A chi non conosce la gravità dell’argomento potrebbe venire in mente, per associazione di idee, il musical americano “Bulli e pupe”, e provare un senso di indulgenza e di giustificazione verso certe particolari condotte.
Ma il bullismo, quello vero, è un’altra cosa. Si tratta di una delle possibili manifestazioni di aggressività messe in atto dai bambini e dagli adolescenti.
Ne parliamo con il colonnello Antonio Carideo, Capo Ufficio Logistico presso la Legione Carabinieri Campania di Napoli.
Colonnello Carideo, quali sono le caratteristiche tipiche che contraddistinguono il bullismo?
Al di là delle singole forme di prepotenza, il bullismo può essere descritto secondo le seguenti caratteristiche generali: l’intenzionalità, il bullo agisce deliberatamente con l’intenzione di offendere, danneggiare o far del male ad un’altra persona; la durata nel tempo, sebbene anche un singolo comportamento possa essere considerato una forma di bullismo, di solito si tratta di atti ripetuti nel tempo e con una certa frequenza; la disuguaglianza tra bullo e vittima, il bullo è quasi sempre più forte della media dei suoi coetanei, al contrario, la vittima è più debole dei suoi pari; il bullo di solito è più grande di età rispetto alla vittima; il bullo quasi sempre è maschio, mentre la vittima può essere indifferentemente maschio o femmina. Ciò significa che esiste una disuguaglianza di forza e di potere, per cui uno dei due sempre prevarica e l’altro sempre subisce, senza riuscire a difendersi; la mancanza di sostegno, la vittima si sente isolata ed esposta, spesso ha molta paura di riferire gli episodi di bullismo perché teme rappresaglie e vendette; infine il danno per l’autostima della vittima, si mantiene nel tempo e induce il soggetto ad un considerevole disinvestimento dalla scuola e ad un progressivo isolamento. Nei casi più gravi si possono avere anche conseguenze nel medio e lungo termine come l’abbandono scolastico e lo sviluppo di patologie legate alla sfera psichica.
Come si manifestano le forme di prevaricazione tipiche del bullo?
Innanzitutto, le manifestazioni di prevaricazione si distinguono in dirette o indirette. Quelle dirette possono essere fisiche e verbali: il bullismo diretto fisico si manifesta in molti modi, per esempio nel picchiare, prendere a calci e a pugni, spingere e appropriarsi degli oggetti degli altri o rovinarli, mentre il bullismo diretto verbale implica azioni come minacciare, insultare, offendere, esprimere pensieri razzisti, estorcere denaro e beni materiali.
Il bullismo indiretto è meno evidente e più difficile da individuare, ma altrettanto dannoso per la vittima. Si tratta di episodi che mirano deliberatamente all’esclusione dal gruppo dei coetanei, all’isolamento e alla diffusione di pettegolezzi e calunnie sul conto della vittima.
Ma non tutte le forme di aggressività possono essere riconducibili alla categoria del bullismo. Per esempio, ci sono atti particolarmente gravi che devono essere considerati dei veri e propri reati, come attaccare un coetaneo con un coltello o con altri mezzi, procurare ferite fisiche gravi e compiere molestie o abusi sessuali o mettere in atto altre condotte antisociali.
Talvolta la nostra società tende a sottovalutare il bullismo, derubricando il fenomeno a una temporanea fase della crescita oppure a un comportamento tipico esclusivamente di quei ragazzini di periferia la cui aggressività nasconderebbe in realtà insicurezze e paure. Ma è davvero così?
Dobbiamo sfatare alcuni luoghi comuni: non è assolutamente vero che i comportamenti da bullo rientrano nella normale crescita di un bambino o di un adolescente, le manifestazioni di prevaricazione e prepotenza sono sempre negative perché utilizzano una posizione di presunta forza o potere per danneggiare o comunque far del male ad un’altra persona; inoltre, il bullo NON è un ragazzo insicuro, ansioso o con una bassa autostima: in realtà chi si comporta da bullo ha un’autostima al di sopra della media dei suoi coetanei e, se viene continuamente confermato nei suoi atti di forza e prepotenza, a lungo andare si convincerà che l’unico modo per avere successo nella vita e per riuscire è quello di prevaricare sugli altri e di comportarsi in modo aggressivo.
