Autismo, colpito 1 bambino su 100. Troppi paesi senza diagnosi e trattamenti

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Nasce al Bambino Gesù il network internazionale per lo sviluppo di protocolli terapeutici open-access. Il 2 aprile la Giornata Mondiale istituita dall’ONU

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Roma, 27 marzo 2018 – In troppe aree del mondo, soprattutto nei Paesi a basso o medio reddito, la conoscenza dell’autismo è ancora limitata e l’accesso alla diagnosi e ai trattamenti è di fatto precluso. La stessa ricerca scientifica è condotta in pochi Paesi, tutti ad alto reddito.

Per reagire a questo squilibrio, segnalato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, nasce all’Ospedale Bambino Gesù un network internazionale composto da clinici e ricercatori provenienti da 20 Paesi e 4 continenti. L’obiettivo: sviluppare e condividere protocolli di valutazione, diagnosi e trattamento “open-access”, cioè senza copyright, quindi meno costosi e più facilmente accessibili.

Il network si riunirà per la prima volta a Roma mercoledì 28 marzo, al Bambino Gesù (Gianicolo, Aula Consiliare, ore 9.00), in previsione della Giornata Mondiale della consapevolezza dell’autismo, istituita dalle Nazioni Unite nel 2007 e celebrata ogni 2 aprile. Nel comitato scientifico sono rappresentati, oltre all’Italia, l’Olanda, il Belgio, la Spagna, il Portogallo, la Serbia, la Giordania, la Georgia, il Messico e il Brasile.

Un progetto per abbattere i confini
L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha rilevato grandi disparità, a livello globale, sia nell’accesso ai servizi di screening, diagnosi e trattamento delle persone con autismo, sia nella ricerca. La maggior parte degli studi, infatti, è condotta in pochi Paesi ad alto reddito (dove vive meno del 20% della popolazione mondiale) e su campioni di bambini di lingua inglese, principalmente bianchi e con famiglie caratterizzate da alti livelli di istruzione.

In particolare è stato rilevato che l’86,5% dei casi di autismo identificati negli studi epidemiologici proviene da Nord America, Europa e Giappone, lasciando il resto del mondo fuori dal monitoraggio. Il costo elevato delle terapie unito alla mancanza di conoscenze sulle variabili biologiche, culturali, sociali e ambientali dell’autismo riduce quindi le possibilità – per chi vive nelle aree più povere non coinvolte nelle ricerche – di scoprire il disturbo precocemente, iniziare subito il trattamento e ricevere il supporto necessario.

Il progetto del Bambino Gesù, della durata di 4 anni, si propone di ridurre questo divario, incoraggiando la cooperazione nel campo della ricerca e la diffusione di buone pratiche basate sull’evidenza tra centri clinici di Paesi a basso e medio reddito.

Sulla base degli studi che ogni membro del network porterà avanti nella propria area di riferimento, verranno sviluppati protocolli diagnostici e terapeutici scientificamente validati e open-access (senza copyright, quindi meno costosi) che possano essere applicati in ogni contesto sociale e culturale. In una fase successiva è prevista la formazione a distanza di operatori locali per l’applicazione dei protocolli sostenibili.

“Uno degli ostacoli alla possibilità di effettuare su larga scala screening e valutazioni è che molti strumenti per la diagnosi del disturbo dello spettro autistico sono protetti da copyright, quindi richiedono permessi e pagamenti per la traduzione in altre lingue. Inoltre, la formazione per l’utilizzo molti di questi strumenti e per l’applicazione dei trattamenti è costosa e viene fornita solo in alcuni centri specializzati – sottolinea Stefano Vicari, responsabile di Neuropsichiatria Infantile del Bambino Gesù – Protocolli di valutazione e diagnosi con strumenti open-source e open-access potrebbero essere una soluzione per ottenere competenze, collaborazione e formazione a livello globale”.

