Studio rivela impatto delle migrazioni sanitarie nei centri italiani appartenenti all’AIEOP. Il fenomeno incide sulla sopravvivenza dei piccoli pazienti, con tassi più elevati dal Sud e dalle Isole riconducibili alla necessità di curare per lo più tumori solidi
Bologna, 9 maggio 2024 – Nel panorama italiano la rete di centri coordinati dall’Associazione Italiana Ematologia e Oncologia Pediatrica (AIEOP) è estesa su gran parte del territorio nazionale. Fanno eccezione regioni come la Basilicata, il Molise e la Valle d’Aosta, che non dispongono di centri AIEOP, ma possono comunque contare su strutture geograficamente vicine a cui fare riferimento per i piccoli pazienti.
Nonostante questa rete capillare e i significativi passi in avanti compiuti sul fronte della ricerca e della cura, la migrazione sanitaria in oncoematologia pediatrica verso ospedali al di fuori della regione di residenza è ancora un fenomeno diffuso, motivato da differenti ragioni.
Questa, a grandi linee, la fotografia che emerge da uno studio condotto da AIEOP e recentemente pubblicato sull’Italian Journal of Pediatrics. L’indagine ha quantificato l’entità della migrazione sanitaria in ambito onco-ematologico pediatrico e la sua evoluzione negli ultimi 30 anni, provando ad analizzarne l’impatto. L’obiettivo principale dello studio è stato quello di esaminare e comprovare la distribuzione ottimale dei centri AIEOP su tutto il territorio nazionale.
I dati di riferimento sono stati estrapolati dallo studio osservazionale-prospettico denominato Modello 1.01, attivo in tutti i centri AIEOP, che consente di registrare tutti i casi di patologie onco-ematologiche diagnosticate in età pediatrica nei centri della rete, in Italia. L’analisi si riferisce al periodo compreso tra il 1988 e il 2017 ed è stata effettuata su 41.205 pazienti registrati, con un’età compresa tra 0 e 20 anni al momento della diagnosi.
I risultati hanno documentato una migrazione extra-regionale nel 19,5% dei casi, evidenziando un trend in diminuzione: nel decennio 1988-1997, infatti, essa si attestava attorno al 23,3%, mentre nell’arco temporale compreso tra il 2008 e il 2017 il valore è sceso al 16,4%. Lo studio ha messo in risalto come la migrazione sanitaria abbia coinvolto maggiormente pazienti affetti da tumori solidi rispetto a quelli affetti da leucemie e linfomi. I flussi più corposi di migrazione hanno origine dal Sud e dalle Isole più che dal Centro e dal Nord, con regioni virtuose che sono scese sotto la soglia del 10% e regioni nelle quali invece si registra ancora una migrazione per oltre il 60% dei casi.
Rispetto all’impatto della migrazione sanitaria sulle possibilità di guarigione, è stato documentato come i pazienti che migrano fuori regione abbiano una sopravvivenza complessiva a 10 anni dalla diagnosi del 69,9% rispetto a quelli che sono curati in centri a pochi chilometri da casa, nei quali la sopravvivenza si attesta attorno al 78,3%. Questo dato grezzo, contestualizzato rispetto a patologie ad alta complessità che richiedano centri specializzati e un approccio multidisciplinare, risulta invertito.
“La migrazione sanitaria in onco-ematologia pediatrica – spiega il dott. Arcangelo Prete, Presidente di AIEOP – è un fenomeno ancora presente in Italia, nonostante esista una rete che copre pressoché tutto il territorio nazionale. Non è tuttavia un fenomeno da demonizzare. Semplicemente le patologie che trattiamo sono molto rare e, per tale motivo, i pazienti necessitano di centri di alta specializzazione”.
“Il ruolo della rete e dei centri regionali è quello di provvedere al corretto inquadramento dei pazienti e di valutare quali siano le situazioni che necessitino di essere prese in carico da centri con differente specializzazione extra regione – sottolinea Prete – Il dato della differente mortalità, infatti, potrebbe essere correlato a un riferimento più tardivo dei pazienti verso centri specializzati o a situazioni di malattia avanzate già alla diagnosi. Stiamo lavorando per comprendere appieno questo fenomeno con l’unico obiettivo di garantire in Italia le cure migliori per i nostri pazienti”.
In definitiva, lo studio rappresenta senz’altro una diapositiva attendibile della situazione italiana attuale rispetto alla migrazione sanitaria in onco-ematologia pediatrica, ma necessita senz’altro di approfondimenti futuri per analizzare appieno le motivazioni alla base del fenomeno.