Angioma epatico ed epatocarcinoma

Angioma epatico
È il più comune tumore benigno del fegato (5-7% dei tumori del fegato). La grande diffusione dell’ecografia addominale, avvenuta negli ultimi 20 anni, ha portato alla scoperta sempre più frequente dell’angioma che viene spesso rilevato come reperto occasionale durante indagini eseguite per altri motivi. L’angioma è del tutto benigno, non degenera mai in neoplasia maligna e non rappresenta una indicazione ad un intervento chirurgico. Non vi sono fattori noti che causino la comparsa di un angioma che può essere presente dalla nascita e non avere mai avuto nessuna occasione per essere rilevata.

Nella grande maggioranza di casi l’angioma epatico non determina nessun sintomo. Qualora il paziente presenti qualche manifestazione clinica deve sempre essere indagata la presenza di malattie concomitanti che possano risultare responsabili dei sintomi lamentati; soltanto in una piccola percentuale di casi l’angioma può effettivamente essere causa di sintomi, in particolare quelli di dimensioni più grandi e quelli situati nelle parti più periferiche del fegato (VI – II – III segmento). I sintomi causati possono essere assai vari e sfumati: senso di pesantezza addominale, tensione, dolore, disturbi digestivi. L’angioma può essere singolo o multiplo. Le dimensioni possono variare da pochi millimetri a diversi centimetri, fino anche ad occupare gran parte del fegato. Quando il fegato è completamente disseminato di angiomi si parla di angiomatosi.

L’angioma è costituito da malformazioni vascolari che determinano lacune vascolari; tale conformazione giustifica l’aspetto di questa lesione ed il suo comportamento dinamico agli esami radiologici. All’ecografia ha un aspetto assai specifico: appare come un nodulo o una massa iperecogena a margini netti nel contesto del parenchima epatico (Fig. 1).

Fig. 1_Guadagnino

Fig. 1

Nei casi dubbi la TC (tomografia computerizzata) deve essere eseguita con il mezzo di contrasto ed è proprio l’iniezione di mezzo di contrasto che provoca il fenomeno tipico degli angiomi chiamato “contrast enhancement”: il contrasto viene assunto dall’angioma progressivamente dalla periferia al centro a causa delle presenza delle lacune.

Attualmente la risonanza magnetica e l’ecografia con mezzo di contrasto hanno assunto un ruolo sempre maggiore nella diagnosi dei tumori benigni del fegato e rappresentano gli esami di imaging che risultano dirimenti in caso di diagnosi differenziale con altre lesioni epatiche dubbie (Fig. 2).

Fig. 2_Guadagnino

Fig. 2

L’angioma epatico più comune (quello asintomatico, rilevato occasionalmente durante una ecografia addominale) non ha bisogno di alcuna terapia. Infatti gli angiomi tendono a essere lesioni stabili nel tempo, asintomatiche, con scarsa o nulla tendenza all’aumento di volume ed ancora più remota possibilità di rottura. L’unico provvedimento da intraprendere, in particolare nel caso di angiomi di dimensioni medio-piccole, è la sorveglianza periodica, con esami ecografici ripetuti annualmente.

Epatocarcinoma
È il principale tumore maligno del fegato; in Italia rappresenta la settima causa di morte per tumore con circa 5000 decessi/anno, può insorgere su cirrosi o molto più raramente su fegato sano; in particolare le epatiti croniche da virus dell’epatite B e C sono fattori favorenti l’insorgenza di tale neoplasia. I tumori epatici in fase iniziale sfuggono facilmente alla diagnosi poichè insorgono solitamente su un organo già malato (epatite cronica o cirrosi) e sono del tutto asintomatici. Per questo motivo fino a qualche anno fa si riscontravano solo in stadio avanzato mentre oggi una più vasta conoscenza di queste neoplasie ed un più attento follow-up dei pazienti a rischio hanno permesso di giungere alla diagnosi più precocemente, consentendo molte volte di attuare procedimenti terapeutici mirati e più efficaci.

