Su Nature Communications studio su bisogno di raffrescamento e consumi elettrici nei prossimi 20 anni in quattro economie emergenti: India, Brasile, Messico e Indonesia
Venezia, 9 novembre 2021 – La diffusione capillare dei condizionatori nelle case private di tutto il pianeta è sul punto di diventare una nuova emergenza climatica, complicando di molto la necessaria riduzione delle emissioni in atto in tutti paesi. Nonostante la crescita del reddito delle famiglie nelle economie emergenti, centinaia di milioni di persone non saranno in grado di potersi permettere l’acquisto di un condizionatore, necessario per affrontare temperature sempre più alte e ondate di calore in aumento.
Una nuova ricerca rivela che in meno di 20 anni, tra 64 e 100 milioni di famiglie in India, Brasile, Messico e Indonesia non saranno in grado di soddisfare il loro fabbisogno di raffrescamento degli ambienti in cui vivono, trovandosi in una situazione di potenziale disagio termico. Questo sarà particolarmente evidente negli stati con alti livelli di urbanizzazione, climi caldi e umidi, o in difficili condizioni economiche.
Lo studio, pubblicato oggi su Nature Communications e guidato da Enrica De Cian – professoressa di Economia ambientale presso l’Università Ca’ Foscari Venezia e Scientist alla Fondazione CMCC – Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici – analizza i fattori cruciali che guidano l’emergente corsa globale al raffrescamento, valutandone le conseguenze nei prossimi 20 anni.
La ricerca, finanziata dal Consiglio Europeo della Ricerca (ERC), fornisce la prima analisi comparativa di come il clima e le caratteristiche delle famiglie, tra cui il reddito, guidino l’acquisto di impianti per l’aria condizionata in quattro economie emergenti: Brasile, India, Indonesia, e Messico.
In questi paesi, ci sarà un vero e proprio boom dell’aria condizionata nei prossimi 20 anni: nel 2040, ne sarà provvisto l’85% delle famiglie in Brasile, il 69% in India, il 61% in Indonesia e il 53% in Messico. Questo porterà ad un aumento importante dei consumi di elettricità delle famiglie, che triplicherà in India e Indonesia, e quasi raddoppierà in Messico e Brasile.
Il vertiginoso aumento del numero di condizionatori installati nelle case si verificherà per tutti gli scenari socio-economici e climatici considerati dalla ricerca, e la grande domanda di energia che ne consegue porterà ad importanti e nuove emissioni di CO2. Saranno necessari altri sforzi di ricerca per valutare le potenziali conseguenze ambientali di questo circolo vizioso.
Cosa determina l’utilizzo di aria condizionata
Studi precedenti, che omettevano le caratteristiche complete dei nuclei familiari, hanno spesso sovrastimato il ruolo del reddito e dei cambiamenti climatici nelle proiezioni del futuro utilizzo dell’aria condizionata.
“Non è solo una questione di cambiamenti climatici o di livelli di benessere, che sappiamo essere entrambi in aumento. I nostri risultati suggeriscono che i modelli di adozione dell’aria condizionata sono determinati da molteplici fattori, che hanno pesi diversi per i vari paesi”, spiega Enrica De Cian.
Nelle economie emergenti, la decisione di dotarsi di aria condizionata in risposta alle temperature in aumento è fortemente legata alle caratteristiche socio-economiche e demografiche dei nuclei familiari. Oltre al reddito, ciò che davvero influenza la decisione di acquistare un condizionatore sono: le condizioni abitative, il livello di istruzione, l’occupazione, il genere, l’età del capofamiglia e il fatto di vivere o meno in aree urbane.
Una tattica di adattamento costosa e diseguale
La domanda effettiva e potenziale di aria condizionata dovrebbe essere considerata in senso più ampio, come un indicatore approssimativo delle esigenze di comfort termico. Questo è anche il significato più ampio del nuovo concetto di “adaptation cooling gap” definito dallo studio. Consideriamo per esempio lo stato di Rio de Janeiro. Esso passa da una situazione caratterizzata gradi giorni superiori alla media, ma anche di adozione di AC superiore alla media del Brasile. In futuro invece, i tassi di adozione dell’aria condizionata saranno minori alla media del paese nonostante l’aumento di temperature e di gradi giorni legati a temperature superiori ai 24°C.
“Aumentare l’utilizzo di elettricità per il raffreddamento degli edifici residenziali è una forma di adattamento che aiuta ad alleviare lo stress da calore, ma non è una panacea, poiché la spesa per l’energia elettrica limiterà l’opportunità di accedervi per le famiglie a più basso reddito. Anche coloro che dispongono dell’aria condizionata saranno esposti a nuove condizioni di vulnerabilità legate alla carenza di forniture nel settore energetico, come nella recente esperienza canadese, o alla compromessa stabilità energetica. Ne consegue che è indispensabile gestire la crescente richiesta di raffreddamento degli spazi residenziali utilizzando un mix di misure, politiche e tecnologie per l’efficienza”, afferma Roberto Schaeffer dell’Energy Planning Program dell’Universidade Federal do Rio de Janeiro e co-autore dello studio.
Principali risultati per Paese
In Indonesia e India, che hanno il più alto numero di giorni caldi e umidi, l’uso di condizionatori rispecchia fedelmente i cambiamenti delle condizioni climatiche, tuttavia l’uso effettivo dipende dall’urbanizzazione e dall’accesso all’elettricità.
In India, per esempio, il maggior numero di giorni caldi e umidi si osserva negli stati del Bengala occidentale, Assam, Uttar Pradesh e Orissa, ma non è in questi stati che si registra il più diffuso utilizzo di aria condizionata. E nonostante in Indonesia si registrino i valori più alti di giorni caldi e umidi, raramente le famiglie possiedono condizionatori d’aria, ad eccezione dei quartieri più ricchi di Giacarta e delle isole Riau.
In Brasile, lo stato di Rio de Janeiro mostra tassi di adozione dei condizionatori d’aria relativamente alti, nonostante il minor numero di giorni caldi e umidi annuali rispetto agli stati del nord del Paese, dove l’urbanizzazione è bassa.
In Messico, la percentuale media di proprietà di condizionatori negli stati più caldi è già alta, raggiungendo il 73% nello stato di Sonora o il 77% nello stato di Sinaloa.