Catania, 30 maggio 2016 – “Siamo pronti a promuovere nei competenti tribunali, su tutto il territorio nazionale, i ricorsi per il riconoscimento dei diritti dei nostri associati e per la liquidazione dei connessi danni economici subiti a causa del blocco dei contratti collettivi nazionali del pubblico impiego da parte del Governo. I nostri uffici legali e la nostra segreteria nazionale, infatti, hanno individuato una fattispecie di danno non esplorata nei ricorsi degli altri sindacati che ha forti possibilità di essere accolta e che darebbe ai ricorrenti benefici economici effettivamente liquidabili e questo anche perché nel frattempo in molte aziende non è stata corrisposta nemmeno l’indennità di vacanza contrattuale” dichiara il segretario regionale territoriale Fsi-Cni Sicilia Calogero Coniglio.
“L’adesione al ricorso – aggiunge Coniglio – è riservata agli iscritti o a chi vorrà iscriversi ed è possibile esclusivamente attraverso il portale web http://ricorsi.usae.eu predisposto dalla segreteria generale. I nostri collaboratori sono a disposizione nella sede del sindacato per aiutare nella registrazione e per fornire tutte le informazioni che occorrono”.
“La Corte Costituzionale – spiega Coniglio – con la sentenza n. 178 del 2015 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale delle norme che avevano disposto il blocco della contrattazione collettiva nel pubblico impiego. Tale illegittimità costituzionale è stata definita dalla Corte come sopravvenuta, e cioè a valere dal giorno successivo alla pubblicazione della sentenza n. 178/2015 nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana. Il Governo, nella legge di stabilità per il 2016, ha indicato le risorse disponibili per i rinnovi contrattuali (quantificandole in misura insufficiente e ridicola) dal 10 gennaio 2016 e in spregio della stessa sentenza della Corte Costituzionale, nulla è stato previsto per il periodo compreso tra il giorno successivo alla data di pubblicazione della sentenza sulla Gazzetta Ufficiale e il 31 dicembre 2015”.
“Un ulteriore danno ai dipendenti pubblici è poi derivato sotto il profilo pensionistico – prosegue Coniglio – Il sistema previdenziale italiano è infatti uniformato al criterio contributivo e, quindi, una minore retribuzione (per sei anni è stato applicato illegittimamente il blocco delle retribuzioni) determina una minore contribuzione che produce l’inevitabile risultato di ridurre ulteriormente i futuri trattamenti pensionistici. Bisogna inoltre considerare che, oltre ad attuare il blocco delle retribuzioni, i governi che si sono succeduti negli ultimi 6 anni hanno anche omesso di ricalcolare, seppure virtualmente, le indicizzazioni di riequilibrio degli stipendi dei pubblici dipendenti erosi dall’inflazione determinando e cristallizzando così una riduzione della base stipendiale sulla quale andare ad effettuare il ricalcolo per l’adeguamento inflazionistico una volta rimosso il blocco della contrattazione. Prova ne sia il fatto che anche l’indennità di vacanza contrattuale, o non è stata erogata o quando viene liquidata, è determinata in una misura non proporzionata al T.I.P. Le sentenze dei tribunali italiani, però, sino ad ora non hanno dato soddisfazione ai lavoratori poiché l’incremento delle retribuzioni dei lavoratori è collegato in modo inestricabile all’attività di negoziazione tra datore di lavoro e rappresentanti dei lavoratori. Ricordiamo infatti che: la sentenza della Consulta non riconosce alcun risarcimento o indennità per i periodi pregressi e che accerta il diritto agli aumenti contrattuali a decorrere solo da luglio 2015”.
“La Class Action è prevista dall’art.140 bis del codice del consumo (D.Lgs. 206/2005), è limitata ai consumatori e tali non possono essere certamente considerati i lavoratori che, invece, sono legati al datore di lavoro dal particolare contratto d’opera di lavoro subordinato. Il ricorso alla Cedu, ha come primaria condizione di ricevibilità: previo esaurimento delle vie di ricorso interne”, ovvero, la condizione per essere accolto è quella di avere un giudizio già definito nel proprio paese. Pertanto tutti i colleghi che non sono parti in un giudizio definito nel nostro paese non sono legittimati a ricorrere alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.
I tribunali interessati con i giudizi promossi da altra organizzazione sindacale hanno sì dichiarato illegittima la sospensione del Ccnl ed il diritto dei ricorrenti al rinnovo contrattuale, ma hanno rigettato la richiesta di risarcimento danni (sentenze dei Tribunali di Reggio Emilia (Sent. 51/2016) e di Parma (Sent. 114/2016).
I nostri uffici legali e la segreteria nazionale hanno quindi vagliato percorsi differenti da quelli già percorsi dalle altre organizzazioni sindacali individuando una fattispecie di danno non esplorata nei loro ricorsi che ha forti possibilità di essere accolta e che darebbe ai ricorrenti benefici economici effettivamente liquidabili.
Se si considera che sono ormai passati 10 mesi dalla sentenza con la quale la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittimo il blocco dei contratti del Pubblico impiego, che siamo già entrati nel triennio contrattuale 2016-2018 e il Governo tace, ci sono quindi tutti i presupposti per rivendicare il relativo danno economico nei competenti tribunali italiani ed eventualmente, solo successivamente, alla Cedu.
Precisiamo comunque che, al di là di quelli che potranno essere gli effetti giuridici dell’azione prettamente sindacale, l’eventuale indennizzo per il ristoro, in termini economici, per i pregiudizi patiti a seguito del blocco della contrattazione, potrà essere riconosciuto soltanto in favore dei ricorrenti. Registrandosi al portale ed inserendo una serie di dati personali, sarà possibile aderire al ricorso.
L’adesione al ricorso è riservata agli iscritti ed è possibile esclusivamente attraverso la piattaforma informatica sul nostro portale web: http://ricorsi.usae.eu oppure rivolgendosi alle nostre sedi locali” conclude il segretario regionale territoriale della Fsi-Cni Sicilia Calogero Coniglio.
fonte: ufficio stampa