Pisa, 1 gennaio 2021 – Si chiude un anno complesso per l’Aou pisana visto che gli ospedali sono stati in tutto il mondo in prima linea nella gestione della pandemia provocata dal Covid-19. Riorganizzazione, riconversione, gestione delle due ondate con il sistema sotto stress e, alla fine, tenuta sostanziale con il mantenimento anche di gran parte delle attività sanitarie no-Covid. Ma comunque finisce un anno che non sarà facile dimenticare. Ne parliamo con il direttore generale Silvia Briani.
Direttore, cosa le viene in mente come primo ricordo di questo 2020?
Beh, sicuramente penso a tutte le persone che abbiamo ricoverato e curato e, nonostante gli sforzi profusi, ci hanno lasciato. A loro voglio dedicare il mio pensiero e quello di tutti gli operatori sanitari che rappresento perché la nostra missione primaria è curare le persone e, quando non è possibile, per noi è una sconfitta. A questo doveroso tributo e alla forte vicinanza alle famiglie di tutte le vittime, del Covid e non solo, voglio aggiungere però un altrettanto sentito ringraziamento a tutti gli operatori di quest’Azienda che, da circa un anno, stanno lavorando per combattere questa pandemia che ha stravolto le abitudini di tutti, sacrificando talvolta gli affetti, accumulando stanchezza, nutrendo a volte anche sconforto. A tutti loro voglio dire il mio grazie perché ci hanno aiutati a garantire la tenuta del sistema e quindi sono orgogliosa del loro lavoro.
Il sistema ha quindi tenuto, l’ospedale non è andato in crisi?
Indubbiamente la prima ondata ci ha colti di sorpresa, come è avvenuto un po’ in tutto il mondo, e abbiamo fronteggiato la pressione dei ricoveri sospendendo tutte le attività programmate e mantenendo in piedi solamente quelle legate all’oncologia, alle patologie gravi e all’emergenza-urgenza, come ha disposto il Governo in tutt’Italia. D’altronde il virus non era conosciuto come adesso e abbiamo dovuto applicare il principio della massima precauzione anche nell’organizzazione e separazione dei percorsi sanitari.
Abbiamo dovuto codificare numerose procedure, aggiornate e riviste alla luce delle nuove evidenze scientifiche, abbiamo messo in piedi una poderosa attività di sorveglianza sanitaria dei nostri operatori, rivoluzionato le attività dei laboratori per processare i tamponi, e tutto questo ha assorbito moltissime energie.
Al contempo assai cospicua è stata anche l’attività di ricerca relativa al Covid grazie alla molteplicità delle competenze e all’alta specializzazione che caratterizzano un’Azienda integrata con l’Università come la nostra. Solo verso la fine di maggio, dopo il picco massimo di ricoveri Covid di fine marzo (187 letti totali occupati, di cui 151 ordinari e 36 di terapia intensiva), abbiamo cominciato a intravedere la luce ma è stata una lunghissima cavalcata e anche la sanificazione e riconversione delle degenze, con la ripresa delle attività ordinarie, è stata un banco di prova complesso, che ha cominciato ad andare a regime a estate inoltrata.
Poi è arrivata la seconda ondata a cavallo di settembre-ottobre
Sì, la pressione sui ricoveri si è cominciata ad avvertire in autunno e abbiamo dovuto riallestire i reparti Covid con la differenza che, nel corso dell’estate, è stato realizzato con i fondi della Protezione civile un Covid Hospital all’ex Pronto soccorso del Santa Chiara con circa 30 posti letto, modulabili a seconda delle necessità in ordinari, sub-intensivi e intensivi.
Poi abbiamo istituito una “Bolla Covid” all’Edificio 31 per le patologie tempo-dipendenti con altri 8 posti letto e, man mano che i numeri del contagio salivano, abbiamo dovuto velocemente riconvertire in posti letto Covid anche le Malattie infettive e la Pneumologia, più le varie degenze di area medica e una parte della terapia intensiva dell’Edificio 30, impegnata già pesantemente nella gestione dei pazienti critici nella scorsa primavera.
