Il virus influenzale H3N2, meglio noto come influenza australiana, ha già fatto capolino in Italia. L’influenza quest’anno molto probabilmente tornerà a circolare come prima del Covid, arrivando quindi a un punto di co-presenza dei diversi virus. Occorre una massiccia campagna di vaccinazione antinfluenzale. Nei soggetti fragili meglio in combinazione con il vaccino anticovid
Milano, 13 settembre 2022 – L’autunno si avvicina e con lui quest’anno si teme sia un nuovo incremento dei contagi Covid che un’ondata influenzale che, sulla base dell’andamento della malattia nell’emisfero Sud, si preannuncia molto intensa. In Australia infatti i virus influenzali hanno colpito una percentuale della popolazione più elevata del solito e in maniera spesso seria, in seguito alla riduzione di tutte le precauzioni che avevano in qualche modo non solo ridotto il Covid ma anche azzerato l’influenza.
Inoltre i primi casi sporadici di influenza segnalati nei giorni scorsi anche in Italia al Policlinico Sant’Orsola di Bologna, in netto anticipo rispetto alle aspettative, confermano il timore che il virus influenzale quest’anno stia per rialzare la cresta, dopo due anni in cui praticamente non è esistito solo ed esclusivamente perché tutte le precauzioni anticovid ne hanno limitato la circolazione; quest’anno però affrontiamo l’autunno con una situazione epidemiologica diversa, pertanto ci aspettiamo che i virus influenzali tornino a circolare come nel periodo pre-pandemia.
Sappiamo bene che in autunno-inverno si combinano una serie di fattori facilitanti e scatenanti: la riapertura delle scuole e la ripresa massiccia delle attività lavorative, il fatto di stare più al chiuso, gli sbalzi termici. Tutte condizioni che facilitano un aumento della diffusione dei virus e del rischio di contagio e che quest’anno si vanno a sommare al fatto che veniamo da un lungo periodo di isolamento che ha abbassato in qualche modo le nostre difese immunitarie e solo da poco abbiamo ripreso ad avvicinare le altre persone senza utilizzare tante precauzioni.
Di fatto non era mai successo che l’influenza arrivasse nel nostro paese così presto, quando a tutti gli effetti l’estate è ancora in corso. Si tratta del virus di tipo A, ceppo H3N2, meglio noto come influenza australiana, i cui sintomi non sono molti diversi dalle influenze che si sono manifestate in passato, con un coinvolgimento delle vie respiratorie (anche quelle basse).
“Per ora si tratta comunque solo di casi isolati. L’autunno, nella parte iniziale, solitamente fa prevalere le forme simil influenzali, mentre la vera ondata influenzale si scatenerà quando il freddo si farà più vigoroso e prolungato, quindi più avanti, tra fine novembre e inizio dicembre. Questi primi casi devono essere però un campanello dall’allarme, soprattutto per i soggetti a rischio, ai quali si raccomanda di vaccinarsi a partire da ottobre con il vaccino antinfluenzale aggiornato”, afferma il prof. Fabrizio Pregliasco, Direttore scientifico di Osservatorio Influenza, Professore Associato di igiene generale ed applicata presso la sezione di Virologia del Dipartimento di scienze biomediche per la salute dell’università degli studi di Milano e Direttore Sanitario I.R.C.C.S. Istituto Ortopedico Galeazzi.
L’influenza è una malattia infettiva acuta, contagiosa che generalmente ha un decorso di 5-7 giorni e tende a guarire spontaneamente; ma è bene ricordare che rappresenta anche una malattia gravata da complicazioni che determinano in Italia circa 8-000 decessi l’anno. E ancora una volta, sono soprattutto le persone a rischio, quindi gli anziani, i bambini e i soggetti con patologie croniche a rischiare maggiormente.
“Il modo migliore per prevenire l’influenza è aderire al più presto alla campagna di vaccinazione, secondo i criteri adottati dalle regioni e dal ministero. Come per il Covid, è bene evitare gli assembramenti, indossare le mascherine nei luoghi affollati, stare distanti da persone con influenza, igienizzarsi spesso le mani”, consiglia il prof. Pregliasco.
La vaccinazione, che è gratuita, è rivolta in particolare a donne che all’inizio della stagione epidemica di trovano in gravidanza, a soggetti dai 6 mesi ai 65 anni di età affetti da patologie che aumentano il rischio di complicanze da influenza, a soggetti di età pari o superiore a 65 anni, agli addetti ai servizi pubblici di primario interesse collettivo. Viene anche raccomandata ai donatori di sangue, ai bambini sani nella fascia di età tre i 6 mesi e i 6 anni e vista la contemporanea presenza del Covid anche ai soggetti di età compresa tre i 60 e 64 anni.
Vaccinarsi contro l’influenza all’inizio dell’autunno aiuta a evitare soprattutto nelle persone fragili complicazioni anche gravi dovute all’influenza o a una sovrapposizione con il Covid, che potrebbe rialzare la testa con nuove varianti.
Nel prossimo autunno/inverno, com’è successo già in Australia, ci aspettiamo infatti anche una nuova risalita di casi Covid che si andranno a sommare ai casi di influenza stagionale. “Quest’inverno sarà probabilmente la nostra ultima battaglia con la pandemia; in questo momento ci troviamo in una fase di transizione, il virus si sta cioè progressivamente endemizzando. La malattia rimarrà ma, a meno che non arrivi una variante particolarmente aggressiva, non dobbiamo più immaginare il Covid come una presenza costante e continua ma ci dobbiamo aspettare ondate, si spera, via via sempre più brevi e di minore intensità”.
“Ma questo non significa affatto che si debba rinunciare alla cautela – sottolinea Pregliasco – Il virus continua a cambiare, schivando la capacità di risposta della memoria immunitaria acquisita dai soggetti vaccinati o che hanno contratto il Covid. Ecco perché è importante continuare a vaccinare, in particolare i soggetti fragili, anche in “combinazione con la vaccinazione antinfluenzale”, oltre ad avere comportamenti responsabili”.
“Solo così si farà la differenza perché il Covid non si è raffreddorizzato, come si vuol far pensare, ma circola ancora molto e purtroppo uccide ancora. Si è solo un po’ rabbonito, ma questa sua relativa bontà è legata al fatto che gran parte di noi, vaccinati e guariti, pur non sfuggendo all’infezione, riesce a evitare gli effetti più pesanti della malattia”, conclude il prof. Pregliasco.