Colpisce soprattutto i lavoratori all’aperto, esposti ai raggi solari. Provoca lesioni spesso deturpanti. Oltre il 90% guarisce ma circa il 5% sviluppa la forma avanzata, molto aggressiva. Indispensabili progetti di informazione sui danni delle radiazioni UV fin dall’infanzia. Presentato il Libro Bianco sulla neoplasia, realizzato dall’associazione di pazienti A.I.Ma.Me.
Roma, 1 dicembre 2020 – Uomo, over 60, ha trascorso gran parte della sua attività lavorativa all’aperto, esposto ai raggi solari senza protezioni. È l’identikit del paziente colpito da carcinoma della cute a cellule squamose, che interessa ogni anno, in Italia, circa 19.000 cittadini. È il secondo tumore della pelle per incidenza, dopo il basalioma (64.000), ma ancora poco conosciuto, nonostante abbia un impatto notevole sul sistema sanitario nazionale con costi diretti (per la gestione e i trattamenti) che raggiungono quasi 26 milioni di euro ogni anno.
Risorse che potrebbero essere risparmiate investendo in campagne di prevenzione, rivolte sia ai più giovani che agli adulti, soprattutto a coloro che sono chiamati a svolgere professioni all’aperto. E, per sensibilizzare i cittadini e dare voce ai pazienti, A.I.Ma.Me. (Associazione Italiana Malati di Melanoma e Tumori della Pelle) ha realizzato il Libro Bianco sulla patologia, presentato oggi in un convegno virtuale.
“Il carcinoma a cellule squamose rappresenta circa il 20% delle neoplasie cutanee – afferma Paola Queirolo, Direttore Divisione Melanoma, Sarcoma e Tumori rari all’Istituto Europeo di Oncologia di Milano – È più frequente negli uomini rispetto alle donne, con un rapporto di 3 a 1. Nel 90% dei casi, il tumore insorge su aree anatomiche cronicamente esposte ai raggi ultravioletti, quali il viso, in particolare il labbro inferiore, le orecchie, il naso, la guancia e la palpebra, oltre al dorso delle mani e degli avambracci e al cuoio capelluto nelle persone calve. Le lesioni quindi sono evidenti, oltre che dolorose e deturpanti”.
“La regione testa-collo è il sito preferenziale negli uomini, mentre gli arti superiori seguiti dalla testa-collo sono più comuni nelle donne – prosegue Queirolo – La chirurgia, nella maggior parte dei casi, è in grado di portare a guarigione. Infatti la sopravvivenza a lungo termine è buona, con oltre il 90% di pazienti radicalmente operati liberi da malattia a 5 anni dalla diagnosi. Vi è, però, una percentuale, pari a circa il 5-7%, con malattia più aggressiva che, dopo la chirurgia, ricade a livello locoregionale o con metastasi a distanza”.
“Evitare l’eccessiva esposizione ai raggi UV, fin da bambini, costituisce la prima indicazione in termini di prevenzione primaria – spiega Ignazio Stanganelli, Presidente IMI (Intergruppo Melanoma Italiano), Direttore del Centro di Dermatologia Oncologica, Skin Cancer Unit dell’IRCCS IRST Istituto Tumori della Romagna e Professore dell’Università di Parma – Prima dei 20 anni, infatti, viene assorbito dal 25% fino all’80% della dose solare accumulata durante tutta la vita. Altri fattori di rischio sono l’età avanzata, la pelle chiara (fototipo I e II) e la condizione di immunosoppressione, che può essere indotta da patologie come l’HIV o da terapie farmacologiche”.
“Un esempio è costituito dai pazienti sottoposti a trapianto, che presentano un rischio di sviluppare carcinoma cutaneo squamocellulare da 65 a 250 volte maggiore rispetto alla popolazione generale, proprio a causa dei farmaci immunosoppressivi utilizzati per evitare il rigetto dell’organo trapiantato – continua Stanganelli – La diagnosi precoce, che si deve avvalere dell’impiego della dermatoscopia nel corso di una visita dermatologica, unita ad una tempestiva rimozione chirurgica del tumore, assicurano la guarigione nella maggioranza dei pazienti”.