La seconda ondata, che è ancora in corso anche se i numeri stanno calando, è stata quindi più complessa e pesante della prima, arrivando a mettere a regime fino a 155 posti letto Covid ordinari e circa 42 fra intensivi e subintensivi. Ma la differenza sostanziale rispetto alla prima è stata innanzitutto nella capacità, questa volta, di non chiudere l’ospedale e riuscire a mantenere in parallelo anche le attività no Covid, sia chirurgiche sia ambulatoriali, come si può evincere dalle tabelle allegate, con una riduzione limitata e garantendo anche un’ampia capacità di ricovero per il Pronto soccorso, che ha continuato a lavorare con numeri di accesso elevati.
Abbiamo sperimentato in maniera sostanziale l’utilizzo della telemedicina mediante il ricorso a televisite e teleconsulti che ci hanno permesso di mantenere un importante contatto con i pazienti e soprattutto con i portatori di malattie rare, che non potevano venire da tutta Italia nei nostri Centri. Tornando alla chirurgia, come dicevo, i numeri dimostrano che la flessione è stata minima nella seconda parte dell’anno, rispetto allo stesso periodo del 2019. I ricoveri chirurgici totali sono stati infatti il 27% in meno rispetto a quelli dell’anno precedente.
Analogamente sono proseguiti a ritmo sostenuto i trapianti, con numeri importanti: a novembre con 228 trapianti si è già raggiunto l’86% del volume 2019. E sui ricoveri chirurgici per patologie oncologiche, nel 2020 rispetto al 2019 siamo in netto recupero, con settori in cui si è addirittura fatto di più che nel 2019 (esempio, la chirurgia dell’esofago, del polmone, utero e vescica).
A riprova della tenuta del sistema sia il fatto che, pur essendo calati nell’anno i volumi complessivi di attività, causa Covid, non è però calata la complessità dei casi trattati. Anzi, è cresciuta in percentuale del 7% (9% sui ricoveri chirurgici). Ovviamente il riacutizzarsi della pandemia ha prodotto all’inizio alcune criticità nel turn-over dei posti letto dei pazienti Covid, con ritardi nel liberare le ambulanze, poi risolte con la creazione di un’area dedicata all’attesa.
Nonostante la complessità del momento l’Azienda ha ottenuto durante il 2020 prestigiosi riconoscimenti delle proprie attività quali la certificazione ISO del Dipartimento di Medicina di laboratorio, la certificazione EUSOMA del Centro clinico di Senologia e l’accreditamento del Centro CAR-T per la terapia cellulare di linfomi e leucemie acute. Questa fase ora è caratterizzata per fortuna anche dalla presenza del vaccino, che ci vedrà impegnati in prima linea come tutti gli ospedali del mondo e che cambierà in positivo, ci auguriamo fortemente, l’andamento di questa pandemia fino alla tanto sospirata immunità di gregge.
In tutto questo stanno andando avanti anche i lavori del nuovo ospedale?
Sì, si sono completati i lavori propedeutici e entro l’inizio del nuovo anno si firmerà il contratto di appalto per dare il via alla realizzazione del progetto. La convivenza con la pandemia non ha fermato la tabella di marcia e i lavori non hanno impattato più di tanto sulle attività ordinarie e straordinarie, e tutto questo ci conforta anche perché, quando cominceranno a lavorare le gru, la convivenza con il cantiere si farà sentire molto di più anche semplicemente nella gestione dei percorsi interni. Ma sono fiduciosa perché finora la prova generale è andata bene.
Quindi qual è il suo augurio per il 2021?
Il mio augurio è come quello di tutte le persone, che si possa affrontare con serenità il nuovo anno. Come direttore di un ospedale così grande il mio augurio è invece che si esca, dall’impegno straordinario che la pandemia ci ha richiesto, tutti più uniti, più consapevoli, più fiduciosi nelle nostre capacità, perché abbiamo dimostrato, grazie al lavoro di squadra, che ce la possiamo fare a superare la tempesta.
Abbiamo davanti un anno importante, ricco di speranze e di progetti di sviluppo e crescita, nel quale desideriamo riconfermare e garantire il nostro impegno nei confronti di tutti i pazienti che si rivolgeranno a noi. Il mio augurio è quindi di affrontare il nuovo anno con slancio e determinazione per accogliere tutte le sfide che strada facendo incontreremo.