L’inibizione della proteina JNK rallenta la progressione della malattia che colpisce i motoneuroni ed è la prima causa genetica di morte nell’infanzia. Lo studio, realizzato dal gruppo di ricerca guidato da Alessandro Vercelli del NICO – Università di Torino in collaborazione con Tiziana Borsello dell’Università di Milano, chiarisce uno dei meccanismi molecolari alla base della SMA e apre la strada allo sviluppo di nuove terapie
Torino, 8 novembre 2018 – È considerata la più frequente causa genetica di morte nell’infanzia. L’atrofia muscolare spinale (SMA), grave patologia neurodegenerativa, è caratterizzata dalla perdita dei motoneuroni del midollo spinale (le cellule che innervano e fanno contrarre i muscoli scheletrici), causando progressiva debolezza, atrofia muscolare e complicazioni respiratorie. A oggi sono in fase di sperimentazione clinica alcuni farmaci (es. Nusinersen): benché presentino ancora alcuni limiti, si tratta di un primo tentativo per contrastare la progressione della malattia aumentando la produzione di SMN, la proteina carente nella SMA.
Tuttavia i meccanismi molecolari alla base di questa complessa patologia non sono ancora stati del tutto chiariti: in particolare, comprendere quale tipologia di morte cellulare colpisca i motoneuroni potrebbe permettere lo sviluppo di nuove terapie.
Recenti studi hanno dimostrato che la via di segnalazione mediata dalla proteina JNK modula differenti processi neurodegenerativi (questa proteina si attiva in condizioni di stress neuronale, innescando la cosiddetta morte per apoptosi, una sorta di “suicidio programmato” della cellula) e sembra essere coinvolta nella patogenesi della SMA.
Nell’articolo pubblicato sulla rivista Frontiers in Molecular Neuroscience, Marina Boido e Roberta Schellino, ricercatrici del gruppo guidato dal prof. Alessandro Vercelli del NICO – Neuroscience Institute Cavalieri Ottolenghi e Dipartimento di Neuroscienze dell’Università di Torino (afferenti all’INN – Istituto Nazionale di Neuroscienze), hanno approfondito il ruolo di JNK nella malattia. In collaborazione con la prof.ssa Tiziana Borsello dell’Università di Milano, Dipartimento di Scienze Farmacologiche e Biomediche e dell’IRCCS-Istituto Mario Negri di Milano, hanno somministrato un inibitore sintetico dell’attività di JNK (chiamato D-JNKI1) in un modello sperimentale di SMA, valutandone gli effetti.
“L’inibizione di JNK ha rallentato efficacemente la progressione della patologia: rispetto ai topi malati di controllo – spiegano le dr.sse Schellino e Boido – abbiamo infatti riscontrato un significativo aumento della sopravvivenza dei motoneuroni e un miglioramento dell’innervazione dei muscoli, risultati di conseguenza più trofici”.
“Inoltre – continuano – a riconferma di queste positive osservazioni molecolari e istologiche, le performance motorie degli animali trattati con D-JNKI1 sono risultate migliori rispetto agli animali di controllo. Infine – aggiungono le autrici dello studio – abbiamo osservato anche una parziale, ma significativa, estensione della sopravvivenza dei topi SMA, in seguito alla somministrazione del peptide”.
“Questo studio, realizzato grazie al contributo della Fondazione CRT e delle associazioni Girotondo Onlus e SMArathon Onlus (che da anni sostengo il lavoro di ricerca del NICO), suggerisce quindi come l’inibizione della via di segnale di JNK possa rappresentare una futura e valida strategia terapeutica per il rallentamento della neurodegenerazione e dell’atrofia muscolare nella SMA. La proteina JNK e le altre molecole ad essa connesse – conclude il prof. Alessandro Vercelli, direttore del NICO – Università di Torino – risultano quindi un valido bersaglio per lo sviluppo di terapie farmacologiche mirate, eventualmente in combinazione con quelle attualmente in trial”.