Bologna, 31 marzo 2020 – Diminuire il numero dei pazienti che afferiscono alle strutture di Pronto Soccorso, in condizione di insufficienza respiratoria, è questo in estrema sintesi l’obiettivo delle iniziative che Bologna si stanno attuando per intercettare i pazienti prima che si aggravino. Per farlo è necessario avviare una ricerca attiva dei pazienti sintomatici o paucisintomatici direttamente a domicilio.
Concretamente vengono attivati i Medici di Medicina Generale cui compete il catching attivo che avviene contattando telefonicamente i propri pazienti sintomatici. I pazienti vengono valutati in considerazione della loro storia personale che il medico conosce bene e sulla base di una check list predefinita dalle Malattie Infettive del S. Orsola che guida alla coerente definizione del caso sospetto.
I casi sospetti identificati dai MMG, vengono inviati secondo una scala di priorità che va dall’immediato alle 72 ore successive e ad orari predefiniti alle strutture ceck point allestite sul territorio (per il momento Ospedale Maggiore e Policlinico di S. Orsola ma presto saranno attivati punti anche sul territorio).
Nei ceck point i pazienti saranno accolti da un medico infettivologo che effettuerà una valutazione clinica ed eventualmente strumentale e bio-umorale e, in caso di conferma del caso come sospetto o fortemente tale provvederà a fornire la terapia del caso a lui e ai suoi conviventi. Ovviamente la terapia sarà somministrata tenendo conto tutte le condizioni cliniche del paziente.
Se clinicamente possibile il paziente sarà rinviato a domicilio e gestito dal MMG. Diversamente se ne predisporrà il ricovero. Crescenti evidenze oggi, infatti, attribuiscono un ruolo importante all’idrossiclorochina utilizzata come terapia precoce per evitare un certo numero di malattie gravi, risparmiando sia ricoveri, soprattutto in terapia intensiva, sia lunghi periodi di quarantena.
Nella giornata di domenica 29 marzo sono stati effettuati primi controlli e ai 35 pazienti che sono stati inviati al Maggiore è stata somministrata la terapia e per 7 di loro si è reso necessario un ricovero in un reparto non intensivo scongiurandolo, probabilmente, anche per il futuro dimostrando al momento la validità del modello e la sua capacità di anticipare l’aggravarsi della patologia.