Lo studio clinico, coordinato da Shelley Hwang del Duke University Medical Center, ha proposto una terapia ormonale preoperatoria con 2,5 mg al giorno di Letrozolo, un farmaco che blocca l’effetto degli estrogeni, a donne in menopausa con diagnosi di DCIS. I risultati sul Journal of Clinical Oncology
Milano, 4 marzo 2020 – Secondo i risultati di uno studio americano alcune donne in menopausa con una diagnosi di carcinoma duttale in situ (DCIS) potrebbero in futuro evitare la chirurgia e la radioterapia optando per il solo trattamento farmacologico orale.
A suggerirlo sono i risultati di uno studio clinico coordinato da Shelley Hwang del Duke University Medical Center, pubblicati oggi sul Journal of Clinical Oncology, una delle massime riviste oncologiche mondiali [1].
Lo studio ha proposto una terapia ormonale preoperatoria con 2,5 mg al giorno di Letrozolo, un farmaco che blocca l’effetto degli estrogeni, a donne in menopausa con diagnosi di DCIS. La loro neoplasia doveva essere positiva per il recettore ormonale degli estrogeni e considerata a basso rischio di recidiva. Dopo 6 mesi di trattamento orale, queste pazienti sono state comunque operate, ma nel 15% dei casi non c’era più evidenza di malattia residua.
Nell’editoriale che accompagna l’articolo [2] spiegano l’importanza di questo studio gli autori Matteo Lazzeroni della Divisione di Prevenzione e Genetica Oncologica dell’Istituto Europeo di Oncologica di Milano, diretta da Bernardo Bonanni, e Andrea DeCensi dell’U.O. Complessa di Oncologia Medica dell’Ospedale Galliera di Genova:
“Questo studio è il primo che valuta l’effetto della terapia ormonale per i DCIS ormonoresponsivi, supportando sia la rilevanza che la fattibilità di studi futuri sulla sola terapia farmacologica a lungo termine come possibile trattamento elettivo per i DCIS al posto della chirurgia. Una terapia ormonale a basse dosi è sicuramente una strategia promettente e rappresenta un importante passo avanti nello sviluppo di misure efficaci per la riduzione del rischio di cancro al seno, in primis per il suo migliore profilo di tossicità.
“Recentemente, un aggiornamento delle linee guida americane (ASCO) ha giudicato il farmaco tamoxifen, un altro antiormone, assunto a basse dosi (5 mg / die), una valida opzione per le donne con neoplasie in situ della mammella: questo aggiornamento si basa sui risultati di uno studio italiano, in cui il tamoxifen a un quarto della dose standard per soli tre anni (contro i normali 5 anni) ha dimostrato di ridurre del 50% il rischio di recidiva della malattia mammaria, senza effetti collaterali importanti [3].
“A parte il problema della dose ottimale da proporre, i dati riportati dallo studio della prof.ssa Hwang con letrozolo sono molto incoraggianti e rappresentano un importante passo avanti nello sviluppo di strategie meno invasive per la riduzione del rischio di cancro al seno. L’approccio farmacologico alternativo alla chirurgia è attualmente adottato negli Stati Uniti per altre precancerosi mammarie (iperplasia duttale atipica e neoplasia lobulare in situ), ma non lo è ancora in Europa. Nelle suddette precancerosi un attento monitoraggio clinico-radiologico è associato ad una terapia farmacologica con tamoxifen.
“Al momento ci sono altri due studi di terapia farmacologica elettiva nei DCIS attualmente in corso. Attendiamo con molto interesse anche i loro risultati”, concludono i due ricercatori italiani.
[1] Hwang ES, Hyslop T, Hendrix LH, et al. Phase II single-arm study of preoperative letrozole for estrogen Receptor–Positive postmenopausal ductal carcinoma in situ: CALGB 40903 (alliance). JCO. 2020:JCO.19.00510.
[2] Lazzeroni M, DeCensi A. De-escalating treatment of low-risk breast ductal carcinoma in situ. JCO. 2020:JCO.20.00124.
[3] DeCensi A, Puntoni M, Guerrieri-Gonzaga A, et al. Randomized placebo controlled trial of low-dose tamoxifen to prevent local and contralateral recurrence in breast intraepithelial neoplasia. J Clin Oncol. 2019;37(19):1629-1637