Di solito questo tipo di tumore si manifesta in pazienti con cirrosi o epatite cronica virale di lunga durata, e la presenza di sintomi e segni può suggerire semplicemente una progressione della sottostante epatopatia di base, così come alcuni esami di laboratorio possono aiutare nel porre il sospetto, ad esempio un aumento dei livelli di alfa-fetoproteina, che diventano diagnostici se >200mg/l.

L’ecografia è la metodica più efficace per monitorare i pazienti con malattia di fegato cronica e ne viene raccomandata l’esecuzione ogni quattro mesi in coloro che si avvicinano o che sono già in uno stadio di cirrosi per identificare precocemente l’eventuale comparsa di noduli o di altre complicazioni. L’utilizzo dell’ecografia con mezzo di contrasto (Sonovue) permette inoltre di rendere la diagnosi più rapida e più precisa.

ecog. mezzo di contrasto - fegato

L’effettuazione di una Tomografia Computerizzata (TC) con somministrazione di contrasto endovenoso, preferibilmente con tecnica spirale, è un passo diagnostico successivo molto importante, che permette di indirizzare il paziente ad una terapia appropriata.

TC - fegato

Le possibilità di trattamento sono molteplici e vanno scelte caso per caso sulla base di una attenta analisi della situazione individuale. Nelle lesioni singole, o multiple ma localizzate nella stessa regione epatica, che siano situate in zone resecabili, l’intervento chirurgico rappresenta il trattamento di scelta purché la funzione residua del fegato sia prevedibilmente sufficiente a sopportare l’asportazione di una parte dell’organo. Negli altri casi si possono effettuare trattamenti loco-regionali quali:

  • l’alcolizzazione (iniezione di etanolo nella lesione);
  • la termoablazione (bruciatura del nodulo tramite calore indotto con la radiofrequenza o con il laser (in entrambi i casi con l’utilizzo di aghi introdotti nella lesione);
  • la chemioembolizzazione (tecnica angiografica che prevede l’iniezione di chemioterapici e l’embolizzazione dei vasi afferenti al tumore).

Queste tecniche, ripetibili se necessario, hanno l’obiettivo di ottenere la necrosi del nodulo anche senza dover ricorrere all’intervento chirurgico, risparmiando così il parenchima non tumorale funzionante.

L’alcolizzazione è una tecnica che si avvale della guida ecografica e che può essere eseguita ambulatorialmente; la termoablazione, anch’essa eco-guidata, si svolge in sala operatoria o in ambulatori adeguatamente attrezzati in quanto prevede una sedazione ed in casi selezionati un’anestesia generale: essa si basa sull’utilizzo della radiofrequenza o del laser. La chemioembolizzazione viene invece eseguita durante l’angiografia con inserimento di un catetere che viene spinto da una arteria periferica di un arto fino nell’arteria epatica. In certi casi selezionati (che devono cioè rientrare in una serie di precisi criteri propri di ogni specifico centro), si può anche considerare l’ipotesi del trapianto di fegato per i pazienti affetti da epatocarcinoma su cirrosi.

Queste varie modalità di trattamento dell’epatocarcinoma vengono scelte caso per caso sulla base delle necessità del singolo paziente, dopo gli adeguati accertamenti diagnostici, e si può certo dire che, rispetto a 15 anni fa, abbiamo largamente ampliato le prospettive terapeutiche del carcinoma epatocellulare, permettendo il trattamento anche ai tanti pazienti che, in passato, rimanevano esclusi da qualsiasi terapia. Qualora nessuna di queste tecniche chirurgiche o loco-regionali sia applicabile si prendono in considerazione trattamenti farmacologici (Sorafenib), per cercare di rallentare o arrestare la crescita della neoplasia.

Vincenzo Guadagnino

Vincenzo Guadagnino

Medico Chirurgo Specializzato in Malattie Infettive, Malattie del Fegato e vie biliari. Responsabile del Servizio di Epatologia Clinica presso la Casa di Cura “San Francesco” di Telese Terme (BN)

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