“La dermatoscopia è una tecnica diagnostica non invasiva che permette uno studio delle caratteristiche morfologiche dell’epidermide e del derma papillare, non visibili a occhio nudo – sottolinea Ketty Peris, Presidente SIDeMaST (Società Italiana di Dermatologia medica, chirurgica, estetica e delle Malattie Sessualmente Trasmesse) – Può essere utilizzata anche nella gestione della patologia: dalla valutazione preoperatoria al monitoraggio dell’esito della terapia, fino alle visite di controllo. Circa il 75% delle recidive si presenta entro 2 anni e il 95% entro 5 anni dalla diagnosi iniziale. Pertanto i pazienti devono essere sottoposti a frequenti visite di monitoraggio, anche perché è stato stimato che circa il 30-50% sia a rischio di sviluppare un secondo tumore cutaneo a cellule squamose entro 5 anni dal primo. Inoltre, vanno considerati fattori come l’immunosoppressione: in questi pazienti i tumori mostrano una crescita più rapida, un aumento della probabilità di recidive locali e un rischio di metastasi aumentato da 5 a 10 volte”.
“Pescatori, agricoltori e giardinieri sono alcune delle categorie professionali più colpite – afferma Giovanna Niero, Presidente A.I.Ma.Me. – Il carcinoma cutaneo a cellule squamose interessa soprattutto il volto, il collo, le mani e le braccia e provoca un profondo squarcio, anche da un punto di vista psicologico. La malattia può essere esteticamente invalidante e il paziente, molto spesso anziano, si vergogna di esporsi, arrivando tardi alla diagnosi. Talvolta, la voce dei malati arriva attraverso quella dei figli o dei nipoti. Ma un grido di aiuto giunge anche dai giovani immunodepressi, in cura per l’HIV o per altre patologie che favoriscono l’immunodepressione. La diagnosi precoce permette in molti casi la guarigione, con una buona qualità della vita. Con il Libro Bianco vogliamo migliorare il livello di consapevolezza sulla malattia e dare voce a tutti i pazienti”.
Si stima che, in Italia, siano circa 600 all’anno le nuove diagnosi localmente avanzate (320) o metastatiche (280).
“Sono le forme più difficili da trattare – spiega Claudia Trojaniello, oncologa dell’Istituto Nazionale dei Tumori IRCCS Fondazione G. Pascale di Napoli – Il percorso diagnostico-terapeutico e assistenziale della malattia avanzata dovrebbe sempre prevedere un approccio multidisciplinare e la stretta collaborazione di un team che include dermatologo, anatomopatologo, chirurgo, radioterapista e oncologo medico. Finora, non vi erano terapie in grado di modificare il decorso della malattia avanzata e le strategie disponibili, chemioterapia e terapia mirata, avevano un intento puramente palliativo, con l’obiettivo principale di tenere sotto controllo il tumore e migliorare la qualità di vita, diminuendo i sintomi, ma senza impattare sulla sopravvivenza. A maggio 2020, l’Agenzia Italiana del Farmaco ha stabilito la rimborsabilità di cemiplimab, il primo farmaco immunoterapico per le forme avanzate. Una vera e propria svolta nel trattamento grazie a risposte rapide, profonde e durature e a un’elevata tollerabilità che rende l’immunoterapia adatta anche agli anziani”.
“I farmaci immunoterapici hanno dimostrato una particolare efficacia nei tumori che presentano un alto carico mutazionale, che equivale a un elevato numero di rotture della catena DNA – sottolinea Giuseppe Palmieri, Direttore Unità di Genetica dei Tumori, Istituto di Ricerca Genetica Biomedica (IRGB), Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) Sassari – Il carcinoma cutaneo a cellule squamose è caratterizzato dal più alto tasso di mutazioni rispetto a qualsiasi altro tipo di neoplasia: oltre 5 volte in più rispetto al carcinoma polmonare e 4 volte in più rispetto al melanoma. Attraverso l’accumulo di queste mutazioni, di solito in risposta al danno della luce ultravioletta, un’area cutanea può progredire attraverso l’aumento dei livelli di displasia e trasformarsi in un carcinoma cutaneo a cellule squamose. Tutto ciò ha aperto la strada alla sperimentazione dell’immunoterapia nei pazienti con malattia avanzata”.