È importante sottolineare che i comportamenti da bulli non riguardano solo zone periferiche delle grandi città o appartenenti a classi disagiate o meno abbienti: il fenomeno può interessare tutte le classi socioeconomiche e può manifestarsi sia nei quartieri periferici sia nelle zone residenziali; inoltre, il bullismo non è un problema solo dell’ambiente scolastico, infatti gli atti di bullismo si verificano non solo a scuola ma anche in altri luoghi di aggregazione sociale come i centri sportivi, l’oratorio, etc.
Chi sono gli “attori” coinvolti nel fenomeno del bullismo?
Comunemente quando si pensa al bullismo ci si riferisce soltanto a due tipi di soggetti coinvolti: i bulli e le vittime. In realtà esiste una terza categoria, gli spettatori che, anche se non prendono parte attiva agli atti di prepotenza, assistono e svolgono comunque un ruolo importante nella legittimazione di tali condotte. Consideriamo le singole categorie nel dettaglio.
I bulli mettono in atto le prevaricazioni e si distinguono in dominanti e gregari. Il bullo dominante è più forte della media dei coetanei, ha un forte bisogno di potere, dominio e autoaffermazione, è impulsivo e ha difficoltà a rispettare le regole. Ha una scarsa consapevolezza delle conseguenze delle proprie azioni e non mostra mai sensi di colpa per gli esiti delle prepotenze. Di solito ha un rendimento scolastico nella media ma che con il tempo tende a peggiorare e manifesta abilità particolari nello sport e nelle attività di gioco. Frequentemente è abbastanza popolare soprattutto tra i più piccoli che lo considerato un modello di potere e di forza. I bulli gregari costituiscono un gruppetto di due o tre persone che assumono il ruolo di sobillatori o seguaci del bullo dominante. Di solito non agiscono, ma eseguono gli “ordini” del “capo”. Si tratta di soggetti ansiosi, insicuri, con scarso rendimento scolastico e che a volte sono in grado a mettersi nei panni della vittima.
Le vittime rientrano in due categorie: passiva/sottomessa e provocatrice. La vittima passiva/sottomessa è un soggetto debole, tendenzialmente isolato e incapace di difendersi. Mostra spesso ansia e insicurezza e ha uno scarso senso di autoefficacia perché ha qualche difficoltà nel rendimento scolastico e di solito è poco abile nelle attività sportive e di gioco e quindi tende ad essere emarginato. Non parla con nessuno delle sofferenze e dei torti subiti e tende ad autocolpevolizzarsi. La vittima provocatrice, invece, contrattacca le azioni aggressive dell’altro, anche se in maniera poco efficace. Quindi si tratta di un soggetto che subisce e agisce le prepotenze. Si tratta in genere di un maschio, irrequieto e iperattivo, a volte goffo e immaturo. Assume comportamenti e atteggiamenti che causano tensione nei compagni in generale e a volte anche negli adulti provocando delle reazioni negative a proprio danno.
Gli spettatori: si tratta di bambini e ragazzi che assistono alle prevaricazioni o ne sono a conoscenza e che con il loro comportamento possono favorire o frenare il dilagare del fenomeno.
Il bullismo è quindi un fenomeno di gruppo che coinvolge la totalità dei soggetti, che possono assumere diversi ruoli: sostenendo il bullo, difendendo la vittima o mantenendosi neutrali.
Colonnello Carideo, quali consigli ci può dare per prevenire il fenomeno del bullismo?
Si è portati a pensare che stare alla larga da certa gente sia l’unico modo per non avere problemi: naturalmente non conviene cercare la compagnia di ragazzi che si comportano in modo particolarmente prepotente, ma non bisogna neanche “fare lo struzzo”, cioè far finta di non vedere quando un compagno viene preso da mira dai bulli di turno. A chi ritiene che la vittima debba imparare a difendersi da sola, voglio ricordare che prepotenze e vessazioni mettono chi le subisce in una condizione di inferiorità psicologica, di isolamento e di bassa autostima che non può essere fronteggiata in modo solitario. È necessario un sostegno da parte degli altri: familiari, insegnanti e amici.
Oltre a sottolineare l’illiceità penale e il disvalore sociale del comportamento, è bene che le eventuali vittime di tali atti parlino con i genitori o gli insegnanti, si confidino anche con gli amici.
È possibile, infine, rivolgersi ad apposite strutture, attraverso il numero verde 800-669696, istituito dal Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca, oppure all’Arma dei Carabinieri, attraverso il numero di Pronto intervento 112 o recandosi presso le Stazioni Carabinieri.