Bronchiolite, possibili complicanze a lungo termine. Le raccomandazioni dei pediatri

Roma, 29 luglio 2024 – “Quando si comunica ai genitori ‘Vostro figlio ha una bronchiolite’, anche se lieve, si induce grande ansia. La bronchiolite fa paura, prevenire è un dovere. Il Virus Respiratorio Sincinziale (RSV) lascia il segno, non deve entrare in contatto con i nostri lattantini”. Giuseppe Di Mauro, presidente della Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale (SIPPS), torna a sensibilizzare famiglie e istituzioni su questo virus che colpisce tanti neonati e rappresenta un pericolo per la loro crescita. Può causare bronchioliti e polmoniti nel breve termine, o wheezing e infiammazioni croniche nel lungo termine.

L’impegno della SIPPS nella prevenzione dall’RSV non è nuovo. Già durante il XXXVI Congresso Nazionale della Società scientifica, che si è svolto dal 5 al 7 luglio a Firenze, la professoressa di Igiene e Medicina preventiva dell’Università di Pisa, Caterina Rizzo, ha parlato del grave burden del Virus Respiratorio Sinciziale e della possibile prevenzione con gli anticorpi monoclonali.

Ma come agisce questo virus? “L’RSV fu scoperto a Napoli circa 50 anni fa – racconta Di Mauro – veniva chiamato il ‘male oscuro’ perché si connotava come un’infezione virale respiratoria polmonare non ancora isolata. È un virus abbastanza recente, caratterizzato da un’attività interstiziale che agisce proprio come il Covid. Per questo motivo l’RSV deve essere prevenuto, poiché una volta entrato in contatto con un bambino – che in genere è un lattante – può causare delle complicazioni anche a distanza di tempo dall’episodio acuto, proprio come accade con tutti gli esiti post-Covid”.

Dott. Giuseppe di Mauro

Chi sono i soggetti più a rischio di contrarre l’RSV? “La bronchiolite è tipica dei primi mesi di vita, ma può essere contratta nei primi due anni di vita del bambino. Il 60% dei lattanti è a rischio contagio. Se prendiamo come riferimento il 2024, su 400mila nati circa 80mila bambini hanno richiesto assistenza medica ambulatoriale, circa 16mila sono stati ricoverati e 16 sono stati i decessi solo nei primi sei mesi di quest’anno. Non sono pochi casi per una infezione virale, in un solo anno, è un rischio che non possiamo accettare”.

Le stagioni in cui è più facile contrarre l’RSV sono autunno, inverno e primavera. “In questi periodi proliferano sia i virus gastrointestinali che respiratori. Bisogna fare attenzione”, precisa il pediatra.

Come si riconosce l’RSV e quando un genitore deve preoccuparsi? “Esistono dei test rapidi che si possono fare per individuare il Virus Respiratorio Sincinziale, ma è di fondamentale importanza la diagnosi clinica. Finché il bambino/lattante riesce ad alimentarsi e ad interagire bene con i genitori – sottolinea il presidente della SIPPS – questi, sempre in contatto con il loro pediatra di famiglia, potranno tenere sotto controllo l’evoluzione delle condizioni di salute del figlio. Se invece l’equilibrio del piccolo salta e le sue condizioni di salute si aggravano, anche a distanza di poche ore dalla visita dal pediatra, allora è meglio ricorrere a un ricovero. Ricordo che, con qualunque infezione, nei lattantini le condizioni cliniche possono peggiorare rapidamente”.

Non esiste una terapia risolutiva. “Oltre a controllare l’idratazione, dare ossigeno al bambino, ci sono poche cose che si possono fare. Gli antibiotici non vanno somministrati – rimarca – nessun antibiotico al mondo può ammazzare o colpire un virus”.

Fortunatamente esiste una prevenzione che agisce come un vaccino. “Da oltre sei anni vengono condotti studi e ricerche sugli anticorpi monoclonali – chiarisce Di Mauro – che sono uno strumento di prevenzione primaria. I pediatri di famiglia sono impegnati nell’informare i genitori che i loro figli vivono in una Regione che dà l’opportunità di proteggerli dall’RSV. Adesso abbiamo gli anticorpi monoclonali a lunga durata d’azione: grazie ad una sola iniezione l’anno, con costi accettabili, possiamo fare una prevenzione efficacissima che permette ai piccoli di non contrarre la malattia. Quindi, tutti i nati del 2024 dovranno essere “vaccinati” il prossimo ottobre. Sarebbe utile offrire questa somministrazione anche alle donne in gravidanza – suggerisce il pediatra – per coprire il neonato nei primi mesi di vita, quando non ha ancora ricevuto questa protezione, come si fa per la pertosse”.

Le Regioni si stanno attrezzando per la somministrazione di questi anticorpi monoclonali ma la situazione è ancora a macchia di leopardo: “Da meno di un anno solo la Valle d’Aosta è riuscita a fare prevenzione nel 2023 (e lo ripeterà anche nella prossima stagione), ad ottobre 2024 ci riusciranno altre Regioni tra cui Veneto, Trento, Bolzano, Lombardia, Toscana, Sicilia e Campania, augurandomi che tutte le altre Regioni mancanti inizino la campagna di immunizzazione. Da presidente della Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale, da pediatra di famiglia, da padre e da nonno, non vorrei che si determinasse una grande disuguaglianza in Italia nell’offrire quest’opportunità di prevenzione primaria, che non è un lusso. Si tratta di sicurezza del lattantino e della sua famiglia. La prevenzione è la migliore arma che abbiamo a disposizione per proteggere i nostri bambini da questo virus così pericoloso”. Da qui l’appello di Di Mauro alle Regioni: “Evitiamo differenze e operiamo tutti insieme in un’ottica di prevenzione primaria. Prevenire è un dovere”.

Oltre a tutti gli interventi medici di prevenzione, non dimentichiamo mai l’altro importante strumento di protezione. “L’allattamento al seno è un’arma fortissima di prevenzione primaria dalle infezioni respiratorie, gastrointestinali e dal sovrappeso”, fa sapere il pediatra. In più, in estate, “mare, sole e aria aperta sono ottimi alleati – conclude Di Mauro – mentre in inverno bisogna lavare spesso le mani e usare le mascherine, soprattutto con i neonati e i nati pretermine”.

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