Roma, 2 novembre 2017 – L’atto di indirizzo per il rinnovo del CCNL della dirigenza sanitaria è stato inviato al Ministero della Funzione Pubblica. Dopo sei mesi dall’atto di indirizzo ‘madre’ del Governo per i rinnovi contrattuali del pubblico impiego e dopo tre mesi da quello per il comparto della sanità prodotto dal comitato di settore delle Regioni.
Un ritardo inammissibile, probabilmente non casuale, mentre venivano avviati i tavoli con il comparto e la medicina convenzionata, sullo sfondo del ping pong sul finanziamento tra il Presidente del comitato di settore, organo tecnico delle Regioni, ed il Ministro della salute, con i Medici nello scomodo ruolo di pallina.
Nessuno ricorda più che il contratto è fermo da otto anni per decisione di vari Governi, che gli oneri relativi devono, per legge, essere accantonati per tempo dalle Regioni, che, in questi anni, si è risparmiato solo sul personale, che ha pagato sulla propria pelle i piani di rientro e il definanziamento del sistema, attraverso il peggioramento delle condizioni di lavoro e l’erosione sistematica dei fondi della contrattazione decentrata.
Ma l’atto di indirizzo per la dirigenza rischia, però, di non essere uno strumento concreto per il tavolo contrattuale, se non riconosce le risorse annualmente rese disponibili dal personale cessato dal servizio, come fa la direttiva ‘madre’, e non procede ad una individuazione della massa salariale di riferimento comprensiva della esclusività di rapporto, coerentemente a quanto concordato nel CCNL 2006/2009.
Ma soprattutto non si capisce come possa mirare alla riduzione del diffuso e insopportabile ‘disagio lavorativo’ della dirigenza del ruolo sanitario (carichi di lavoro eccessivi, turni di lavoro massacranti, riposi ridotti, ferie non godute, extra orario lavorativo), se non sfuggendo alla tentazione di trasformare le 38 ore settimanali in orario di lavoro minimo, attraverso deroghe strutturali alle disposizioni legislative europee e nazionali e modifiche in peius delle norme contrattuali sulle guardie mediche e sulle pronte disponibilità.
Evidente anche la contraddizione tra l’impegno alla valorizzazione piena della carriera professionale e la assenza delle condizioni economiche necessarie attraverso un utilizzo corretto dei fondi contrattuali.
È, comunque, sconcertante un atto di indirizzo peggiorativo delle direttive generali, ad evidenziare un ruolo non costruttivo delle Regioni, preoccupate di far cassetta e di usare il contratto come arma di ricatto, quali mediatori tra Governo e sindacati, che chiama in causa direttamente il Ministro della Funzione Pubblica.
I rischi derivanti al SSN da una lacerante disaffezione del suo capitale strategico, i professionisti che prestano il lavoro che ne è un valore fondante, sono elevatissimi. L’indifferenza nei confronti dei dirigenti sanitari segnala rinuncia ad ogni possibilità di rilancio della sanità pubblica, considerata elemento residuale in attesa di una definitiva privatizzazione del sistema, ed il sabotaggio del contratto rappresenterebbe una altra tappa di un disegno di inefficientamento del servizio pubblico finalizzato al suo smembramento tra molti attori (privati, assicurativi, terzo pilastro etc.).
Per opporsi ad un tale disegno le organizzazioni sindacali della dirigenza medica e sanitaria metteranno in campo la mobilitazione delle categorie interessate per una vertenza che accompagni la discussione della legge di bilancio e la trattativa contrattuale, che ora si spera possa iniziare, fino ed oltre una campagna elettorale di fatto già aperta.
ANAAO ASSOMED – CIMO – AAROI-EMAC – FP CGIL MEDICI E DIRIGENTI SSN – FVM – FASSID (AIPAC-AUPI-SIMET-SINAFO-SNR) – CISL MEDICI – FESMED – ANPO-ASCOTI-FIALS MEDICI – UIL FPL COORDINAMENTO NAZIONALE DELLE AREE CONTRATTUALI MEDICA E VETERINARIA