Fenomeno in crescita e sempre più difficile da diagnosticare
Roma, 4 giugno 2015 – I disturbi alimentari sono sempre di più, colpiscono sempre prima, con bambine e bambini che già a 8 anni manifestano i segnali predittivi, difficili da incanalare nelle “vecchie” categorie e quindi da diagnosticare. L’allarme viene dal 71° Congresso della Società Italiana di Pediatria, che dedica una sessione a questo tema, cercando di individuare gli “indizi” che possono aiutare i genitori e i pediatri a intervenire prima possibile. La diagnosi precoce, infatti, è essenziale sia per evitare gravi conseguenze come il ritardo di crescita sia per il successo del percorso terapeutico e la prognosi complessiva.
A rilevare l’esordio sempre più precoce dei disturbi del comportamento alimentare è la letteratura scientifica degli ultimi anni ed in Italia il fenomeno è confermato anche dalla Ricerca Nazionale sui DCA del Ministero della Salute condotta su un campione di 1.380 preadolescenti e adolescenti di età compresa tra 8 e 17 anni. Già in bambine di 8 anni sono stati trovati i disturbi più comuni, dall’anoressia alla bulimia, insieme a disordini alimentari più difficili da interpretare, come la disfagia, cioè la difficoltà a deglutire, il selective eating (alimentazione selettiva) passando per il food avoidance emotional disorder (disturbo emotivo da evitamento del cibo).
Ma come riconoscere i campanelli di allarme? “Tra gli 8 e i 10 anni c’è quella che potremmo definire ‘l’età del sospetto’, in cui si manifestano i primi segni del problema – spiega Giampaolo De Luca, Vicepresidente della Società Italiana di Medicina dell’Adolescenza e Presidente della SIP sezione Calabria – Se si riesce a intercettarli subito i ragazzi recuperano. Questo è compito del pediatra, che con quattro semplici domande, (‘ritieni che dovresti metterti a dieta’, ‘quante diete hai fatto nell’ultimo anno’, ‘ti senti insoddisfatto del peso del tuo corpo’, ‘Il peso influenza l’idea che hai di te stesso’), potrebbe individuare i casi sospetti e monitorarli nel tempo”.
Anche per i genitori ci sono dei campanelli d’allarme da non sottovalutare, sottolinea l’esperto. “Il genitore deve preoccuparsi se vede cambiare il comportamento dei figli – spiega – se nota ansia, oppure la tendenza a chiudersi in se stessi, se nascondono le cose che fanno. L’isolamento è un indizio, i ragazzi tendono a frequentare al massimo una sola persona, mentre un’altra evidenza sono gli episodi di autolesionismo, come tagliarsi (spesso sulle braccia), che accompagnano i disturbi alimentari”.
Alcuni segnali vengono dal modo in cui si mangia, ad esempio lo sminuzzare il cibo in pezzi piccolissimi; la lentezza del pasto; l’esclusione di alcuni alimenti; l’iperattività fisica; l’assunzione di molta acqua; un uso frequente del bagno, specie dopo i pasti.
“Non esiste una sola causa che spieghi l’origine sempre più precoce dei disturbi del comportamento alimentare – aggiunge De Luca – ma va prestata attenzione ad alcuni fattori che possono precederne l’insorgenza, tra questi, l’insoddisfazione per il proprio corpo, l’ambiente familiare (depressione materna, conflitto generazionale), il sovrappeso, la scarsa autostima. Esiste anche una suscettibilità genetica a tali disturbi”. Nel 63% dei casi, dicono le statistiche, i disturbi si presentano insieme a patologie psichiatriche come depressione e attacchi di panico. Il perfezionismo clinico, ha rilevato lo studio del Ministero della Salute, è presente nel 75% dei casi di anoressia, la presenza di eventi traumatici (in particolare abusi o molestie sessuali) è collegata all’esordio precoce di tali patologie nel 38 % dei casi.
Nel complesso in Italia sono due milioni i giovani interessati da questi disturbi, in metà dei casi classificati come parziali, che nel 40% dei casi si presentano tra i 15 e i 19 anni. Solo il 10% chiede aiuto o parla con i genitori di questi disagi. Accanto ai disturbi più noti si stanno facendo strada e sono in grande aumento il Binge Eating Disorder (disturbo da alimentazione incontrollata), e i cosiddetti Dca-Nas (non altrimenti specificati) ossia disturbi non classificabili nelle categorie tradizionali, che risultano essere il 40% di tutti i DCA. La guarigione, dicono le statistiche, è possibile: allo stato attuale la remissione a 5 anni dell’anoressia è del 66,8% contro il 45% della bulimia.
“Il messaggio che viene dal Congresso SIP è quello della importanza strategica della gestione multidisciplinare, considerata anche la valenza degli aspetti neuropsichiatrici – dichiara il Presidente della SIP Giovanni Corsello – In questo senso diventa necessario integrare le competenze e adottare strumenti condivisi tra tutti gli operatori e gli specialisti coinvolti”.
fonte: ufficio stampa