Roma, 20 novembre 2020 – L’Italia deve essere protagonista e partecipare con forza alle Call to action promosse dall’Organizzazione mondiale della Sanità e da Ecco (European Cancer Organization) per cancellare il tumore della cervice uterina (e tutti quelli Hpv correlati) entro il 2030. Il 17 novembre l’OMS ha lanciato ufficialmente la strategia di eliminazione del cancro al collo dell’utero, che si pone l’obiettivo di ridurre, entro il 2050, di oltre il 40% i nuovi casi di malattia e di 5 milioni i decessi.
Si tratta di un momento storico: per la prima volta i 194 Paesi membri dell’Organizzazione si impegnano a eliminare una forma di cancro. L’Europa può svolgere un ruolo chiave in questo processo, assumendone la leadership e spingendosi oltre, ponendosi l’obiettivo di eliminare tutti i tumori causati dall’HPV: è quanto proposto recentemente dall’European Cancer Organization (ECCO), indicando un piano di intervento articolato su quattro punti (prevenzione attraverso programmi di vaccinazione universale, screening precoci attraverso l’HPV-DNA test, migliori trattamenti, crescita della sensibilizzazione ed educazione sul tema dei tumori HPV-correlati).
L’obiettivo da raggiungere il 90% delle quindicenni immunizzate, il 70% delle donne con uno screening HPV-DNA test effettuato entro i 35 anni, e ancora, entro i 45, il 90% delle donne con lesioni precancerose o cancro della cervice siano in trattamento.
È questo l’appello lanciato nel corso di una conferenza stampa virtuale (Eliminazione dei Tumori HPV-correlati. Le risposte dell’Italia alle Call To Action di OMS ed ECCO) dall’AIOM, dal Presidente della Mission Board for Cancer della Commissione Europea Walter Ricciardi e da rappresentanti delle Istituzioni, dopo la decisione dell’assemblea generale dell’Organizzazione di lanciare una mobilitazione planetaria.
Tuttavia, secondo i dati più recenti diffusi dal Ministero della Salute, solamente il 60% delle ragazze che rientrano nel target primario del programma di immunizzazione risulta protetto contro i tumori correlati all’HPV, e soltanto una donna su due ha eseguito il Pap-test o HPV-DNA test, aderendo ai programmi di screening organizzato nelle diverse Regioni.
Nonostante in Italia siano pienamente disponibili e gratuiti i programmi di prevenzione primaria e secondaria, e ci sia completo accesso a tutti i trattamenti, ancora il 32% delle pazienti non sopravvive a cinque anni dalla diagnosi.
“L’Italia deve rispondere a queste sollecitazioni e come oncologi siamo pronti a fare la nostra parte – afferma Saverio Cinieri, Presidente Eletto dell’Associazione Italiana Oncologia Medica (AIOM) – Da molti anni è ormai noto e dimostrato il legame tra il Papilloma Virus e alcune forme di cancro. È responsabile, solo nel nostro Paese, di oltre 6.500 nuove diagnosi l’anno di tumori non solo alla cervice uterina (2.400 l’anno) ma anche dell’ano, oro-faringe, pene, vagina e vulva. Sono tutte patologie facilmente prevenibili attraverso i programmi di prevenzione primaria e secondaria, disponibili gratuitamente e attivi da molti anni su tutto il territorio nazionale: deve essere una priorità dell’intero sistema sanitario riuscire ad aumentarne l’adesione. Troppi uomini e donne sono ancora esposti al rischio evitabile di gravi malattie oncologiche. Oltre il 75% delle donne sessualmente attive si infetta nel corso della propria vita con il Papilloma Virus. Non tutti questi contagi determinano un tumore, ma il rischio oncogeno aumenta, così come le possibilità di trasmettere l’agente patogeno durante i rapporti”.
Negli ultimi anni, nazioni extra-europee hanno annunciato e reso operativi piani d’azione per ridurre fortemente l’incidenza del cancro alla cervice uterina. In particolare, è previsto che nel 2035 l’Australia sarà il primo al mondo ad aver eliminato la neoplasia grazie ai tempestivi interventi delle autorità sanitarie di Canberra.
“È un modello vincente che dobbiamo prendere ad esempio – prosegue Walter Ricciardi, Presidente della Mission Board for Cancer della Commissione Europea – Nonostante i dati non siano ancora ottimali, le politiche di prevenzione già attive in Italia hanno creato le condizioni favorevoli perché il nostro Paese sia il primo in Europa a poter raggiungere gli obiettivi fissati dall’OMS. Bisogna però tener conto delle emergenze socio-sanitarie legate alla pandemia: la situazione che stiamo vivendo sta in parte compromettendo il sistema di prevenzione oncologica che abbiamo istituito negli ultimi anni. Il Covid-19 ha dimostrato come sia ancora più necessaria una programmazione tempestiva e adeguata per limitare il più possibile patologie gravi”.