Le istituzioni intervengano per la credibilità del sistema previdenziale: futili motivi non possono negare un diritto a migliaia di contribuenti
Roma, 19 marzo 2018 – Il cumulo esteso anche agli iscritti alle casse professionali è una proposta di questa Confederazione, recepita dal Governo nella legge di bilancio emanata nel dicembre 2016, norma che non richiedeva decreti attuativi e che riconosceva un elementare principio di civiltà giuridica ovvero la parità delle contribuzioni e delle attività lavorative svolte ai fini dell’anzianità utile per il pensionamento.
L’applicazione del cumulo pensionamento è in stallo.
Dopo dieci mesi INPS emanava una circolare (ottobre 2017) che subordinava ad un accordo Casse-INPS l’applicazione della norma, tale accordo veniva raggiunto su tutto tranne che sulle spese bancarie e applicative quantificate in 65 euro a testa.
Su questo punto siamo sospesi, in seguito occorrerà ancora stipulare le convenzioni tra le singole Casse e INPS e rendere operativo il sistema con una piattaforma e fornire istruzioni alla rete periferica di INPS.
Nel frattempo molti professionisti hanno abbandonato il lavoro confidando nell’imminente pensione che continua ad essere non erogata. Si è creata una sorta di nuovi esodati senza stipendio né pensione.
La storia degli esodati in questo Paese è destinata ad arricchirsi di un nuovo capitolo. Non è in discussione il diritto ma la sua esigibilità.
Si nega così a lavoratori che hanno versato fior di contributi un diritto esigibile a norma di una legge dello Stato, in base alla quale essi hanno optato per un pensionamento che invece si è trasformato in una perdita del lavoro. Un paradosso legato ad una cifra risibile che gli stessi pensionati e pensionandi sarebbero disposti a pagare di tasca propria, con buona pace dei contendenti.
A questa proposta si obietta che per far pagare 65 euro all’interessato occorrerebbe una norma legislativa che richiederebbe oltre che un Parlamento ed un Governo insediato tempi tecnici non brevissimi.
Ed è ancora più stupefacente (come peraltro segnalato da Adepp) che il pensionamento venga bloccato in attesa di definire la ripartizione di 65 euro. Viene ritenuta impossibile la liquidazione di una pensione provvisoria con 65 euro in meno una tantum da definire successivamente.
Il Presidente dell’INPS afferma che non è giusto scaricare sulla generalità dei contribuenti l’onere di questi 65 euro in quanto dovuti, almeno in parte dalle Casse.
In realtà il contenzioso che si sta già determinando e il costo del ritardo nell’applicazione della legge in termini di ingorgo degli uffici produrranno conseguenze umane ed economiche ben maggiori per la generalità dei contribuenti.
Questa Confederazione esprime solidarietà agli interessati, ha chiesto e continuerà a chiedere l’intervento del Governo e non mancherà di sostenere tutte le iniziative utili a risolvere una vicenda che sta sconfinando nel ridicolo.
Un tempo si diceva “nihil difficile volenti” per questo non possiamo credere all’insormontabile ostacolo dei 65 euro.
È in gioco la credibilità e il funzionamento del sistema previdenziale, parte non secondaria dello Stato.
È una vicenda che rivela lentezza e fragilità di sistema, grave ingorgo burocratico, mancanza di esigibilità di diritti fondamentali costituzionalmente garantiti. Tutto ciò non può che inquietare.