Dott.ssa Antonella Dappozzo: “Le Unità Speciali di Continuità Assistenziale rappresentano, non solo uno strumento per concretizzare la presa in carico domiciliare del paziente intercettando eventuale aggravamenti, ma insieme alle altre misure (tampone ai pazienti sospetti, misure di isolamento) contribuiscono a contenere la diffusione dell’infezione, vero obiettivo di questa fase epidemiologica”
Forlì, 27 marzo 2020 – “Nel territorio della provincia di Forlì-Cesena – afferma il dottor Riccardo Varliero direttore del Dipartimento Cure Primarie di Forlì-Cesena – le Unità Speciali di Continuità assistenziale, USCA, previste al momento sono due, una per l’ambito cesenate che è operativa già da oggi, l’altra per l’ambito forlivese, che sarà operativa da lunedì 30 marzo”.
Si tratta di una indicazione per il trattamento dei pazienti a domicilio, molto innovativa e avanzata. Nel merito, come spiega il dottor Carlo Biagetti (responsabile SPIAR dell’Ausl Romagna e medico alle Malattie Infettive dell’ospedale di Rimini), in linea con la strategia dettata dall’OMS – cerca, isola, tratta – l’Azienda Usl della Romagna ha attivato un importante progetto mirato al territorio che ha l’obiettivo di identificare ancor più proattivamente i casi sospetti di Covid-19 che sono rimasti a domicilio poiché presentavano sintomi lievi o moderati.
Grazie alla collaborazione tra infettivologi, medici di famiglia, farmacisti e Dipartimento di Sanità Pubblica, il progetto prevede che il medico di famiglia segnali al Dipartimento di Sanità pubblica il caso sospetto e vengano attivate una serie di azioni coordinate, finalizzate all’isolamento del paziente, al suo trattamento e al suo riconoscimento mediante tampone Queste azioni hanno l’obiettivo ambizioso di ridurre i casi secondari sul territorio e di prevenire le complicanze che portano i pazienti ad accedere in ospedale.
È stata prevista una stratificazione del rischio dei pazienti che rimangono a domicilio che vanno da quelli asintomatici a quelli con febbre ed iniziali segni di polmonite e sono state disegnate le relative azioni da mettere in campo.
Inoltre come riferisce, la dottoressa Antonella Dappozzo (direttore del Programma Cure Primarie dell’Ausl Romagna), alla presa in carico si aggiunge la creazione di apposite èquipe medico-assistenziali, denominate Unità Speciali di Continuità Assistenziale (USCA) che si affiancheranno al medico di famiglia per la gestione dei pazienti Covid accertati i in isolamento domiciliare e di quelli che sono stati dimessi dall’Ospedale. Le USCA saranno operative in maniera graduale, a partire dalle aree territoriali più esposte al contagio.
“I pazienti asintomatici, e quelli che non hanno più sintomi, saranno seguiti dal proprio medico di famiglia con monitoraggio telefonico; dopodiché si eseguono due tamponi, a distanza di 24 ore l’uno dall’altro e, se entrambi sono negativi, il paziente è dichiarato guarito – approfondisce il dottor Carlo Biagetti – I pazienti che hanno sintomi lievi (febbre fino a 37,5 gradi, tosse, mal di gola, dolori articolari) e che non hanno altri fattori di rischio (età avanzata, patologie pregresse, stato di gravidanza), vengono seguiti attraverso sorveglianza attiva, con telefonate quotidiane oltre ovviamente all’assunzione di una terapia di supporto. Qualora vi siano sintomi lievi, ma in presenza di altri fattori di rischio, il medico di famiglia attiva la USCA che, con tutti i dispositivi di protezione individuale, si reca al domicilio del paziente, sia esso sospetto Covid sia esso acclarato come positivo, per monitorarne il decorso”.
“Questa organizzazione, che vede una importante collaborazione dei e con i medici di famiglia, che insieme ad altri operatori sanitari sono in ‘prima linea’ dall’inizio di questa emergenza, consente di organizzare al meglio l’assistenza e la cura, graduandola a seconda alle diverse condizioni dei pazienti – aggiunge la dottoressa Antonella Dappozzo – In questo percorso è stata prevista anche la possibilità di prescrivere per i pazienti sintomatici sospetti che non hanno ancora avuto contatto con le strutture ospedaliere, a cura del medico di famiglia, che più di ogni altro conosce il paziente, uno specifico farmaco antivirale che le evidenze disponibili pongono tra le armi da utilizzare per ridurre l’evoluzione del quadro clinico verso forme gravi. Grazie alla collaborazione della Farmacia Ospedaliera e della Croce Rossa i farmaci verranno consegnati direttamente a domicilio dei pazienti”.
“Le Unità Speciali di Continuità Assistenziale rappresentano, infine, non solo uno strumento per concretizzare la presa in carico domiciliare del paziente intercettando eventuale aggravamenti, ma insieme alle altre misure (tampone ai pazienti sospetti, misure di isolamento) contribuiscono a contenere la diffusione dell’infezione, vero obiettivo di questa fase epidemiologica”, conclude Dappozzo.