperienza nell’utilizzo di tale dispositivo è stata sicuramente positiva, corroborata dal fatto che hanno lasciato il nostro ospedale senza il rischio, seppur minimo, di aver contratto un’infezione che si può manifestare anche a distanza di anni dall’intervento. Auspichiamo che nel prossimo futuro l’impiego di questo tipo di supporti possa diventare di routine nel nostro centro e in tutte le cardiochirurgie”, concludono Carlo de Vincentiis e Alessandro Giamberti.