Roma, 16 febbraio 2021 – Comprendere le motivazioni del forte aumento delle temperature in Artide rispetto al resto del Pianeta, la cosiddetta “amplificazione artica”, indagandone i complessi meccanismi. È l’obiettivo dei progetti ECAPAC e SENTINEL, il primo coordinato da ENEA e il secondo dall’Istituto di scienze polari del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Isp), finanziati dal Programma di Ricerche in Artico (PRA). I ricercatori studieranno in particolare il ruolo del ghiaccio marino, delle precipitazioni e i processi chimici del bromo e del mercurio, importanti indicatori della variazione del ghiaccio.
Il progetto ECAPAC si propone di indagare le precipitazioni e i conseguenti effetti sulla copertura di neve e ghiaccio che innescano i complessi meccanismi alla base dell’amplificazione artica. Coordinato dall’ENEA in collaborazione con l’Università Sapienza di Roma, l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) e il Lamont-Doherty Earth Observatory del Columbia University Earth Institute, è tra i primi sei progetti finanziati dal PRA 2018/2020.
Nello specifico, dalla base di Thule (76.5°N, 68.8°O; http://www.thuleatmos-it.it) in Groenlandia saranno effettuate misure in situ e di telerilevamento e inoltre, per lo studio delle precipitazioni, verrà installata nuova strumentazione, con un ruolo chiave alle osservazioni da terra, per individuare e ridurre le incertezze dei modelli climatici ma anche per la validazione e la correzione dei dati satellitari.
“L’Artico è un’area fragile, ma assolutamente strategica per monitorare lo stato di salute del nostro Pianeta; per questo è fondamentale garantirne la salvaguardia anche rispetto allo sfruttamento incontrollato delle ingenti risorse presenti – evidenzia Alcide di Sarra che rappresenta ENEA nel Comitato Scientifico per l’Artico – Da qui l’importanza di preservare e incrementare i finanziamenti nazionali per i programmi di ricerca in Artide, un potenziamento della cooperazione scientifica internazionale e il libero accesso alle infrastrutture di ricerca disponibili, in linea con gli obiettivi dell’Unione europea”, aggiunge.
“Per una migliore comprensione degli sviluppi in atto, inoltre, metteremo a sistema, con un approccio di ricerca unitario, dati e analisi sviluppati negli anni da ENEA sia in Artide che in Antartide, fra le aree della Terra maggiormente sensibili ai cambiamenti climatici”, sottolinea la responsabile scientifica del progetto, Virginia Ciardini, ricercatrice ENEA del Laboratorio di Osservazioni e misure per l’ambiente e il clima.
Il progetto SENTINEL punta invece a studiare il ruolo del ghiaccio marino nell’amplificazione artica e il suo impatto sull’atmosfera, in particolare sui processi chimici del bromo e del mercurio. Partecipano al progetto per l’Italia, ENEA, Università Ca’ Foscari di Venezia e per il Cnr l’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima (Cnr-Isac) e l’Istituto di scienze polari (Cnr-Isp), quest’ultimo nel ruolo di coordinatore. Di durata triennale, SENTINEL è risultato primo tra i 6 progetti finanziati dal PRA.
Nell’ambito del progetto saranno analizzate due carote di ghiaccio provenienti da due differenti regioni artiche, una nelle isole Svalbard (ghiacciaio Holthedalfonna a 1.150 m di altezza, coordinate 79.15 N, 13.38 E) e l’altra nella parte est del Plateau della Groenlandia (sito EGRIP, 2.660 metri, 75.63 N, 35.99 W).
Le informazioni ottenute sulla variabilità dei quantitativi di bromo e mercurio nelle due aree verranno messe a confronto con i dati satellitari sull’estensione del ghiaccio marino e con le misure di accumulo nevoso rilevate “sul campo”. Inoltre, verranno utilizzati modelli di trasporto atmosferico per comprendere le possibili aree di provenienza delle due specie chimiche. Nell’ambito del progetto, ENEA sarà impegnata principalmente nell’identificazione delle aree sorgenti attraverso i modelli di trasporto atmosferico e nel confronto fra i dati di precipitazione nevosa e quelli ottenuti dalle due carote di ghiaccio.
“Questi studi ci permetteranno di comprendere la relazione tra la drammatica riduzione dell’estensione di ghiaccio marino, documentata nelle ultime quattro decadi, e i processi chimici dell’atmosfera legati al ciclo del bromo e del mercurio – sottolinea Claudio Scarchilli, ricercatore ENEA del Laboratorio di Osservazioni e misure per l’ambiente e il clima – Questo ci permetterà di comprendere meglio non solo come il clima stia cambiando, ma anche come questi repentini cambiamenti agiscano sul ciclo chimico di bromo e mercurio, quest’ultimo considerato tossico per l’ecosistema artico”, conclude.
Oltre alle istituzioni italiane collaborano al progetto alcuni fra i più importanti centri internazionali nel campo degli studi climatici, tra cui: Centre for Ice and Climate (CIC) – Niels Bohr Institute, Institute of Physical Chemistry (CSIC), Norwegian Polar Institute (NPI), Institute of Environmental Geosciences (IGE), Villum Research Station (VRS) e Norwegian Institute for Air Research (NILU).
L’ENEA in Artico
Le attività di ricerca dell’ENEA in Artico sono iniziate nel 1990 con la gestione, insieme ad altri istituti nazionali e internazionali, del Thule High Arctic Atmospheric Observatory (THAAO), nella Groenlandia nord-occidentale, e proseguono con numerose attività in altre regioni artiche. Punto di riferimento per gli studi sulla fisica dell’atmosfera e sul clima, l’osservatorio contribuisce anche alla rete globale per il rilevamento dei cambiamenti della composizione atmosferica.
Il Programma di Ricerche in Artico (PRA)
Finanziato con tre milioni di euro dal Ministero dell’Università e della Ricerca, il PRA è gestito dal Comitato Scientifico per l’Artico, organo istituito con la Legge di Bilancio 2018 e composto da rappresentanti del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, dello stesso MUR, da esperti di CNR, ENEA, INGV e OGS e da altri scienziati specializzati in problematiche polari.
Attuato dal CNR, il PRA si inquadra tra le iniziative della Strategia italiana per l’Artico che persegue la sicurezza, stabilità, sostenibilità e prosperità dell’area e degli impegni assunti dall’Italia con la dichiarazione congiunta dei Ministri della Ricerca del 28 settembre 2016, nell’ambito della prima “Arctic Science Ministerial” di Washington.