Senza lipidi le cellule tumorali non sono in grado di proliferare. Questa scoperta, frutto del lavoro di un team di ricercatori dell’Istituto Oncologico di Ricerca – IOR, dell’Università della Svizzera Italiana e dell’Università degli Studi di Padova, apre nuovi e inattesi scenari nella terapia del cancro. Risultati pubblicati sulla prestigiosa rivista Nature Genetics
Padova, 15 gennaio 2018 – Per anni, numerosi scienziati hanno cercato di comprendere i meccanismi alla base della proliferazione delle cellule tumorali. Come una macchina ha bisogno di benzina e/o elettricità per muoversi, le cellule tumorali hanno bisogno di metaboliti per crescere e proliferare. Il problema è che fino ad oggi non si conosceva di quali metaboliti la cellula tumorale avesse effettivamente bisogno.
Oggi, un team di ricercatori dell’Istituto Oncologico di Ricerca (IOR), dell’Università della Svizzera Italiana e dell’Università degli Studi di Padova, guidato dal prof. Andrea Alimonti ha identificato uno dei meccanismi alla base di questo processo pubblicando i risultati nella prestigiosa rivista Nature Genetics.
“Per anni si è creduto che le cellule tumorali avessero bisogno di aumentare il loro consumo di glucosio escludendo il metabolismo del mitocondrio per supportare la loro crescita, una scoperta fatta oltre un secolo fa da Otto Warburg – dice il prof. Alimonti, professore afferente al Dipartimento di Medicina e al VIMM di Padova – Il mitocondrio è un organello che produce energia necessaria alla sopravvivenza della cellula, funzionando come una sorta di centrale elettrica. Abbiamo scoperto che le cellule del tumore prostatico hanno bisogno del mitocondrio non perché questo produce energia ma perché regola uno specifico processo metabolico. In particolare il mitocondrio è in grado di regolare tramite un complesso enzimatico chiamato PDC la sintesi dei grassi (lipidi). Senza la capacità di produrre efficientemente lipidi, le cellule del tumore prostatico non sono infatti in grado di crescere e metastatizzare pur in presenza di un aumentata glicolisi”.
I ricercatori hanno evidenziato come nelle cellule del tumore della prostata l’attività del complesso enzimatico PDC sia 10 volte quella di una cellula normale proliferante. A causa di ciò, le cellule accumulano moltissimi lipidi. Era già noto, in precedenza che una dieta ricca di grassi potesse aumentare il rischio di sviluppare un tumore della prostata e che persone obese fossero più predisposte allo sviluppo di questo tipo di tumore. Tuttavia, il meccanismo attraverso il quale il metabolismo dei lipidi funzionasse come benzina per sostenere la macchina tumorale non era mai stato chiarito in dettaglio.
Questa scoperta apre, quindi, nuovi e inattesi scenari nella terapia del cancro. Fino a poco tempo fa si credeva che bloccare il mitocondrio in una cellula tumorale avrebbe fatto aumentare la capacità di una cellula di proliferare.
La scoperta più interessante del team di ricercatori è, invece, che inibendo l’enzima mitocondriale PDC nelle cellule tumorali, il contenuto dei lipidi scende drammaticamente e le cellule non sono in grado di proliferare. Infatti, i lipidi sono necessari affinché la membrana cellulare sia intatta e la cellula possa dividersi efficientemente.
“Abbiamo individuato un numero di composti in grado di inibire selettivamente, questo enzima senza danneggiare le cellule normali – spiega Alimonti – Questi composti sono in grado di bloccare la crescita tumorale in diversi modelli sperimentali e non è escluso che nel futuro troverò in clinica composti in grado di affamare le cellule tumorali bloccando l’enzima PDC. Infatti, alcune compagnie negli Stati Uniti stanno intraprendendo questa strada e inibire il metabolismo dei tumori sembra oggi una strategia terapeutica più percorribile che in passato”.
La ricerca è stata possibile grazie al contributo di un valente collaboratore del gruppo del prof. Alimonti, il Dr. J. Chen primo nome nel lavoro appena uscito su Nature Genetics. Alla ricerca hanno anche contribuito numerosi collaboratori fra cui il Dr. A. Cavalli di IRB, la Dr.ssa M. Montopoli di Padova ed altri centri di ricerca Svizzeri, Spagnoli e Inglesi. La ricerca è stata possibile grazie al contributo finanziario di ERC, Fondo Nazionale Svizzero, Fondazione IBSA, Fondazione Horten e fondazione J Steiner.