L’esperienza in Giordania
L’esempio pilota per il neonato consorzio internazionale di esperti, è l’esperienza di medici e terapisti del Bambino Gesù in Giordania dove, dal 2013, è attivo un progetto di collaborazione con l’Ospedale Italiano di Karak per sviluppare le competenze del personale sanitario locale nel campo della neurologia e della neuropsichiatria infantile (disabilità neuromotorie epilessia, sindromi neurologiche/genetiche, disturbo dello spettro autistico, disabilità intellettiva).

Dall’inizio della collaborazione ad oggi sono stati presi in carico complessivamente 600 bambini giordani. Ad oltre 250 piccoli pazienti sono stati diagnosticati disturbi del neurosviluppo: disturbo dello spettro autistico e disabilità intellettiva. I neuropsichiatri del Bambino Gesù sono intervenuti su due fronti: attraverso una serie di incontri basati sull’adattamento del modello di “terapia cooperativa mediata dai genitori”, hanno trasferito alle mamme e ai papà le competenze necessarie per stimolare il bambino a casa sul fronte socio-comunicativo e per la gestione quotidiana del disturbo; allo stesso tempo, in accordo con l’Università Mutah di Karak, si sono occupati della formazione degli operatori sanitari locali per l’applicazione dei trattamenti in autonomia.

“Il successo della terapia cooperativa mediata dai genitori e i progressi fatti dai bambini con autismo che hanno effettuato questo trattamento in Giordania – spiega Giovanni Valeri, neuropsichiatra infantile del Bambino Gesù – ci dicono che alcuni modelli di intervento, pur in forma semplificata, posso essere replicati con la stessa efficacia anche in contesti diversi”.

Autismo: colpito 1 bambino su 100
L’autismo o disturbo dello spettro autistico (DSA) è una patologia del neurosviluppo caratterizzata da un’organizzazione atipica di alcune funzioni mentali e delle relative aree del cervello. L’origine è genetica, ma sono implicati anche fattori ambientali, come l’esposizione ad agenti inquinanti durante la gravidanza. Altri elementi di rischio, l’età avanzata dei genitori (soprattutto del papà), il basso peso alla nascita o la forte prematurità. La probabilità che nasca un bambino con autismo supera l’1%, con una maggior prevalenza tra i maschi rispetto alle femmine (il rapporto è di 4 a 1).

Secondo gli studi più recenti, nel mondo 1 bambino ogni 100 (negli USA 1 ogni 68) presenta un disturbo dello spettro autistico, ma il fenomeno è in crescita. In Italia il problema coinvolge circa 500.000 famiglie. L’esordio è precoce (fra i 14 e i 28 mesi) e dura per tutta la vita.

Circa il 50% delle persone con autismo presenta anche una disabilità cognitiva. In generale manifestano una particolare attenzione per alcuni stimoli sensoriali, hanno una predisposizione a comportamenti ripetitivi e a routine rigide, ma anche una scarsa attitudine e motivazione all’interazione sociale reciproca. L’autismo, infatti, compromette la capacità di interagire e di comunicare con gli altri.

L’intervento precoce è fondamentale: équipe specializzate e multidisciplinari oggi sono in grado di fare diagnosi già a 2-3 anni, a 4 nelle situazioni maggiormente complesse, per poi adottare il trattamento più idoneo caso per caso.

Una terapia ‘mediata’ dai genitori
Non esiste una cura che consenta di guarire dall’autismo, ma esistono trattamenti, come il parent training, che migliorano significativamente la sintomatologia e la qualità di vita. All’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù si effettua da anni una “terapia cooperativa mediata dai genitori” che si rivolge a tutto il nucleo familiare e coinvolge il bambino a partire dall’età prescolare, a volte subito dopo la diagnosi. Il percorso dura 6 mesi: si inizia con una seduta e settimana e si finisce con una cadenza mensile.

Il trattamento consente di costruire, in un arco limitato di tempo, un’interazione più sintonica tra genitori e figlio che favorisce lo sviluppo delle competenze sociali e comunicative nel bambino, oltre ad aumentare il senso di autoefficacia dei genitori e ridurne lo stress.

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